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Set 20, 2010 - Misteri, Religione a Venezia, Templari e Rosa Croce    Commenti disabilitati su Il Sangue di Cristo a Venezia

Il Sangue di Cristo a Venezia

Miracolo delle Reliquie.jpgVenezia, luogo di incontro e scambio tra occidente ed oriente divenne, tra le varie crociate, crocevia di una solida e vivace compravendita di reliquie. E tra queste, moltissime vennero conservate nelle varie chiese della città.

Basilica di San Marco.jpgInnanzi tutto il corpo di San Marco, trafugato da due mercanti e portato alla Serenissima, ed a cui è dedicata la famosa Basilica, in cui è conservato anche il corpo di S. Isidoro di Chio. San Rocco, a cui è stata edificata la omonima chiesa, e qui riposa ancora.

Mosaico della chiesa di Santa Fosca.jpgcoperchio del sarcofago di Santa Fosca.gifchiesa di Santa Fosca.jpgSanta Fosca, anche a lei una chiesa dedicata, bellissima e ricca di opere Santo Stefano.jpgd’arte, Santo Stefano Protomartire, il cui corpo riposa nella chiesa sul Rio, la chiesa appunto di Santo Stefano.

San Donato a Murano.jpgCriupta con corpo di San zaccaria.jpgchiesa di San Zaccaria.jpgNella chiesa di San Zaccaria, oltre al padre del Giovanni il Battista riposa anche San Tarasio e sono conservate le reliquie di Sant’Atanasio di Alessandria, mentre il corpo di San Donato viene venerato nella chiesa omonima di Murano.

San Giovanni Elemosinario a San Giovanni in bragora.jpgPortale della Chiesa di San Giovanni in Bragora.jpgChiesa di San Giovanni in Bragora.jpg08-sgiovannielemosinario.jpgNella chiesa di San Giovanni in Bragora sono venerate le reliquie di San Giovanni il Battista, ed il Corpo di San Giovanni l’elemosinario.

Reliquie di Santa Barbara a Torcello.jpgIl corpo di Santa Barbara, patrona dei vigili del fuoco, è conservato presso la chiesa di San Martino di Burano, mentre i bellissimi resti di Santa Lucia possono essere venerati presso la Chiesa di San Corpo di S. Lucia.jpgGeremia e Lucia.

Oltre i corpi esistono i reliquiari in cui venivano inseriti piccoli pezzi del corpi dei Santi, fatti a forma di gamba, di braccio: su questo esiste una leggenda a Burano, riguardante il reliquiario fatto per un osso del braccio di Sant’Albano, tutto d’oro e prezioso, ma poi venne la peste, ed i buranelli decisero di fondere l’oro per affrontare le difficoltà della pestilenza, per cui il braccio venne rifatto in rame, ma ossidandosi, divenne nero, per cui venne chiamato “brasso de pègoa”, braccio di reliquie.gifpece.

A parte questo, la reliquia più preziosa viene conservata nella Chiesa dei Frari, in un altare di una bellezza e lavorazione straordinaria è conservata una piccola parte del Sangue di Cristo, mescolato agli unguenti con cui il corpo, dopo la morte, era stato trattato.

AltareReliquie.jpgBasilica dei Frari.jpgOltre che inebriarsi per la bellezza della fantastica chiesa gotica, visitando Santa Maria Gloriosa dei Frari sarà possibile avvicinarsi un pò di più al mistero di Cristo!

S. Giovanni elemosinario, scrigno di tesori nascosti dalle bancarelle di rialto a Venezia

Pala di S. Giovanni del Tiziano.jpgchiesa S. Giovanni Elemosinario.jpgNascosta tra le bancarelle del mercato di Rialto, a S. Polo, Ruga Vecchia S. Giovanni, e chiusa da un cancello è edificato uno straordinario scrigno per opere d’arte importanti e fantastiche: la Chiesa di S. Giovanni Elemosinario.

Una chiesa dedicata ad un Santo modesto, un uomo nato ad Amatunte nel 556 e li morto, nel 619: grande devoto della Madonna e di S. Giovanni il Battista. La sua fede e la sua vita dedicata alla sua missione di benefattore dei poveri e dei diseredati.

Ed a lui dedicarono la loro fede la città di Casarano (nel Salento) , e i Cavalieri Ospitalieri, facenti parte dell’Ordinazione  dei Templari.

Antonio Abbondi detto Scarpagnino.gif08-sgiovannielemosinario.jpgdipinto nella chiesa di S. Giovanni elemosianrio.jpgI dodici poveri cavalieri di Cristo.jpgNel 1249 Lorenzo Bragadin, generale della flotta della Serenissima, portò a Venezia il suo corpo, e, seppure esistesse già nella zona di Rialto una chiesa a lui dedicata, proprio per la sua devozione al San Giovanni Battista le sue spoglie vennero tumulate, ed ancora si possono venerare, nella chiesa di S. Giovanni in Bragora, dedicata appunto al Battista.

