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Apr 8, 2010 - Architettura, Luoghi, Società veneziana    Commenti disabilitati su Venezia e le Procuratie: quinte perfette per la Basilica di San Marco e Palazzo Ducale

Venezia e le Procuratie: quinte perfette per la Basilica di San Marco e Palazzo Ducale

mosaici della Basilica.jpgMosaic9 Basilica.jpgBasilica.jpgbasilica_di_san_marco_a_venezia.jpgChi entra dalla Bocca di Piazza a Venezia, oltre a sentirsi mancare il fiato dallo spettacolo della Basilica, specialmente in un giorno di sole, quando la luce si rifrange sui fantastici mosaici d’oro che danno il benvenuto dei 4.000 mq. di mosaici, d’oro e di raffigurazioni meravigliose dell’antico e Nuovo Testamento, che, come ebbi 120px-Procuratie_Vecchie.jpg120px-Procuratie_Nuove.jpga definire, sono una Bibbia a cielo aperto, pronta ad essere letta, goduta e decifrata dai fortunati che  entrano  in questa basilicia unica al mondo, trova, a contorno di cotanto splendore, dei palazzi che fanno da ali, da quinte in questo palcoscenico naturale e creato dall’uomo con passione, scienza ed arte.Si tratta dei palazzi delle Procuratie: vecchie, a sinistra in chi trova di fronte a sè il bagliore orientale e dorato della Basilica, ed alla sua destra le Procuratie Nuove.

Questi edifici furono i più importanti per quanto riguardò la Magistratura che sopraintendeva alla fabbrica della Basilica, ed alla quale competeva la sorveglianza e la tutela dei lasciti patrimoniali.

La carica di ” Procuratore” era tra le più prestigiose  e la più ambita dopo quella del Doge; molti celebri dogi furono Procuratori di San Marco prima di essere eletti alla suprema Magistratura.

Procuratori di San Marco del Guardi.jpgTra essi ricordiamo Sebastiano Ziani, che diresse come Procuratore le trasformazioni della Piazza e della Piazzetta, che portò a termine come Doge; a proposito delle vicende per la costruzione della Sala del Maggior Consiglio  si è visto come fu determinante l’azione del Doge Andrea Dandolo, Michele Steno e Giovanni Mocenigo che agirono anch’essi prima come Procuratori e poi come Dogi.

Anticamente vi era un solo Procuratore che tutelava la fabbrica della Chiesa di San Marco: successivamentge aumentarono le mansioni che si estendevano alla sovraintendenza dell’edificio ducale  e di altre costruzioni di pertinenza statale.

Giovanni Mocenigo.jpgdocumento di un Procuratore di SanMarco.jpgCon l’accrescersi dei compiti e dell’importanza della Magistratura , crebbe anche il numero dei Procuratori che salì fino a nove, divisi in tre distinti uffici: i ” Procuratori de Supra” i più importanti che avevano in cura i problemi legati alla Basilica, il Palazzo Ducale ed altri edifici pubblici, i ” procuratori ” de citra” i cui compiti si estendevano a nord del Canal Grande, ed i ” procuratori de ultra” che si occupavano dei problemi a sud del Canal Grande.

Le Procuratie non erano che un gran ufficio amministrativo che si occupava delle amministrazioni dei lavori pubblici della Repubblica.

Vicino, anzi, attorniando in qualche modo il Centro vero del Potere di Venezia, ma esercitando un potere determinante nello sviluppo urbanistico-amministrativo della
Serenissima, gli uffici dell Procuratie furono elemento determinante ed inmprescindibile per la solidità di una Repubblica ricca, fiorente, potente,.

Guardi - Procuratie nuove.jpgProcuratori de Supra.jpgProcuratie viste dalla Basilica.jpgDoge Andrea Dandolo.jpgTutt’ora, anche dopo la caduta della Repubblica, un ruolo importante viene sostenuto dela procuratore , che ora è nominato ” Proto di San Marco” cioè l’ingegnere o l’architetto cui è affidata la direzione tecnica degli edifici , in conformità alle esigenze del culto e alle disposizioni dell’Autorità ecclesiastica : dalla Procuratia dipende tutto il personale amministrativo, custodia e vigilanza della Basilica.

stemma di Michele Steno.jpgL’ultimo procuratore è stato l’avv. Giorgio Orsoni, freschissimo ed attuale Sindaco di Venezia.

Scuola di San Giorgio degli Schiavoni: tra draghi, templari, ed arte!!

250px-ScuolaDegliSchiavoni_Front.jpgLa Scuola di San Giorgio degli Schiavoni, fondata nel 1451 per raccogliere sotto la protezione di S. Giorgio, S. Gerolamo e San Trifone  i dalmati (schiavoni) di Venezia è tutt’ora intatta con tutto il patrimonio artistico e i documenti della sua secolare attività.

Essa ci mostra, attraverso le opere artistiche conservate, un angolo autentico della Venezia del Rinascimento, che non appartiene alla solennità civile del Palazzo Pubblico, nè a quella religiosa delle chiese; una Venezia meno nota, distaccata dalla luminosa scenografia a cui necessariamente sono legati i suoi esterni più celebri.

Importante è la sala che contiene i nove quadri di Carpaccio ( di circa 10 metri per dieci) e nel suo rapporto di spazio è al limite tra l’oratorio rinascimentale e il “gabinetto per pitture” come quello inaugurato alla fine del quattrocento da Isabella Gonzaga a Mantova, e suggerisce un senso di scoperta di un luogo intatto della Venezia d’un tempo favoloso, per la misura altissima di queste opere d’arte, che si inseriscono poi in modo così aderente ed immediato nella vita quotidiana della città.

borchia.jpgEntrando nella scuola il nostro sguardo non può fare a meno di includere nello spazio reale anche quello “illusorio” della ” Visione di S. Agostino ” di Carpaccio, che conserva la forma misteriosa dell’arte al limite della magia, frammenti intatti nel loro tempo, nel quale entriamo con sconcertante intimità.

La scuola si trova presso il Priorato di Malta, che fu un tempo uno dei più importanti conventi veneziani, ed il suo piccolo edificio si riflette sulle acque del Rio della Pietà, vicino a Campo S. Giovanni in Bragora e la chiesa di S. Antonin, a Castello.

