Browsing "Società veneziana"

La vera maschera veneziana: Pantalon dei bisognosi!

pangtalone 1.jpgpantalon.jpgLa vera maschera veneziana, una delle più eleganti è quella di Pantalone: un berretto di lana alla greca, una giubba rossa, brache corte con una cintura da cui pende o una spada o una borsa; lo copre un mantello nero , spesso foderato di rosso , calze, babbucce alla turca con la punta solelvata, e la maschera che gli copre il viso ha un naso adunco, sopracciglia folte ed un pizzetto al mento.

Viene chiamato anche “Pantalon de bisognosi ” , (i bisognosi erano i poveri che vivevano dell’assistenza pubblica della Serenissima), ma le sue caratteristiche vengono definite come un vecchio avido, avaro e tirchio, ma anche in qualche modo un misto tra il misogino e il vecchio che  si innamora perdutamente di qualche fanciulla.che a sua volta è fidanzata con un uomo giovane ed appassionato..e Goldoni ci ricorda nelle sue commedie le sue velleità d’amore verso quelle che invece erano innamorate dei suoi figli.

pantalone 2.jpgSembra che l’immagine della maschera si rifacesse a dei personaggi ebrei, che prestavano denaro ad armatori per finanziae e noleggiare equipaggi e merci; per farsi riconoscere essi portavano un’asta con sopra l’immagine di un leone che veniva piantata nei pressi dei banchi da loro gestiti in Campo San Giacometo: da pianta leone a Pantalone.

Altra versione è quella descritta dal Gevembroch che fa risalire l’origine del  nome dal greco ” panda leonda” che significa ” potente in tutte le cose”.

Nelle commedie veneziane appare sempre un pò misogino, brontolone, attento al denaro, ma anche appassionatamente legato alla propria famiglia o perennemente innamorato, non ricambiato, ma con una timidezza, una sconsolata solitudine che lo rendono un personaggio malinconico e in qualche modo dolce.

E, pogtenza dell’arte,  questo personaggio rimase addosso ad un attore, tale Giambattista Garelli che si calò talmente nella parte  da rimanerne intrappolato per tutta la vita, e per questo e in questo ruolo egli venne stipendiato annualmente dalla famiglia Vendramin perchè  non abbandonasse mai il teatro di S. pantalone 3.jpgpane.gifSalvadore.

Se ricordiamo che il Santo protettore dei mercanti veneziani è S. Pantalon possiamo capire il perchè questa maschera sia l’immagine vera di una categoria, di una classe che fece di Venezia la leonessa d’Europa, la grande Serenissima!!!

 

 

Venezia e la meravigliosa”strega” della mia infanzia!

canaletto_canalgrande.jpglaguna%20venezia-300.jpgMeravigliosa l’infanzia di ua bambina, una qualsiasi che è nata a Venezia; legata alla meraviglia di questa luce unica, tersa, variegata dai mille bagliori dell’acqua che languidamente accoglie queste isole e che rende un unicum, tra terra ed acqua, coscienziosamente e laboriosamente un insieme di stati; liquido e solido, per dare a chi la vive e a chi l’ha vissuta una serie di esperienze che nessuna persona che non le ha vissute sono comprensibili soltanto attraverso la fantasia.

Campo dei Gesuiti.jpgCampo dei Gesuiti a Venezia.jpgE in questa infanzia io ho avuto il privilegio di accostarmi a persone e a reltà che fanno parte viscerale del mio essere, e che creano nei miei ricordi una sorta di insieme fiabesco che mi ha arricchita e resa ancor più legata ai più piccoli particolari di un ambiente assolutamente unico, sia fisico che culturale.

Nei miei primi ricordi l’immagine, spiata da me e dalle mie sorelle di una donna, una donnina qualsiasi, piccola, magra, i VEcchia di Giorgione.jpgvecchiacon fuso.jpgcapelli ingrigiti , i vestiti lunghi e neri riparati da un grembiule grigio, che abitava a piano terra della casa in cui viveva mia nonna: La porta di ingresso, la penombra delle scale che alla sera diventava buio completo, e sulla destra, prima di salire i gradini alti e faticosi per le gambe piccole di una bimba, ecco una porta socchiusa:

Niente di meglio per attrarre la curiosità, ed ecco che, con il cuore in tumulto, la voglia di scappar via ed insieme di vedere, ai miei occhi appariva l’immagine di questa donna seduta accanto ad un camino che a me appariva enorme, ed al gancio appeso un paiolo che lei rimestava con un cucchiaio di legno, quasi assente, mentre nell’aria si spandeva un intenso odore di tabacco.

camino.jpgCucina%20veneta%201.jpgPer le mie sorelle e per me era l’immagine vera della strega, e così la chiamammo, rendendola in qualche modo oggetto delle nostre superstizioni, delle nostre fantasie e catalizzatrice delle nostre paure..la porta semichiusa, l’immagine, alla luce tremula della lampadina e l’intensa fiamma che scaldava il paiolo.