Ma quella piccola chiesa, tra le bancarelle, a lui dedicata, venne arricchita da autentiche opere d’arte, che tutt’ora la ornano, e che risplendono ancor più dopo 25 anni di restauri.

La data dell’erezione dela chiesa rimane incerta, anche se si può riferire al 1071 circa, Affresco a S. Giovanni elemosinario del Pordenone.jpgcommissionata dalla famiglia Trevisan. Fu ceduta in ionterno S. giovanni Elemosinario.jpgcommenda nel 1391, e, con privilegio papale venne affidata al” Collegio dei dodici poveri di Cristo”, discendenti diretti dei Cavalieri Templari; ma questo affido durò poco, perchè la delega fu duramente osteggiata dai parrocchiani stessi, e quindi, nel 1546 venne affidata al Primicerio di San Marco, e stabilita nelle stesse prerogative della basilica di San Marco.

Venne purtroppo distrutta da un incendio (uno dei tanti che ha tormentato Venezia ed i suoi monumenti ) nel 1513, e venne ricostruita su disegno di Antonio Abbondi, detto lo Scarpagnino, e consacrata da Daniele Vocazio, vescovo dalmata, nel 1572.

La ricostruzione venne ultimata nel 1531, durante i primi anni del dogado di Andrea Gritti: e fu subito abbellita da opere dei più grandi artisti allora esistenti a Venezia, come Tiziano, Jacopo Palma il giovane, Giovanni Antonio del Sacchis detto il Pordenone.

300px-San_Giovanni_Battista_in_Bragora_Venezia.jpgCampanile di S. Giovanni elemosianrio.jpgsimbolo dei 12 Poveri cavalieri di Cristo.jpgIl suo Campanile è originario del 1300, la pianta è a croce greca inscritta in un quadrato ed il suo aspetto interno è prettamente rinascimentale  e classicheggiante.

Qui ebbero sede le corporazioni dei biavaroli, corrieri, gallineri e telaroli, che fecero a gara per abbellirla con opere d’arte: Il Vasari racconta che fu commissionata al Tiziano la Pala dell’Altar Maggiore, e questi, impegnato com’era, dopo essersi assentato da Venezia, non appena rientrato, vide la Pala del Pordenone, che raffigura i Santi Caterina, Rocco e Sebastiano ed andò su tutte le furie, e fece di tutto per soppiantare in bellezza ed abilità il rivale.

san-giovanni-elemosinario.jpgSanti Caterina, Sebastiano e Rocco del Pordenone.jpginterno Chiesa S. Giovanni elemosianrio.jpgDopo venticinque anni di restauri ora la chiesa è tornata al suo massimo splendore, e durante questi restauri sono state scoperte una tomba con affreschi, è stata riportata alla luce la decorazione straordinaria della cupola centrale dipinta dal Pordenone.

S. Giovanni Elemosiario.jpgUno scrigno, come ho detto, di opere d’arte immerso nella vita più intensa di Venezia, città dove ogni angolo è un tesoro di architettura, ogni palazzo conserva opere d’arte, dove i migliori S. Giovanni elemosinario - reliquia.jpgartisti hanno lavorato ed espresso il meglio  di sè, ispirati dalla magnificenza e dall’unicità della Serenissima.

 

 

 

Lug 11, 2010 - Società veneziana    Commenti disabilitati su Venezia: la struttura del dogado

Venezia: la struttura del dogado

Il doge.jpgIl Doge viveva nel suo dorato appartamento al centro di Palazzo Ducale. Egli era un principe in apparenza assoluto,ma in pratica limitato da una serie di norme che restringevano il suo potere ad un simbolo di sovranità cui competeva di diritto ogni alto onore.

Palazzo Ducale.jpgLa sua carica era a vita, e all’elezione doveva fare una ” promissione ducale”cioè il giuramento di attenersi ad alcune norme sui reali poteri della sua autorità. Solo in poche circostanze il Doge usciva dal Palazzo Ducale, doveva viveva nella ricchezza, circondato da opere d’arte, dai procuratori di San Marco, magistrati, consiglieri, senatori, provveditori e singoli rappresentanti del vastissimo dominio sparso nel mediterraneo.