La facciata, rifatta nel 1551 con abbellimenti di marmi e sculture è fatta di Pietra d’Istria: la scultura di Pietro da Salò (del 1551) con San Giorgio che assale il drago si innesta così naturalmente  nella parte centrale, sotto l’antico bassorilievo della metà del quattrocento, rappresentante la Madonna e il Bambino con al centro S. Giovanni Battista che presenta un confratello.

158px-Vittore_Carpaccio_014.jpgScuola di San Giorgio degli Schiavoni.jpgLa “Mariegola” è decorata da bellissime borchie gotiche in argento rappresentanti S. Giorgio e San Gerolamo.

La Mariegola ci tiene in primo luogo a ricordare i principi di devozione dei confratelli verso i Santi protettori, e pone subito in evidenza il privilegio concesso dal Consiglio dei Dieci di riunirsi in “fraternita, ovverso scuola, secondo la condizion delle Scuole pizzole” sotto il titolo di San Giorgio e S. Trifone nella Chiesa di San Giovanni del Tempio (di origini templari)dell’Ordine Gerosolomitano.

Per cui si tratta di una scuola creata in base ai principi dei Cavalieri templari,di cui è esempio img179.jpg161px-Vittore_Carpaccio_007.jpgriprodotto in diversi quadri di diversi autori, come la riproduzione di Sebastiano Michieli, priore dell’ordine dei Cavalieri Gerosolomitani ( una delle branche dell’ordine dei Cavalieri Templari) presso cui è nata la Scuola.
Il Michel, con la croce di Malta sul petto è ben riconoscibile nel quadro di Giovanni Bellini, conservato presso la Chiesa del Priorato di Malta, ed in uno dei Teleri di Carpaccio.

Egli è molto probabilmente riconoscibile anche nel “MIracolo della Croce” di Carpaccio
mentre si trova in gondola presso il Ponte di Rialto e nella ” Processione” di Gentile Bellini in Piazza San Marco nel 1496, dello stesso ciclo dei ” Miracoli della Croce”.

Sebastiano Michiel era ben noto ed esattamente descritto nei “Diari” di Marin Sanudo.

San Trifone ed il demonio.jpgmiracolo della croce du Carpaccio.jpgcarpaccio_042_il_trionfo_di_san_giorgio_1507.jpgcarpaccio_017_san_giorgio_e_drago_1504.jpgUna scuola, una congregazione, un proseguimento della fede templare in questa città, Venezia, che si trovava e si trova al centro esatto tra oriente ed occidente: un passaggio obbligato per quelli che furono cavalieri templari e i loro confratelli con cui condivisero i misteri, le ricchezze e le reliquie che in questa città vengono venerate in grande quantità…tra musulmani e cristiani…storie simili e diverse..e ve_carpaccio_visioneagostino.jpgl’oriente e l’occidente in questo caso si sono fusi per dare vita ad una città diversa..completamente da qualsiasi altra.

Mar 20, 2010 - Mestieri, Società veneziana    6 Comments

Gli Arsenalotti: artefici della sicurezza e della potenza navale di Venezia, unica al mondo!

flotta veneziana.jpgL’organizzazione interna dell’Arsenale aveva una rigida fisionomia gerarchica.La direzione veniva divisa nei due rami amministrativo e tecnico. Presiedeva e controllava tutto l’apparato produttivo una speciale Magistratura permanente detta “eccellentissima banca” una sorta di consiglio di amministrazione composto da ” tre provveditori dell’Arsenale” membri del Senato a cui dovevano periodicamente riferire, e da tre ” Patroni” scelti tra i membri del Maggior Consiglio.

La parte amministrativa era retta da uno ” Scrivano Grande” o ” Nodaro, da un Avvocato fiscale, e da un ” Nodaro Criminale”;

galea 4.jpgAlle loro dipendenze essi avevano ” Il Masser della Cassa”, vari ragionieri e contabili.

Il Masser doveva essere un personaggio piuttosto importante e con incarichi di estrema fiducia se doveva riferire, sotto giuramento nei primi giorni del mese , al Consiglio dei Dieci se i”Patroni” avessero compiuto il loro dovere.

Uno dei Patroni. divenendo una specie di ufficiale di picchetto, doveva a turno di 15 giorni dormire in Arsenale, galea veneziana 2.jpgcustodirne le chiavi d’ingresso, dei magazzini, delle officine e doveva eseguire una ronda notturna per ispezionarne le guardie: egli non poteva assentarsi nemmeno durante una seduta del Maggior Consiglio.

Dal lato tecnico ed industriale dirigeva l’arsenale il ” Magnifico Ammiraglio”; nominato per concorso egli proveniva dalle maestranze tecniche  più qualificate, cioè i “protomaestri dell’arte”.

Tutta una geriarchia prevedeva quindi: Protomaestri, Capitani, Proti, marangoni (carpentieri), calafati, remeri, alboranti, fabbri, taglieri, mureri, segatori, dei salnitri”.

galera e arsenalotti.jpggalea veneziana 3.jpgGrande attenzione veniva posta ai giovani, che all’interno potevano usufruire di una scuola: essi erano figli di arsenalotti, o giovani che venivano dagli istituti di carità.

Comunque tutte le istituzioni dei lavoranti in arsenale (arsenalotti) godevano di una grande prestigio nella Repubblica e costituivano una specie di casta privilegiata rispetto ad altri prestatori d’opera.

All’interno dell’Arsenale vennero anche costituite la Casa del Canevo ( corderia), la costruzione di cannoni e polvere di sparo: non a caso,  per ulterore sicurezza, vennero costruite due porte: Porta di Artiglieria, costruita alla fine del 500 , che costuiva un aspetto solenne all’ingresso del “Parco dell bombarde” dove si conservavano i trofei guerreschi artisticamente disposti per essere esibiti ad illustri visitatori, e nell’ottocento, la Torre di Porta Nuova.

galera veneziana.jpgCome sempre, all’utilità si univa anche la capacità di unire l’arte, vera, formalmente fantastica ..perchè questo è stata ed è sempre venezia: intelligenza, capacità, praticità ed arte…città bella, difficile ma che ha saputo e continua a sapere unire la praticità, l’esigenza della vita moderna alla bellezza artistica e formale..unica al mondo!!!