Per noi sorelle è rimasta “la Strega”, ma nei nostri cuori è stata l’emblema di un modo di vivere Venezia da persone sole, da donne sole che hanno saputo creare attorno a loro un’aurea di mistero..condivisa con quelle piccole giovani donne ( noi sorelle) attraverso la fessura Cucina%20veneta%202.jpgcamino2.jpgdi una porta di ingresso lasciata volutamente semichiusa, dall’ammiccare di un gatto a volte pacioso ed altre volte scontroso,  e riparata dalla vista degli indesiderati dalle foglie delle aspidistre che occultavano le finestre…quante emozioni ci donò quella “strega”, e quante fantasie..e credo strega al paiolo.jpggatto della strega.jpgAspidistra_elatior_pianta.jpgstreghe.pngproprio che ne fosse talmente cosciente da sorridere li, dove ora si trova, di questa complicità e di questa esperienza unica nella vita di una bambina veneziana!
Grazie “strega”!.

 

Le ali volanti di Venezia: cocài e magòghe!

gabbiani.jpggabbiani 1.jpgNon solo la vita acquatica, ma anche quella aerea rendono ancor più composito l’ambiente di Venezia: fantastici i cani i gatti i passeri, i colombi, ma anche una parte della popolazione “aerea” è caratterizzata, come tante città di mare, da diverse specie: le popolazioni fornite di ali si differenziano tra la città, il primo entroterra, e la laguna: questa ospita anatre, aironi, etc. mentre la città vera è sede di “abitazioni” di gabbiani.

coca.jpgcocae.jpgcocai.jpgMa non si tratta di un’unica specie: ci sono i “cocài” (cocàl al singolare) che è di stazza media, bianco e un pò grigio, volatili abbastanza tranquilli, non voraci come i “”magòga”, chiamato “gabbiano reale” è spesso più grande di una gallina, tutto bianco e con il becco giallo.

magoghe 1.jpgmagoghe.gifQuest’ultimi amano creare il proprio nido sui tetti dei palazzi più alti, il becco sempre rivolto al vento, quasi a controllare, con arrogante sicurezza, tutta la vita aerea dei cieli veneziani: non pochi passeri sono stati vittima dei loro becchi voraci.

I luoghi aperti , come la Riva degli Schiavoni o le Zattere, questi gabbiani, decollando dai tetti dei meravigliosii ed alti palazzi sfruttano le correnti d’aria che, che , sfruttando i venti della laguna che rimbalzano sulle facciate ricche ed decorate, formando un cudcinetto d’aria , volano in linea retta senza perdere un centimetro di quota, “galleggiando” sulla linea delle case e, come alianti, senza battere le ali.

50-gabbiani.jpgQuesto tipo di volo viene chiamato “in dinamica”, unendo a questa tecnica lo sfruttamento delle correnti d’aria calda che esalano dalle case e dal selciato e che salgono girando in torno , sempre con le ali distese e leggermente piegati verso il centro di questa corrente “termica”, in modo da fare un sorta di elica.

Tutti abitanti, residenti, essenze di questa città che, come ogni città di mare ha vissuto e continua a vivere questa meravigliosa realtà di un’essenza legata alla sua culla ,il mare ed i suoi abitanti naturali.

Desdemona, il suo palazzo e la casa di Otello!

Palazzo Contarini Fasan.jpgDesdemona_othello.jpgotello.jpgAl grande respiro del bacino di S. Marco davanti alla chiesa della Salute,  , oltre ai meravigliosi palazzi e ponti universalmente conosciuti, si aggiunge  un palazzo alto, riccamente ornato: si tratta del Palazzo Contarini-Fasan ( dalla grande passione del proprietario per la caccia al fagiano).

Questo palazzo è legato alla storia di Desdemona, raccontata da Shakespeare, il quale trasse l’idea dalla novella  “Il moro di Venezia” di G. B. Cinzio, tratta dalla sua raccolta Ecatommiti, nel 1565, un drammaturgo ferrarese morto nel 1573, che si rifece a sua volta alla storia del nobile veneziano Nicola Contarini, in prima linea contro i turchi per salvaguardare le proprietà della Serenissima.