La sua vita era inoltre regolata da una severa etichetta che stabiliva le pregorative della sua alta dignità di ” serenissimo principe”, secondo alcune tradizioni che anche nell’importanza religiosa della sua autorità risalivano all’Imperatore di Bisanzio.

scala d'oro 1.jpgLa Scala d'oro.jpgEgli, attraverso la “Scala d’oro” (che passa accanto all’appartamento privato del Doge) si avviava nella Sala del Collegio (una sorta di Consiglio dei Ministri) , nella quale sedeva al centro, tra i suoi sei consiglieri, i Savi e i tre Capi del Consiglio dei Dieci. La sala è decorata con dipinti del Veronese dai motivi allegorici che ricordano la ricchezza di cui era stata dotata Venezia, ma anche la severità che si adottava verso chi osava andare contro le leggi:” Giove stesso scende dal cielo per fulminare la Ribellione”.

Più avanti la Sala degli Inquisitori dello Stato, ed infine, più vasta di tutte la sala del Maggior Consiglio.

Il Doge, quindi, Capo dello Stato, eletto a vita, presiedeva tutte le Magistrature della Repubblica, quindi il Maggior Consiglio, assemblea di Patrizi Veneziani con età superiore ai venticinque anni, che Dipinti nella Sala del Maggior Consiglio.jpgSala del Maggior Consiglio.jpgraccoglieva le varie Magistrature ed eleggeva il Doge.
Il Maggior consiglio era formato esclusivamente da soli nobili eletti ogni anno, il numero dei componenti nel 1264 era di 317, poi, dopo la Congiura di Baiamonte Tiepolo, nel 1310, di 900.Esso raggiunse il massimo di8 1700 persone.

Il Consiglio dei Senatori (pregadi), scelti dal Maggior Consiglio erano circa 120, e duravano in carica un anno.

Il Consiglio dei Dieci: sorto nel 1310 dopo la famosa congiura, aveva il compito di vigilare contro i delitti dello Stato sui comportamenti dei nobili e sull’osservanza delle Leggi: era composto da dieci patrizi titolari, con l’aggiunta del Doge, sei consiglieri (uno per sestiere che formavano il consiglio privato del Doge, e un avogadore (un avvocato con mansione di accusatore contro chiunque del Consiglio avesse operato al di fuori dei principi statutari.

il Consiglio dei Dieci.jpgIl Consiglio dei Dieci era quindi composto da dieci membri di diritto (non rieleggibili dopo un anno trascorso  in carica) ed altri otto aggiunti.

Questa Magistratura divenne con il tempo il più tipico e severo organo di vigilianza inquirente e giurisdicente della Repubblica di Venezia, la polizia di Stato che aveva i massimi poteri anche nel controspionaggio.

Gli Inquisitori erano tre eletti del Maggior consiglio a partire dal 1200, e formavano commissioni di inchiesta su particolari indicazioni del Consiglio dei Dieci, come “Inquisitori alle acque”, “Inquisitori sopra le arti”, “Inquisitori sui suoli pubblici”.

Sala del Consiglio dei dieci.jpgLe Quarantie erano tre tribunali supremi che giudicavano cause criminali e civili: c’era il Consiglio dei Quaranta al Criminal, quello al Civil vecchio e quello al Civil nuovo. Compito loro era anche curare la polizia di Stato, l’economia delle Imposte, le Monete e altre mansioni in campo giuridico.

Consilio Minore, (detto pure Signoria), formato da 6 nobili, uno per ogni sestiere della Città, che dovevano assistere il Doge, non essere in alcun modo imparentati con lui, ai quali sdi unirono nel 1200 i tre capi della Quarantia criminal, e tutti insieme formavano la Signoria.

Collegio dei Savi 1.jpgcollegio dei Savi.jpgIl Collegio dei Savi, Assemblea prima di tre, poi di cinque ed infine di sei Senatori, con incarichi particolari di studio e di inchiesta, che col tempo divennero dieci.

quarantia criminal sala.jpgpieno collegio.jpgIl Collegio, più propriamente “Pieno Collegio” aveva la funzione di Consiglio dei Ministri ed era composto dal Doge, dai sedici savi, dai sei consiglieri del Doge e dai tre Capi della Quarantia Criminal.

 La struttura dello Stato era quindi composita ed i poteri venivano equilibrati e suddivisi tra diverse istituzioni: tutto questo per garantire ai veneziani un governo democratico, ed in cui, uin seguito racconterò, al centro venivano le esigenze dei cittadini e il loro benessere. Venezia, una vera Repubblica ricca ed illuminata!

Lug 8, 2010 - Società veneziana    1 Comment

I Dogi a Venezia

Primi tribuni a Venezia.jpgLe istituzioni politico-amministrative interne della Repubblica di Venezia si maturarono nei “primi tribuni” che ressero la “cosa pubblica” ai dogi, quali espressioni di una autorità basata sulla propria indipendenza di  diritto e di fatto.