Agli Arsenalotti venivano affidati incarichi di particolare fiducia: oltre alla Guardia dell’Arsenale, la Guardia a Palazzo Ducale, al Maggior Consiglio(il corpo di guardia era nella loggetta del Campanile) essi erano posti alla guardia della Zecca e del Tesoro, a San Marco.

Durante la festa annuale dello “Sposalizio del Mare” a ricordo del fallito ratto da parte dei pirati delle Marie, essi vogavano nel Bucintoro, ed il galera veneziana 1.jpgMagnifico Ammiraglio ed i Proti sedevano accanto al Doge, come ospiti d’onore.

nav in arsenale.jpgnavi tonde.jpgGli Arsenalotti lavoravano dall’alba al tramonto, con un’interruzione per il pranzo; le retribuzioni non erano altissime, ma essi potevano godere di numerose agevolazioni, come gratifiche straordinarie, benefici sussidiari, alloggi gratuiti per gli impiegati ed i capi maestranze, elargizioni di vino; potevano anche asportare i ritagli della lavorazione delle navi per uso proprio.

Essi comunque erano specializzati nella costruzione non solo delle navi, come le galere. ma si occupavano anche del cordame e della polvere da sparo.

Corderie_3.jpgCasa del Canevo.jpgcannoni e polvere da sparo.jpgarsenalotti 1.jpgarsenalotti.jpgTutte persone preparate, addestrate, con un eccellente livello di intelligenza e preparazione, facenti parte di un corpo unico, arsenalotti e loro famiglie, che collaboravano con entusiasmo, capacità ed esperienza, trasmettendo le Porta Artiglieria.jpgloro conoscenze ai giovani che di volta in volta si presentavano, per perseguire con tutte le proprie capacità e potenzialità allo scopo di rendere la Serenissima la più grande potenza europea, e così fu per secoli.

Mar 17, 2010 - Luoghi    1 Comment

L’Arsenale: la fucina della potenza navale di Venezia

arsenale-di-venezia.jpgSe passeggiamo tranquillamente nella splendida Piazza San Marco, e ci dirigiamo verso Sant’Elena ecco che alla nostra sinistra appare, in distanza, un magnifico portale: basta avvicinarsi ed ecco che appare in tutto il suo splendore: costruito nel 1460 dal Gambello, utilizzando antiche colonne di marmo greco e bellissimi capitelli veneto-bizantini: si tratta dell’ingresso via terra dell’Arsenale, la fucina vera della potenza navale di Venezia in tutta Europa.

Dopo la vittoria di Lepanto il capitello venne sopraelevato e decorato con il Leone alato e la scritta celebrativa, ed in seguito ancora la Statua di Santa Giustina.

Doge Francesco Morosini.jpgNel 1687, per celebrare le vittorie di Francesco Morosini nel Peloponneso l’ingresso fu ulteriormente arricchito, in sostituzione del ponte, dalla terrazza antistante, decorata dalla cancellata e dalle otto statue allegoriche.

350px-I_Leoni_dell%27Arsenale.jpgLateralmente alla terrazza vennero posti due leoni in pietra, riportati dalla Grecia, che portano delle scritte runiche: notevoli opere d’arte sono la statua della Vergine del Sansovino (1520) all’interno dell’ingresso, ed il portabandiera in bronzo, di Gianfranco Aberghetti (1693), posto davanti sul piazzale d’ingresso.

L’Arsenale sorse nel 1104 nella parte orientale della città, su due isole gemelle o “Zimole”: furono installati 24 cantieri, o scali scoperti, in un recinto protetto da mura, con un bacino centrale collegato al bacino di San Marco attraverso il Rio della arsenale5.jpgMadonna, detto da allora in poi dell’Arsenale”.

Tale nome sembra derivi dalla parola araba “darsina’a” (casa dell’industria), e l’impianto costituì il primo nucleo del cantiere di stato, affinchè si potessero costruire, sotto il controllo del Governo, le navi per la flotta militare.

Tanti altri cantieri esistevano già a Venezia, detti “squadri” (da squadrare il legno) o squeri, ma erano tutti privati, dedicati insomma alle navi mercantili, se ne trovavano a S. Alvise, a Cannaregio, a S. Ternita, ma il più importante era in località “Terranova”, sul Bacino di San Marco.

Col tempo però l’Arsenale (chiamata allora Arsenal vecio) stava diventando piccolo ed obsoleto, per cui nel 1303 si ebbe il primo ingrandimento, a cui seguì quello del 1325.

Dante.jpgNel 1306 venne in visita a Venezia Dante Alighieri, quale ambasciatore dei Da Polenta di Ravanna; osservatore acuto egli ne trasse la celebre descrizione dell’Arsenale  (inferno, canto XXI):…
            

             Quale ne l’Arzenà dè Viniziani
             bolle l’inverno la tenace pece
             a rimpalmar i legni lor non sani;

                             chi nevicar non posson – in quella vece
                                       chi fa suo legno novo e chi ristoppa
                                       le coste a quel che più viaggi fece;

                                       chi ribatte da prora e chi da poppa
                                       altri fa remi e altri volge sarte;
                                       chi terzaruolo e artimon rintoppa ……..

 è significativo come il sommo poeta, acuto osservatore di fatti politici oltre che di uomini, abbia voluto immortalare questi ricordi, esprimendo così il potenziale militare ed economico della Repubblica, ed il carattere pieno di avventura e di attivismo del popolo veneziano di allora.

arsenale alta.jpgLa posizione dell’Arsenale rispetto alla città fu scelta in modo da trovarsi nella parte orientale, verso il mare, vicino allo specchio d’acqua ampio ma sicuro tra l’isola di S. Servolo e l’isola di S. Elena, dove poteva concentrarsi e stazionare un gran numero di navi della flotta militare, senza disturbare in alcun modo la normale attività del porto commerciale che si svolgeva più a ovest, addentrandosi perfino nel Canal Grande.

Oltre alla porta di terra c’è anche la porta di mare: è fiancheggiata da due torri. Esse vennero costruite in periodi diversi, ma vennero modificate e poi ricostruite nel 1574; quindi, nel 1686 furono nuovamente rifatte per lasciare più spazio all’ingresso delle navi a vela.