Il Doge fu sempre scelto da famiglie patrizie, e quindi entro una cerchia di persone che dovevano di norma seguire un particolare tirocinio prima di giungere alla suprema magistratura.:tanto più che la sua posizione investiva sempre un carattere religioso, secondo il modello bizantino di considerare l’Imperatore al disopra del Patriarca.

A Venezia l’evoluzione della massima autorità politica e i contatti con quella religiosa ebbero numerosissimi legami nei primi secoli sul piano del reciproco scambio.

Elezione dei magistrati.jpgelezione di un doge.jpgDoge.jpgL’investitura del doge si compiva nei primi tempi per diretta partecipazione popolare, alla quale seguiva il conferimento delle dignità bizantine, attraverso il Governo di Bisanzio, da cui i popoli che avevano creato questa repubblica dipendevano, che intendeva ribadire la sua preminenza anche se lontana e sempre più formale.

Nell’XI secolo vennero creati dei “giudici” che succedevano ai “tribuni”  con un compito amministrativo nel centro della nuova città che veniva formandosi vicino a Rialto. Essi già dall’inizio assunsero un carattere di magistratura che collegava insieme  le singole isole dell’unità del Governo.

il doge.jpgImmagini di dogi.jpgelezione del Doge.jpgLa prima e più originale forma di delimitazione del potere ducale fu ” la promissione ducale” la richiesta cioè, da parte degli elettori che il Doge , nell’atto di assumere la carica, compisse un solenne giuramento di attenersi ad alcune norme sui reali poteri della sua autorità.

Queste norme, riunite in singoli codici determinarono il pensiero costante della Repubblica e rafforzarono sempre più la posizione del “Consiglio” affiancata al Doge.

 

Ogni doge ebbe  la sua ” promissione ducale” ed una delle prime e fondamentali fu Premjissione del doge.jpgelezione di un doge.jpgConsiglio dei dieci 1.jpgEnrico °Dandolo doge.jpgquella appunto di Enrico Dandolo, fatta all’atto della sua i dogi a Venezia.jpgelezione nel 1193 nella quale il suo potere venne bene limitato:non poteva  intromettersi nella nomina del patriarca, ad esempio, non poteva  disporre di beni pubblici nè trattare direttamente con il Papa o con altri principi.

La “promissione” in uso anche in altri comuni italiani, divenne un atto pubblico fondamentale nella storia della Repubblica di Venezia, tanto che i testi, redatti dai Dogi, uno per volta, costituirono un’importante partecipazione del Consiglio di Stato al governo del Sovrano: Il suo Palazzo del Doge.jpgvalore era di tale gravità da richiedere ben presto, a partire dal 1229, la nomina di una commissione di cinque membri  “correttori della promissione dogale”.

Sala del Piovago.jpgAl momento della morte del Doge venivano eletti immediatamente tre inquisitori per indagare sul comportamento politico del doge defunto, la cui salma veniva esposta  in un salone del Palazzo Ducale, sotto alla sala del Maggior Consiglio, chiamata la Sala ” del Piovago”.

I correttori della promissione dogale proponevano al Maggior Consiglio le direttive ritenute utili per la nuova promissione del nuovo Doge. Finito entro tre giorni questo strano rito di inchiesta e di proposte , si davano solenni onoranze funebri al Doge nella Chiesa SS. Giovanni e Paolo.jpgChiesa di San Giovanni e Paolo, a partire dalla metà del 1300.

Morte del doge a Venezia.jpgSala del Maggior Consiglio 1.jpgil consiglio dei dieci.jpgPalazzo Ducale 1.jpgLe immagini di tutti i Dogi sono ritratte sulla parete, vicino al soffitto della Sala del Maggior Consiglio a Palazzo Ducale: ve ne è solo uno, coperto da uno strato di pittura nera, con sopra una scritta. Di questo personaggio cancellato vi racconterò al più presto.

 

 

 

 

Giu 24, 2010 - Leggende, Luoghi, Misteri    13 Comments

L’isola della Donna Vampiro

la donna vampiro.jpgLinea per ragigiungere l'Isola del Lazzaretto Nuovo.jpgSe chi vuol fare un’esperienza diversa, percorre a piedi la Strada Nuova, ed arriva alle Fondamente Nuove, proprio di fronte al Cimitero Monumentale di S. Michele, qui prendendo la linea 13 del vaporetto, scegliendo come fermata a richiesta  l’Isola del Lazzaretto Nuovo, ecco che può sbarcare in un luogo molto particolare, ricco di verde, di siti archeologici, e luogo misterioso dove il 7 marzo dello scorso anno  venne ritrovato il famoso teschio della “donna vampiro”, quello con la mattonella infissa nella bocca ( a cui ho dedicato un mio post).

Posta all’ingresso della laguna, a nord-est di Venezia, e posta proprio di fronte all’isola di S. Erasmo, nell’antichità ebbe una funzione strategica a controllo delle vie acquee verso l’entroterra.