Arsenale di De Barbari -Torri.jpgarsenale torri d'entrata.jpgOra le due grosse torri sono isolate, ma allora la loro funzione era di sostegno e perno per i due cancelloni mobili con affiancato un ponte levatoio ad essi incorporato, detto appunto ” ponte del restrello”: si trattava di una macchina piuttosto complessa e vistosa, come si può osservare dall’antica incisione del De Barbari.

Nel frattempo l’Arsenale veniva ampliata, nel 1457 con l’aggiunta dell’Arsenale nuovo, con le tettoie delle Galeazze, e nel 1573 con l’Arsenale Nuovissimo, per la quale il Sansovino ideò le due grandi tettoie acquatiche dette “delle Gaggiandre”, che alla funzionalità aggiunsero anche un’accuratezza ed un’esecuzione  particolarmente 1Arsenale - Le Gaggiandre del Sansovino.jpgnave.jpgnave in costruzione.jpgraffinata per la ricercatezza formale.

Nel 1547 fu costruito da Nicolò Sanmicheli, l’architetto militare della Repubblica, il fabbricato destinato a custodire il Bucintoro, la ricchissima nave da parata del Doge.

Qui venne quindi costruita la potenza navale di Venezia, la sua supremazia sui mari, la sua potente flotta, ma per fare tutto ciò c’era bisogno di gente competente, di materiali, di capacità ed intelligenza: di questo parlerò Entrata dell'Arsenale del Canaletto.jpgla prossima volta.

 

Le Compagnie della Commedia dell’Arte a Venezia

400px-Commedia_dell%27arte_-_troupe_Gelosi.jpgNel 1400 le rappresentazioni all’aperto divennero spettacoli riservati nelle feste date nei palazzi ed all’interno delle corti.Si formarono così le Compagnie della Commedia dell’Arte, che si spostavano di paese in paese.

Con la Commedia dell’arte nascono le prime maschere. Una delle prime compagnie nacque a Padova verso la metà del 500, e si esprimeva in padovano con il rozzo linguaggio del Ruzzante, ed i protagonisti non erano caratterizzati più di tanto, cambiavano di Commedia in °Commedia.

Colombina.jpgBrighella.jpgBalanzone.jpgArlecchino.jpgAntoine Watteau Commedianti italiani.jpgPiù avanti ecco che nacquero le prime maschere tutt’ora conosciute: Arlecchino, Brighella, Pantalone, Colombina, Zanni.jpgil dottor Balanzone etc. ognuna con proprie caratteristiche che trassero la loro origine dalla stilizzazione delle maschere del volto del demonio,ed erano le  maschere degli Zanni. Poi, naturalmente, ogni maschera acquisì le proprie caratteristiche ed i propri ruoli specifici.

marlecchino.gifArlecchino era il secondo Zanni, e rappresentava il servo furbo, sciocco, ladro, bugiardo ed imbroglione in eterno conflitto con il proprio padrone, che cercava di calmare le sofferenze di una fame insaziable. In seguito Goldoni gli dette delle caratteristiche lievemente diverse, e lo fece diventare anche servo fedele ed attendibile. Nel 1630 divenne famosissimo l’Arlecchino di Fernando Martinelli. Noi possiamo ricordare Marcello Moretti e Ferruccio Soleri.

Colombina, compagna naturale di Arlecchino, nella Compagnia degli Intronati nel 1530 era una servetta arguta e maliziosa, dalla parola facile, ma tendenzialmente onesta ( nel 1600 furono famose le Colombine di Isabella Biancolelli Franchina e di Caterina Biancolelli).

Brighella, maschera bergamasca era primo Zanni, e la sua maschera venne resa famosa dall’attore Carlo Cantù (1609-1676), egli era il servo intrigante e furbo, ed autore di inganni a Pantalone per favorire la coppia di innamorati rappresetnati sempre in quel tipo di commedie.  Poi, con Goldoni, divenne servo fedele e saggio.

Pantalone250.jpgPantalone.jpgPantalone, la vera maschera veneziana, chiamata così o da ” Pianta Leoni” come erano definiti i mercanti veneziani (per il vessillo delle loro navi) o dai pantaloni che portava, lunghi, sopra una zimarra rossa, maschera a becco e pantofole, la “scarsela” (la borsa dei denari) e un corto spadino. Era il mercante vero e proprio di Venezia. Nella seconda metà del 500 famoso fu il Pantalone dell’attore Giulio Pasquati.

Le Compagnie della Commedia dell’arte nacquero quindi a Venezia, e si espansero per l’Europa, creando accoliti ed estimatori.

Nel 1581 Le famiglie Tron e Michieli aprirono due teatri a S. Cassiano (demoliti poi nel 1812): dalle testimonianze di Francesco Sansovino, figlio di Jacopo, i teatri aprirono le porte anche al pubblico popolare.

Ferruccio Soleri Arlecchino.jpgMarcello Moretti Arlecchino.jpgCorte del Teatro S. Luca.jpgcompagnia teatrale.jpgA loro fecero seguito le famiglie Vendramin e Grimani che dall’inizio del 700 avevano quasi il monopolio degli spazi teatrali italiani e che fecero costruire il Teatro S. Giovanni e Paolo (ora non più esistente) ed il Teatro S. Luca.

Qui si ebbe il massimo fiorire della Commedia dell’arte, e una tradizione: gli inservienti portavano una maschera ed un tricorno, da qui il nome di “maschera” agli addetti nei cinema e nei Teatri ad accompagnare il pubblico al proprio posto.

Teatro S. Cassiano.jpgPantalone1.jpgPietro Longhi il Ciarlatano.jpgCarlo Goldoni.jpgL’apoteosi delle maschere della Commedia dell’Arte si ebbe con Carlo Goldoni che seppe dare un ruolo preciso a questi personaggi, creando gustosi e divertentissimi episodi di commedie, tutt’ora vive e vitali in tutti i Teatri del mondo.

L’Alchemico Numero Aureo e la Divina Proportione nella Basilica di san Marco e nella Chiesa di San Pantalon a Venezia

250px-Venice_-_St%2C_Pantaleon%27s_Church_01.jpgPaolo Uccello.jpgdodecaedro stellato0 di Keplero mosaico di Paolo Uccello.jpgdodecaedro stellato.jpgOsservando il pavimento all’interno della Basilica di San Marco, si può notare uno splendido mosaico con al centro un “dodecaedro stellato” un poliedro composito, carico di simboli per alchimisti e matematici.
L’autore di tale opera d’arte è Paolo Uccello (Paolo di Dono, 1397/1475).

E al medesimo autore, o ad un suo allievo, vengono attribuiti altri due dodecaedri stellati i cui mosaici sono invece nel pavimento di una cappella della Chiesa di San Pantalon.

Tutto nasce da Platone: nel suo Timeo egli racconta:

Platone.jpg” Quando Dio prese ad ordinare l’universo, da principio il fuoco, l’acqua, la terra e l’aria erano tuttavia in quello stato come ogni cosa dalla quale Dio è assente, che fuoco, acqua terra ed aria siano corpi è chiaro a ognuno….ora bisogna dire quali siano i quattro bellissimi corpi dissimili tra loro, dei quali sono capaci, dissolvendosi, di generarsi reciprocamente. E se scopriamo  la verità intorno all’origine della terra e del fuoco e dei corpi che secondo proporzione siamo in mezzo…..convien quindi comporre queste quattro specie di corpi insigni per bellezza e allora diremo di aver compreso sufficientemente la natura.”

Egli si riferiva ai poligoni regolari i cui analoghi nello spazio a tre dimensioni sono i poliedri.

Il sigillo di Re Salomone.pngpentagono.jpgquadrato.jpgtriangolo.jpgPrima di tutto viene il triangolo che è alla base del simbolismo perchè ripete il numero 3. Può essere pienamente espresso soltanto in funzione del rapporto con le altre figure, la seconda il quadrato (  4) la terza il pentagono (5) quindi la stella a 6 punte ( quella figura che è nota come il Sigillo di Re Salomone – 6 ). Il triangolo equilatero rappresenta la divinità, ( non a caso, in seguito, si ebbe come perfezione la Santissima Trinità), l’armonia e la proporzione.

dodecaedro da de divina proportione.jpgPer quanto riguarda i poliedri, in alchimia il cubo rappresenta la terra, il tetraedo il fuoco, l’icosaedro l’acqua e l’ottaedro l’aria: quindi si ottiene la divina proporzione dell’Armonia Universale, il Numero Aureo: il dodecaedro  stellato che simboleggia sia per Platone che per gli Alchimisti la Quintessenza (l’Etere).

de Corporibus regolaribus di Piero della Francesca.jpgSul Timeo studiò sicuramente Pietro della Francesca che trattò l’argomento nel suo ” Corporibus Regolaribus” tra il 1482 e il 1492. Nel 1505 a Venezia venne pubblicata  una traduzione degli “Elementi” di Euclide e “Coniche” di Apollonio.de divina proportione di Pacioli.jpgde divina proportione 1.jpgLuca Pacioli.jpgAllievo ed amico di Piero della Francesca,  Luca Pacioli utilizzò queste ricerche per ampliare le proprie nel suo “De divina proportione” (pubblicato nel 1509) mentre si deve proprio a Paolo Ucello, a Leonardo da Vinci e ad Albrecht Durer ( grande incisore collaboratore di Jacopo de Barbari) continuare l’applicazione dei numeri nell’arte.

il quadrato magico in melancolia di Durer.jpgmelancolia_1.jpgE proprio in un’incisione di Durer, La Melancolia 1,  contenente numerosi simboli cabalistici ed alchemici appare anche il quadrato magico in cui è inclusa la data dell’incisione: 1514.

E l’arte veneziana specialmente si rifece abbondantemente a questi simbolismi, a questa ricerca dell’ermetismo che fa dei quadri dipinti da Giorgione, Tiziano, Palma il Vecchio, Giovanni Bellini, Sebastiano del Piombo e Lorenzo Lotto preziosi tesori di informazioni, messaggi e allusioni alchemiche.

Keplero.jpgHarmonices di Keplero.jpgIn seguito, nel 1618 Keplero (1571-1630) pubblicò il suo Harmonice Mundi.

 

 

La Kabbalah a Venezia

Oggi è la giornata del ricordo, ed io , nel mio piccolo, desidero dedicare un pensiero alle vittime dell’olocausto, ma anche ai nostri concittadini che hanno subìto lutti in quell’orribile, disumano disegno di annientamento di persone forgiate da una cultura e da una fede; lo faccio a modo mio, raccontando in poche parole la storia degli ebrei a Venezia, e mi sento orgogliosa di avere amici e parenti che di questa cultura e fede fanno parte:

Isola della Giudecca.jpgFin dall’inizio del suo dominio sui mari Venezia accolse diverse comunità di stranieri: Armeni, Tedeschi, Turchi, ma tra le più numerose vi furono quelle dei Greci e degli Ebrei.

Gli ebrei, dopo un lungo periodo in cui furono accettati e poi rifiutati, trovarono prima collocazione nell’Isola di Spinalonga, rinominata in seguito Giudecca, quindi, vero la metà del 1500 presso alcuni isolotti di Cannaregio, dapprima utilizzati come fonderia, per le gettate dei cannoni che poi vennero trasferite all’Arsenale.

Già nel 1386 venne costruito un cimitero ebraico al Lido di Venezia, e allargato notevolmente nei secoli successivi:  Cimitero 1.jpgcimitero ebraico.jpgcimitero ebraico al Lido.jpgesso occupa un’area vastissima con tombe antichissime, rimaste intatte tra la folta vegetazione, per la regola ebraica della perpetuità della sepoltura. La suggestione del luogo è accresciuta dal’accostamento di forme di civiltà diverse, quale l’ebraica nelle scritte incise, l’ottomana, nelle steli isolate, la classica nelle linee architettoniche.