Isola del Lazzaretto Nuovo.jpgSembra che i primi reperti archeologici risalgano all’età del bronzo, tra il 1200 e il 1000 A.C.
Castello est del Lazzaretto Nuovo.jpg
Isola del Lazzaretto nuovo 1.jpgREcentemente sono state rinvenute varie monete raffiguranto Zeus ed Apollo, collocabili tra il 238 ed il 168 A. C. Il primo documento riferentesi all’isola, denominata Vigna Murada, è un atto notarile.

Nel Medio Evo fu proprietà dei Monaci di San Giorgio Maggiore che vi edificarono una chiesa intitolata a San Bartolomeo.

Nel 1468 l’isola divenne un lazzaretto, denominato nuovo, a differenza di quello già esistente, dove venivano inizialmente ricoverati i contagiati da peste conclamata, mentre in quello nuovo si cercava Hospitaler al Lazzaretto Nuovo.jpgL'isola nel secolo XVI-XVII dall'isolario di Antonio visentini.jpgdi attuare un’opera di prevenzione, e l’efficacia delle misure preventive portò ad avere un successo enorme, visto che l’epidemia si concluse due anni prima che negli  altri paesi europei.

Qui venivano ricoverate le navi e gli equipaggi di quelle navi sospette di portare contagio, perchè provenienti da zone contaminate o che trasportavano merci possibili ricettacoli di virus.

Per questo motivo vennero costruiti parecchi edifici, tra cui il Teson Grando, un enorme edificio, che come scrisse il Sansovino nel 1576 era dotato di 100 stanze, e cento camini alla veneziana, ognuno per ogni stanza, poste a ridosso delle mura di cinta, e costruite pozzxo nel lazzaretto nuovo.jpgTeson Grande.jpgtettoie (teze) per la purificazione delle merci, per cui si usavano fumi di erbe aromatiche, quali ginepro e rosmarino.

priore.jpgL’organizzazione faceva capo ad un priore, dipendente dal Magistero della Sanità, dai guardiani, che scortavano i passeggeri delle navi alle camere, e che prendevano nota (sapevano leggere e scrivere) delle varie operazioni di sbarco.

Le merci invece erano trasportate dai “bastazzi” chiamati così perchè trasportavano i pesi (basti), ed erano facilmente riconoscibili per il loro vestiario: casacca, braghe e camicia di tela ruvida, nei colori azzurro cenere o giallino pallido, e larghe bretelle rosse o bianche incrociate sul petto o sulla schiena.

Per ricordare dove riportare le merci “disinfettate” i bastazzi usavano scrivere sulle pareti del Teson Grando sigle ed annotazioni utilizzando un colore rosso bastazzi_tezon.jpgiscrizioni sul muro del Teson.jpgsul muro del teson altre iscrizioni.jpgbrunastro a base di ossido di ferro.

Quando si verificarono le prime morti per peste in quel lazzaretto, divenne una figura presente e considerata di malaugurio di un “medico della peste” (di cui ho gìà raccontato).
Pestilenza dopo pestilenza l’isola divenne un gran cimitero, ed a testimonianza di ciò si ritrovarono migliaia di reperti archeologici, scheletri, teschi, medagliette, monete, murrine.

medico della peste a Venezia.jpgNella epidemia del 1575 morirono cinquantamila persone, e la maggior fosse nell'isola del Lazzaretto nuovo.jpgCampi didattici estivi al Lazzaretto Nuovo.jpgparte vennero sepolte qui, a circa 60 centimetri di profondità dal piano di calpestio, persone povere, ceto medio ed anche nobili. All’epoca la sepoltura nei cimiteri dietro le reperto 1.jpgchiese o nelle chiese venivano operate soltanto per i Nobili morti di cause naturali e non certo per il terribile morbo.

Tutt’ora, per chi volesse passare una vacanza in un luogo strordinario, partecipando a scavi archeologici è possibile aderire a tali iniziative.

Giovan Francesco Valier: un’ enigmatica spy story a Venezia

impiccagioni a Venezia.jpgLuogo delle esecuzioni di Jacopo de Barbari.jpgColonne di Marco e Todaro.jpgIl 22 settembre 1542, sul patibolo allestito tra le colonne di Marco e Todaro a San Marco, davanti agli occhi dispiaciuti e sbigottiti dell’ambasciatore dei Gonzaga, Benedetto Agnello, venivano giustiziati Giovan Francesco Valier, Agostino Abondio e Niccolò Cavazza, rei di tradimento della Serenissima.

Niccolò Cavazza aveva coperto l’incarico di Segretario del Senato, mentre il fratello, Costantino Cavazza, segretario del Consiglio dei Dieci, venne condannato all’esilio perpetuo. Di Giovan Francesco Valier venne cancellata qualsiasi traccia della sua esistenza
a seguito della “damnatio memorie” a cui erano destinati coloro i quali si erano macchiati di un delitto così terribile.

ariosto.jpgMa un lutto colpiva anche la letteratura dell’epoca, poichè Giovan Francesco Valier, uno dei più straordinari e misteriosi personaggi dediti a  tale arte , era un fine letterato, poeta, novellatore. Ma dei suoi scritti non rimane alcuna traccia; rimangono invece le citazioni di Ludovico Ariosto che gli attribuiva la fonte di una delle più belle novelle dell'”Orlando Furioso”.

speronesperonibig.jpgPietro Bembo.jpgPietro Bembo gli inviava le prime stesure dei suoi manoscitti per ottenerne un parere e Baldassarre Castiglione gli affidò la correzione delle bozze del ” Cortegiano (edito poi da Manuzio a Venezia). Sperone Speroni gli assegnò il ruolo di interlocutore nei suoi due importanti dialoghi: ” Dialogo della Retorica” e ” Dialogo della vita attiva e contemplativa”, Claudio Tolomei gli dedicò il famoso Canzoniere sperimentale Versi e regole della Poesia Toscana.

Molto giovane e valente letterato, appunto, Giovan Francesco Valier venne inviato come Ambasciatore presso la corte dei Gonzaga a Mantova: e da qui ebbe inizio la tragedia che lo portò alla vergogna ed alla morte: Nell’ambiente degli ambasciatori presso le varie corti europee si creavano amicizie, maneggi, missioni segrete ed anche episodi di spionaggio.

Ermolao Barbaro.jpgNell’ambito degli ambasciatori si possono annoverare letterati famosi, come Macchiavelli per Firenze, Baldassarre Castiglione.jpgIl Libro del Cortegiano edito da Manuzio a Venezia.jpgGuicciardini per Roma, Baldassarre Castiglio per Urbino e Ermolao Barbaro per Venezia, tutta gente attenta ai particolari e dedita a delicati episodi di spionaggio.

Giovan Francesco Valier fece amicizia con George de Selve, Ambasciatore di Francesco I° di Francia, rivale per quanto riguardava i contatti e la “diplomazia” con i Turchi di Carlo V°, Imperatore . Non si Georges del Selve a destra con Francesco I°.jpgFrancesco I° di Francia.jpgCarlo V ritratto dal Tiziano.jpgLa sublime Porta.jpgconoscono le motivazioni, ma il Valier, attraverso una sottile rete di spionaggio e di informazioni (di cui facevano parte Agostino Abondio, Niccolò e Costantino Cavazza) riuscì ad informare Francesco I° di Francia delle “commissioni” date dai decemviri veneziani all’ambasciatore Alvise Badoer presso la ” Sublime Porta ” ( la parte del Palazzo di  Istambul  in cui il Gran Visir riceveva e svolgeva le cerimonie di benvenuto agli Ambasciatori) che prevedevano di arrivare alla concessione di due piazze forti della Morea per ottenere la pace a tutti i costi con i Turchi: tutto questo per mantenere l’egemonia dei mercati e dei trasporti nel Mediterraneo.

leone di S. Marco.jpgVenezia e Islam.jpgSublime porta.jpgCosì il nome di Valier venne cancellato, le sue opere ( che si possono immaginare sublimi dalle testimonianze di altri grandi letterati)  distrutte per sua volontà secondo un atto da lui firmato ad un notaio pochi giorni prima dell’esecuzione affinchè il cognato alienasse  tutti i suoi scritti, e la sua immagine eliminata secondo la legge della “damnatio memorie”:  ma supremazia ed il bene di Venezia venivano innanzi tutto: Giustizia dura, vera, ma uguale per tutti, anche per chi aveva talenti così particolari ed unici, ma un pò di rimpianto rimane!

 

Mag 8, 2010 - Personaggi    6 Comments

Antonio Canova ed il suo cuore a Venezia

ca_farsetti.jpgantonio_canova_selfportrait_1792.jpgUno dei più grandi scultori interprete dell’arte classica, Antonio Canova (1757-1822), ancora apprendista di uno scultore di Asolo, sedicenne, studiò con amore ed entusiasmo una famosa raccolta di  calchi di statue antiche a Palazzo Farsetti, a Venezia, frequentando contemporaneamente la Scuola di nudo presso l’Accademia di Belle Arti.

A ventidue anni, più maturo ed espressivo, il Canova andò a Roma, presso la sede dell’ambasciata Veneziana (a Palazzo Venezia) e conobbe il pittore Novelli, gli architetti Selva e Quarenghi, il figlio di Giovanbattista Piranesi, Francesco, e gli incisori Morghen e Volpato: aveva trovato la strada giusta.