Ecco che la parola “getto” del linguaggio comune si trasformò in “Ghetto”. Altre fonti comunque fanno derivare tale termine dal talmudico “get” che significa separazione. Le comunità che si insediarono in questa zona furono quella originaria, quella tedesca, levantina e ponentina; a queste si aggiunsero i Marrani, quei poveri ebrei ebrei spagnoli.jpgconvinti con la forza, e gli spagnoli.

imagine ebraica.jpgLa Repubblica, nonostante non fosse mai stata tenera con loro gli permise di commerciare e di coltivare l’attività di medici, pratica e scienza nella quale essi eccellevano,; ma furono anche soggetto di restrizioni, come la chiusura dei cancelli al tramonto ed il divieto di circolare per la città in occasione delle feste cristiane.

imagesCA0L07HB.jpgComunque il ghetto prosperò, ed ebbe bisogno sempre di più di spazio, che trovò nella costruzione di case di sei, sette piani, tanto che alla fine il Governo Veneziano dette loro l’opportunità di abitare anche in altre zone della città, purchè non costruissero nuove Sinagoghe.

In Ghetto se ne contano ben cinque: la più antica è la Schola Grande Tedesca del 1528, e poi le altre quattro successive: la Schola Canton del 1532, la Schola Italiana del 1575, nel Ghetto Novo, e la Schola Levantina del 1538 e la Spagnola del 1555 nel Ghetto Vecchio. La Sinagoga Spagnola venne costruita da Baldassarre Longhena nel 1654, ed è anche la più grande.imagesCA80D6R1.jpg

Poco distante da questa Sinagoga, dopo un sottoportico ecco che appare in fondo un portone incassato in un muro, e tra le fessure si può intravedere un bellissimo giardino: le storie raccontano che qui abitasse liber mutus.jpgun ricco orafo, Melchisedech, che proprio in quel giardino, nel muro rivolto ad est, avesse ritrovato dietro ad alcune pietre messe in modo strano il  Liber Mutus: Si tratta di un libro composto da 15 tavole, senza alcun commento, che recano formule alchemiche che trattano del processo psicologico di realizzazione di sè proiettato dagli alchimisti nella trasmutazione della materia, la ricerca dell’immortalità, simbolizzata dall’oro, nel Lapis Philosophorum, e l’ elixir vitae.imagesCA541RBB.jpg

Joseph Nassi.jpgSembra che il libro fosse stato nascosto li da Josef Nassi, (1524-1579) Marrano spagnolo che era diventato il consigliere di Salim II, figlio di Solimano. Si dice che venne costretto a fuggire da Venezia dopo aver provocato un furioso incendio all’Arsenale.

Naturalmente, con tante etnie diverse, si trattava di ebrei aschenaziti, seferditi e tutti i figli della diaspora, si trovarono a confronto le antiche storie magiche e segrete, loro eredità, per cui fu un gran fermento alla ricerca delle conoscenze più segrete, come la pietra filosofale, la golem.jpgClavicola di Re Salomone.jpgClavicola di Re Salomone, ed alla parola vivificante per creare il Golem.

Sefer Jetzira.jpgimagesCAO4XTBB.jpgTra i libri su cui si formavano i Rabbini vi erano anche il Libro dello Splendore “Sepher ha zoa”che parla della sbalorditiva evoluzione della creatura verso il creatore, della Kabbalah, delle malattie e della guarigione,  ed il libro della Formazione “Sepher Jetzira”
attribuito ad Abramo, ed è il più antico testo cabalistico; è un concentrato di formule e corrispondenze il cui scopo è imagesCA32W4J0.jpgquello di svelare il parallelismo dei fenomeni spazio-temporali nella natura fisica e umana.

 Per Venezia e per tutta la cultura europea dell’epoca gli ebrei furono fonte di conoscenza e di scienza.La parola ghetto nacque quindi, purtroppo a Venezia, ma passeggiare sui questi campi soleggiati, attorniati da alte case, negozietti che espongono oggetti e libri bellissimi, trattorie che offrono cibro delizioso in una tranquillità ed una serenità che ti fa sentire fuori dal mondo, e fa percepire la specificità di un modo di pensare e di vivere affascinante e preziosa per la nostra cultura, anche se i veneziani sono appunto tutti veneziani, ebrei, armeni, greci, ecc. ed i veneziani si sentono orgogliosi di appartenere ad una comunità così composita e così viva.

I fratelli Zeno ed il Tesoro dei Templari

200px-Giovanni_Battista_Tiepolo_The_Apotheosis_of_Admiral_Vettor_Pisani.jpgTra i grandi navigatori veneziani non vengono spesso ricordati i fratelli Zeno. Appartenenti ad una nobile famiglia
il più conosciuto ed onorato fu Carlo, ammiraglio della flotta comandata da Vittor Pisani che sconfisse i Genovesi nella battaglia di Chioggia.

Il fratello Nicolò si dette invece al’esplorazione: affascinato dalle terre del Nord, allestì una nave e nel 1390 partì da Venezia. In questo suo vagabondare toccò terre sconosciute, come la Groenladia, la Finlandia ecc. e ne disegnò le mappe.

Heny Sinclair.jpgcarta dei Fratelli Zeno.jpgveliero.jpgFortuitamente, a causa di una tempesta approdò presso un’isola, una delle ora conosciute come Isole Orcadi, e qui, aggredito con il suo equipaggio dalla popolazione venne salvato e ospitato dal Signore di quell’isola: Principe Hanry Sinclair, Signore delle Orfkney, e Cavaliere del Tempio.

Nacque quindi una forte amicizia tra il cavaliere templare ed il Navigatore, il quale sposò subito la causa del suo ospite, per cui con le ricchezze del Sinclair e l’abilità di navigatore dello Zeno allestirono una nutrita flotta. Nel frattempo, chiamato dal fratello che durante le sue esplorazioni aveva sempre inviato le sue scoperte a VEnezia, si aggiunse anche Antonio Zeno.

carta di Antonio e Niccolò Zeno.jpgCavalieri Templari.jpgCarta della Frisland ecc. di Antonio e Nicolò Zeno.jpgInsieme esplorarono in lungo ed il largo il mare del Nord ed una parte dell’Atlantico,e proprio ascoltando i racconti dei pescatori di quelle isole poste all’inizio dell’Oceano si convinsero che esistevano altre terre verso occidente.

Ma nel 1394 Nicolò morì, e rimase Antonio, che ormai aveva vissuto esperienze, disegnato mappe ed era un navigatore altrettanto abile del fratello.