6C-%20Antonio-Canova-Psiche-rianimata-dal-bacio-di-amore-1793-Parigi-Louvre.jpgNel 1787 il Canova finì nella Basilica dei Santi Apostoli  il monumento a Papa Clemente XIV ed il modello di  ” Amore e Psiche”.

Orfeo e Euridice.jpgStatue di Orfeo e Euridice a Venezia.jpgNella sua raffinata classicità incarnò nelle due statue di Orfeo e di Euridice, provenienti da una villa di Asolo ed ora esposte presso il Museo Correr a Venezia tutta la bellezza e la perfezione della sua nitidezza:  si tratta di due opere giovanili (l’autore non aveva ancora diciotto anni) in cui il Canova  esprimeva ancora intatta la morbidezza di alcune statue di ville venete del settecento.

Nel periodo Napoleonico elaborò la statua di Paolina Bonaparte, le tre Grazie, ed innumerevoli altre opere i cui calchi sono 1804-Paolina%20Borghese%20as%20Venus%20Victrix-AntonioCANOVA.jpgconservati presso la le tre grazie.jpgCanova_Antonio_04.jpgGypsoteca, a Possagno,  suo paese natale.

A Canova ( che aveva collaborato nel frattempo con Napoleone) si deve la restituzione di alcune opere d’arte a Venezia: ” Innamorato di Venezia , dice Alvise Zorzi, lo scultore aveva gettato tutto il peso della sua celebrità e del suo prestigio, grandissimo in tutta Europa, ma specialmente in Francia, nell’impresa di recupero”.

Il grande artista morì a Venzia, in casa Francesconi, ed il suo corpo venne conteso da Possagno e da Venezia: A lui venne dedicata la tomba (in cui riposa il suo cuore) presso la basilica dei Frari a Venezia, una tomba che egli stesso aveva progettato per Tiziano, che richiama alla massoneria ( la piramide ne è il simbolo) a cui Tiziano e lo stesso Canova aderivano, che venne realizzata da suo allievo più importante, Luigi Zandomeneghi, Gypsoteca di Canova a Possagno.jpgantonio-canova-1-sized.jpgcanova_autoritratto_pittore.jpgmentre una sua mano è conservata presso le Gallerie dell’Accademia.

Tomba di Canova ai Frari.jpgBasilica dei Frari a Venezia.jpgIn armonia con la città, ormai alla fine del suo splendore, Antonio Canova regala a chi ammira le sue opere la pulizia, la grazia, e la delicatezza di un classicismo che non può che rendere ammiratiTomba di Canova ai Frari, Venezia.jpg Tiziano Vecellio.jpged orgogliosi tutti gli amanti dell’arte!

 

Da oggi Venezia Nascosta anche su Facebook!

fb.jpgDa tempo noto sempre più visitatori che arrivano da Facebook. Allora, visto l’interesse ecco che da oggi debutta la Fan Page di Venezia Nascosta su Facebook a questo indirizzo http://www.facebook.com/home.php?#!/pages/Venezia-Nascosta/117413334948911

Suggerisco caldamente a tutti coloro che sono già su Facebook di iscriversi così potranno ricevere gli aggiornamenti di questo blog in tempo reale e potranno interagire direttamente con la community di questo piccolo mondo veneziano.

A tutti coloro che lo faranno un enorme “GRAZIE”!

ciao, Piera

Mag 1, 2010 - Misteri    5 Comments

Sior Rioba e la sua testa scomparsa: Spirito Massariol (poltergheist) o vergognosa incivilità?

Venezia_-_Palazzo_Mastelli_(del_cammello).jpgNon so come definire, se come uno scherzo, uno del Massariol, spirito  “polthergheist”, burlone e anima di Palazzo Mastelli a Venezia, legato ad un esorcismo del Cappellano di S. fantin,  reso necessario dal fatto che ogni giorno, alla stessa ora, suonassero in contemporanea tutti i campanelli delle stanze del Palazzo o il mondo burlesco, da Pasquino, con cui con l’ironia si castigavano i costumi della gente tipico di quello che venne attribuito all’illustre “scomparso” ( solo la testa, ma quanto basta) del cosiddetto Sior Antono Rioba, o naso di ferro, uno dei tre fratelli Mastelli raffigurati in fondamenta dei Mori, a Cannaregio, tra Campo Santi Apostoli e le fondamente nuove, e destinatario e mezzo di comunicazioni del popolo con l’esecutivo, chiaramente, ironicamente, ma comunicazione seria e pressante.

Sio Rioba o naso di Ferro.jpgcamello.JPGimmagine di poltergheist.jpgPalazzo Mastelli, il Palazzo dei Cammelli, e famoso per i fenomeni di poltergheist, come sopra descritto ,  che si sono succeduti nel tempo e che fanno di questo edificio  uno dei tanti legato all’idea di possessione e di mistero, vero! ed i suoi proprietari, che lo costruirono nel 1112, i fratelli Mastelli, commercianti di spezie, che per rendere unica la facciata del loro palazzo , fecero applicare una patara raffigurante un cammello: quindi, famoso ed unico Palazzo del Cammello.

Narra la leggenda che nelle notti  particolarmente fredde lo spirito, intrappolato all’interno della raffigurazione di Rioba , pianga, e che soltanto i puri di spirito, posando una mano sul petto della statua possano percepire i battiti del suo cuore.Sior Rioba in campo dei Mori.jpgRioba.jpgMoro a Venezia.jpgb1_camello_1.jpgSpero soltanto che ben presto l’importante ed unica testa di “naso di ferro” possa ritornare al suo posto per ridonare a questa immagine la sua identità, vergognosamente sottratta e per ricostituire un’unicum delizioso, legato all’essenza stessa di Venezia, delle sue etnie e alla struttura  di uno Stato multietnico, particolarmente moderno ed unico, che tanto avrebbe ad insegnare ai legislatori italiani.

 

Apr 24, 2010 - Chiese, Leggende, Personaggi    2 Comments

San Marco a Venezia: i Tetrarchi e gli improbabili ladroni

San Marco - I tetrarchi e Pilastri Acritani.jpgNella parte di Piazza San Marco che dà sul Bacino viene rappresentata la forza e la potenza di Venezia: a parte le colonne di Marco e Todaro, emergono, nella loro singolarità i pilastri acritani, e nell’angolo della Basilica di San Marco, che internamente racchiude il Tesoro di San Marco c’è una statua  in porfido rosso egiziano raffigurante quattro personaggi, due su un angolo e due sull’altro : un elemento della coppia posa la sua mano sulla spalla destra dell’altro, con un gesto di protezione: le figure sono riccamente decorate e ricoperte da un ampio mantello sorretto da una fibbia  sulla spalla destra, e recano dei bassi copricapi calati sulla fronte.

La mano sinistra posata sull’elsa della spada: il materiale utilizzato, dedicato in genere alla raffigurazione di dei o di imperatori e loro familiari ed i volti solenni fanno immaginare immediatamente a personaggi imperiali: si tratta dei Tetrarchi.

galerio.jpgNiocomedia.jpgdiocleziano.jpgTetrarchia, derivante dal greco tettares (quattro) e àrchein (governare) è una forma di governo risalente all’antica Grecia, e consiste nella divisione del territtorio in quattro parti, ognuna retta da un amministratore distinto.

Senza essere riusciti ancora a chiarire il mistero della primitiva provenienza di questa statua, gli studiosi hanno riconosciuto nei quattro personaggi i quattro tetrarchi che nel 293 d.c. governarono l’impero d’Oriente:

Diocleziano (Augusto) controllava le province orientali e l’Egitto ( capitale Nicomedia)
Massimiano.jpggalerio_costanzo.jpgSirmio.jpgGalerio (Cesare) le province balcaniche ( capitale Sirmio)
Massimiano (Augusto) governava l’Italia e l’Africa Settentrionale (capitale Milano)
Costanzo Cloro era governatore della Spagna, la Gallia e la Britannia (capitale Treviri).

Nell’immagine quindi del blocco di porfido incastonato Costanzo Cloro.jpgall’esterno della Basilica di San Marco, ecco che Diocleziano pone la sua mano sulla spalla destra di Galerio, e Massimiano su quella di Costanzo Cloro.

Il complesso è perfettamente integro, a parte il piede e la caviglia sinistra della figura posta all’estrema destra del gruppo, che venne ovviata con l’aggiunta di porfido rosa; nel 1965, a seguito degli scavi condotti da archeologi tedeschi e turchi venne ritrovato, nei pressi dell’antica piazza di Philadelphion a Istambul il piede sinistro andato perduto.

Nelle antiche leggende veneziane invece si narra che quattro ladroni, nottetempo, cercavano di rubare il tesoro di San Marco, ma il Santo, vigile e protettore, cogliendoli sul fatto li fulminò all’istante, proprio nel posto esatto dove cercavano di trafugare i preziosi, e lì rimasero, a perenne monito.

I Tetrarchi.jpgNaturalmente la leggenda è frutto dello spirito disincantato ed ironico dei veneziani, che trovano sempre motivo per sorridere, e per rendere leggera e viva, anche con un tocco di malizia, questa città che è leggera e viva, oltre che ad essere uno scrigno che racchiude opere preziose e memorabili.