Quando in Europa si sparse la voce della persecuzione dei De Molai al rogo.jpgRogo di Templari.jpgTemplari, i cavalieri si rifugiarono in Scozia per sfuggire ai roghi di Filippo il bello, recando con loro i tesori che avevano nascosto. Il principe ed Antonio allestirono una flotta di dodici navi per cercare un luogo sconosciuto per mettere al sicuro l’ingente tesoro  di cui erano depositari ( si racconta che esso  fosse costituito si da oro e gioielli, ma anche da documenti particolarmente importanti), per cui nel 1398 salparono verso queste nuove terre.

Rosslyn Chapel.jpgRosslyn Castle 1.jpgRosslyn Castle.jpgStemma di Sinclair.jpgNelle loro

leggende i pellerossa Mi’cmak che occupavano la terra chiamata Nuova Scozia narrano della venuta di queste navi che attraccarono in una località chiamata Guyborough.All’inizio Oak Island.jpgOak Island particolari.jpgOak Island 2.jpgdel 1900 a Oak Island, un’isoletta al largo della Nuova Scozia, venne scoperta una strana costruizione costituita da stanze e tunnel sotterranei, dove si dice che venne nascosto il Tesoro che i Cavalieri Templari partavano con sè.

Ceppo dedicato ad Henry Sinclair.jpgTutt’ora si stanno svolgendo ricerche e studi per esaminare bene l’isola e svelarne i segreti.

Nel 1400 la flotta fece ritorno alle Orcadi, ed Antonio Zeno salutò il suo compagno per tornare a Venezia, ma nel viaggio probabilmente naufragò.

Lord Sinclair venne invece ucciso subito dopo il suo ritorno a casa.
Il destino lascia così un affascinante mistero da svelare!

Le mappe che gli Zeno avevano inviato a Venezia vennero stampate nel 1561 dalla “Geographia ” di Venezia di Gerolamo Ruscelli, mentri i resoconti vennero pubblicati nel 1558.

Mappa delle Vinland.jpgCarta di navigazione dei fratelli Zeno.jpgFrisland.jpg

Dic 28, 2009 - Arte e mistero, Personaggi    5 Comments

Il quadro degli enigmi: la Tempesta del Giorgione a Venezia

1_giorg_tempesta_quadro.jpgGiorgione.jpgIl capolavoro del Giorgione: Giorgio Zorzi di Castelfranco Veneto (1477 circa/1510) non solo artistico, ma anche un enigma, un messaggio carico di allegorie che collega questo straordinario pittore ad altri pittori, come Tiziano, Sebastiano del Piombo e Palma il Vecchio, tutti legati in qualche modo alla confraternita dei Rosacroce, è, per antonomasia ed anche per ricchezza di particolari “La tempesta”, un quadro di modeste dimensioni, collocato nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia, ma che, mano a mano che ci si avvicina, regala straordinarie sensazioni.

E proprio per gli innumerevoli simboli in esso raffigurati che questo quadro diventa uno dei pochi indizi per cercare..e magari trovare…risposte legate alla Religione cristiana, ai vangeli apocrifi, a teorie più o meno realistiche….alle teorie insomma della confraternita dei Rosacroce.

Pastori di Arcadia di Paussin.jpgCi occupiamo ora dei simboli: sicuramente, come scrisse il gentiluomo Marcantonio Michiel nel suo ” Notizie d’opere del disegno”il quadro rappresenta  ” un paesetto in tela cun la tempesta, cum la cingana et soldato …se man de Zorzi da Castelfranco”, il quadro poteva sembrare semplice, ma non certo di facile interpretazione.

E le interpretazioni invece si moltiplicarono: troppo enigmatica era la tela: la donna che allatta, il seno sinistro nudo, il suo indice destro che indica il ginocchio sinistro… il soldato che è vestito in bianco e rosso, i colori dei templari, e la tempesta, il fulmine  che illumina quella che si può in qualche modo identificare come la zona di Treviso , e precisamente l’insediamento dei Templari in quella città, attualmente San Gaetano. Alla fine  della strada si arriva alla Chiesa di Santa Maria Maddalena, che sembra la zona in cui le folgori si scaricano.

Ma importante è anche il riferimento del quadro all'”Hypnerotomachia Poliphili”,( libro importante di padre Francesco Colonna) per cui la donna -madre non è altri che venere -iside- myriam, la madonna insomma che nutre al suo seno il Salvatore dell’umanità, con e contro le difficoltà della natura che è tutta rappresentata: aria, acqua, fuoco e terra!!!, ma che, essendo natura, è alle basi della vita!.

th_RLC_13_Asmodeus_1.jpgPastori di Arcadia 1.jpgBerengeer Saunier.jpgMa l’interpretazione più inquietante si può trovare negli scritti e nell’interpretazione dell’abate Beranger Sauniere che identifica, nella posizione della donna: la sua mano sinistra indica il suo ginocchio destro, quale simbolo di Nobile Stirpe, nelle statue del demone Asmodeo che egli fece erigere sotto l’acquasantiersa della chiesa di Rennes le Chateau, in Francia, attratto ed inspirato dalle opere di Paussin ( Pastori d’Arcadia), che venne a Venezia nel 1624, e che rappresenta appunto una donna con il seno destro nudo e con la mano sinistra indica il ginocchio destro.

Diversi sono i quadri che rappresentano simbolicamente il legame tra l’arte pittorica e i Rosacroce, gli Alchimisti ed in seguito i massoni; tanti pittori ed opere d’arte, di cui Venezia è custode…complice, dolcemente th_RLC_14_Asmodeus_2.jpgsilenziosa, enigmatica?… A presto per gli altri quadri ed autori simbolici…l’arte è fantastica,–e a Venezia sono custoditi questi tesori….!!!

 

 

 

 

 

streghe,pozioni,e…tordi a Venezia

streghe.jpgNel 1500 si creò come una febbre in Spagna, a Roma ed in altre nazioni d’Europa contro le donne, in maggior numero anziane, ma anche giovani, che in genere svolgevano il ruolo di levatrici, si intendevano di erbe,  sapevano curare con tisane e, probabilmente, anche con una capacità psicologica non comune, e per queste peculiarità venivano considerate streghe.

imagesCAFIXYRU.jpgEra opinione comune che queste donne, accusate di essere  adoratrici di Satana, si incontrassero con il Demonio per adorarlo, ricevere istruzioni ed abbandonarsi ad orge di ogni genere in occasione dei sabba.

Migliaia di donne affermavano di avervi preso parte anche se in realtà erano nel loro letto a dormire, ma le confessioni venivano estorte con torture brutali e terribili.

Alcune confondevano le loro fantasie e paure con la realtà, altre volevano vendicarsi di qualcuno, ed altre ancora erano costrette a denunciare conoscenti o amiche come  presunte partecipanti ai sabba.

inquisitore.jpgimagesCABZ8KA5.jpgimagesCAVNG71V.jpgimagesCAHCVVNA.jpgLe descrizioni di ciò che vi accadeva erano piuttosto varie, ma la sostanza era abbastanza costante: le streghe si recavano al sabba con mezzi di trasporto magici, spesso a cavallo di scope; giuravano fedeltà al diavolo, riferivano sulle loro attività malefiche, poi banchettavano e danzando si abbandonavano a licenziosità di ogni genere.

Pierre de Lancre, francese, il gran cacciatore di streghe dell’inizio del 600, riportò molte descrizioni di feste orgiastiche, in cui descriveva anche episodi di vampirismo, violazione di tombe oltre all’oltraggio della bestemmia ed alla profanazione di ostie consacrate.

inquisizione.jpgcaccia.jpgSi riteneva che il sabba si svolgesse regolarmente il 31 ottobre ed il 30 aprile ed ognuna delle quattro festività pagane che erano assorbite dal cristianesimo.

Le streghe di Venezia, invece, non andavano al Sabba.

Ed è proprio dagli Archivi della serenissima Repubblica che si possono ricavare le storie di alcune presunte streghe, attraverso circa 200 processi per sospetta stregoneria, e gli interrogatori sotto tortura furono soltanto tre, ed una sola volta venne minacciato il rogo per un’imputata che era comunque contumace.

sabba.jpginquisizione a Venezia.jpgSi trattò quindi di processi di modesto rilievo storico, da cui però emerge  tutto un mondo di povere donne dedite a complicate cerimonie da compiersi con i mezzi più stravaganti  per guadagnare un pò di denaro vendendo ovviamente illusioni.Inoltre, attraverso questi documenti, è un continuo snodarsi di vicende a volte curiose, divertenti ed impensate.

Nel 700 poi si ebbero episodi da considerarsi forse in maniera diversa, come quando Casanova bambino di otto anni venne portato a MUrano dalla nonna per guarire, per mezzo delle arti di una “guaritrice” dalle perdite di sangue dal naso che lo stremavano e lo avevano ridotto in grande debolezza, come già ho raccontanto.

streghe1.jpgun raduno di streeghe.jpgComunque, dai documenti dell’archivio, ecco la storia di un giovane lavorante di tintoria innamorato senza speranza della moglie del padrone, a cui viene suggerito da una “striga” di offrire al sua anima al diavolo, chiedendogli in cambio di persuadere la donna a concedergli i suoi favori.

Per raggiungere lo scopo il povero tintore, che sapeva scrivere, avrebbe dovuto, in una notte di luna piena, vergare su di una pergamena con inchiostro fino, la sua proposta al demonio. Poi avrebbe dovuto bruciare la pergamena alla fiamma di una candela sul davanzale di una finestra, il fumo spandendosi nell’aria e la sua richiesta sarebbero giunti a Satana.

Il giovane tintore eseguì con diligenza la prima parte del suo compito, ma quando venne il momento di bruciare lo scritto la paura dell’inferno lo spinse a gettare la pergamena nel canale.

venezia inquisizione.jpgAll’alba un ortolano che passava  remando con il suo sandalo carico di verdure vide il foglio, lo trasse dall’acqua incuriosito, e lo portò dal prete.

Il nome della donna amata, il luogo nei cui pressi era stato ripescato il documento, portarono all’identificazione del suo autore e, come si può immaginare, successe il finimondo. Il tutto però si concluse con la condanna all’esilio per alcuni anni del giovane tintore.

Filtri d’amore, pupazzi di cera trafitti da spilloni, amuleti vari, pozioni benefiche o malefiche..le strighe vendevano le carte del buon volere e le formule magiche per gli usi più diversi, le herbere vendevano i loro decotti, le stroleghe predicavano l’avvenire, le strazarole , andando in giro per le calli dall’alba al tramonto procuravano loro i clienti.

Tribunale dell'inquisiione.jpgOgni tanto l’inquisitore faceva mostra dei suoi poteri rinchiudendo, per un breve periodo queste trafficanti nella prison de le done.

Nei tre casi in cui il Sant’Uffizio decise di usare per l’interrogatorio dell’imputata i tormenti, non possedendo una camera di tortura, fu costretto a chiedere ai Signori de la note al Criminal che gli prestassero la loro.

I Signori de la note era un organo  di controllo per i reati commessi da cittadini veneziani, creato nel 1274,( i primi vigili urbani della storia)  sdoppiato poi, nel 1544 nei Signori de la note al Criminal, e al Civil.

sabba2.jpgrogo dei libri durante l'inquisizione.jpgAl ponte di Rialto era posta la Berlina, che venne poi spostata tra le colonne di Marco e Todaro in Piazzetta S. Marco, ed alcune donne vi furono incatenate per 3 o 4 ore.

colonne di Marfco e Todasro a Venezia.jpgSo di quattro donne condannate all’esposizione su un palco eretto  fra le colonne del Leone Alato e quella di San Teodoro, con le mani legate ed una mitria di carta in testa in cui era dipinto il demonio tra le fiamme dell’inferno.

Curioso il processo contro una serva del Priore dell’Ospedale della Misericordia rea di aver mangiato carne di venerdì, per la precisione un tordo.

La donna non negò il fatto, ma addusse a sua giustificazione di sentirsi a volte sfinita e mangiare la carne la aiutava a superare il malore.

inquisizione 3.jpgsanta inquisizione.jpginquisizione 5.jpgL’inquisitore (evidentemente anche lui ghiotto di tordi) l’ascoltò attento e infine decise che “va ben, se le cose stavano così che mangiasse pure i tordi”.

Queste erano le streghe e gli inquisitori a Venezia.