Sembra che fosse scuro di pelle ( i Mori facevano parte della vita di Venezia), ed i matrimoni misti erano frequenti  nella nobiltà veneziana. Ma la storia , rispetto alla tragedia del grande commediografo inglese , finì con la morte del Contarini, che finì assassinato, mentre la bellissima moglie fuggì, prima di questo evento, trovando riparo dalla morbosa gelosia del marito presso la propria famiglia.

Palazzo Civran Grimani.jpgIn campo dei Carmini si trova quindi la casa del geloso “Otello”.

Storia, letteratura, racconti che non si sarebbero potuti scrivere se non ci fosse stata la storia vera di una Serenissima aperta, senza inutili provincialismi, già globale e libera da pregiudizi….la mia amata Venezia.

Feb 23, 2012 - Mestieri, Società veneziana    2 Comments

La famosa Theriaca di Venezia

imagesCADEY40V.jpgLa Triaca o Theriaca è stata considerata l’antidoto per eccellenza per combattere i veleni, soprattutto quelli di vipera.

Il nome deriva dal greco Therion usato per chiamare così gli animali velenosi.

Mitridate.jpgLa composizione di questo antidoto si rifà al contravveleno usato da Mitridate, il re del Ponto, il quale usava assumere giornalmente un pò di antidoto per diventare in seguito resistente a qualsiasi veleno. E fu proprio alla composizione di tale antidoto che si rifece Andromaco, il medico di Nerone, che aggiunse a questa ricetta la carne della vipera: nacque così la Theriaca Magna o  ” Theriaca Andromachi.

insegna per la triaca.jpgimagesCALZ19VN.jpgtriaca 2.jpg3 Triaca.jpgNel tempo la theriaca veneziana divenne famosa in tutto il mondo conosciuto (anche il Gran Kan della Cina volle ampolle di questo antiveleno), e famose furono le botteghe degli speziali che li componevano: Tre Torri, Allo Struzzo e Alla Testa d’oro. Testimonianza del valore di questa preparazione si può ricavare dalle memorie di Giacomo Casanova che, trovandosi ad Augusta in Baviera incontra e ospita più volte alla sua tavola una compagnia teatrale, la compagnia Bassi, e qui il capocomico, in segno di ringraziamento dona al celebre avventuriero , presentatosi come medico: ” un dono di prestigio, la famosa theriaca veneziana, che potrete vendere a due fiorini la libbra”.

La preparazione dell’antidoto a Venezia veniva fatta in pubblico assumendo quasi toni di festa. Tutt’ora, davanti all’antichissima Farmacia in Campo S. Stefano vi sono i segni degli incavi circolari dove venivano posti i mortai in bronzo, se vi capita andate e vedrete i solchi nei masegni.

Spezieri.jpgLe spezie che venivano usate erano il pepe lungo, il Phu (valeriana) l’oppio, il cinnamomo, lo zafferano, la mirra, il balsamo orientale e la malvasia (il vino) alcuni aggiungevano anche polvere di mummia.

lo speziale.jpgimagesCA8G8RMD.jpgLa possibilità da parte dello Spezier veneziano di ottenere facilmente gli ingredienti, visti i rapporti commerciali con l’oriente, rese questa scienza particolarmente famosa specialmente in europa.

Della triaca faceva parte  la carne di vipera raccolta sui colli Euganei, in un particolare periodo dell’anno, e veniva usata la vipera femmina ma non gravida.

Come ho detto, a Venezia la preparazione veniva fatta pubblicamente, alla presenza comunque dei “Ministri di Giustizia Triaca 3.jpge dei Signori Dottori del Collegio dei Periti dell’arte dello Spezier e dei molto nobili apparati”.

imagesCABIWF80.jpgimagesCA2LW3XI.jpgimagesCABS3LOI.jpgDiversi Spitali di altre  città, come Camaldoli e MIlano mandarono qui i loro speziali per imparare, specialmente da quello che era considerato il più competente di tutti: Giorgio Melichio, proprietario della Teriaca Lo Struzzo, il quale nel 1591 scrisse: Avvertimento di compostazione de’ medicamenti per uso dello Spezier.

A Venezia comunque le farmacie erano considerate veri e propri luoghi di culto.

Inizialmente l’arte venne considerata una vera e propria confraternita con uno statuto unico; fu solo nel XIV secolo che si divisero di due rami: gli spezieri da medicine e gli spezieri da grosso o venditori di spezie.

Simbolo della Triaca 1.jpgimagesCAKFK8OW.jpgteriaca.gifLo speziale si impegnava con un giuramento solenne a “non dare  nè a far dare  ne insegnare a fare medicine velenose.

La vendita dei veleni fu limitata alle due spezierie principali di S. Marco e di Rialto, e solo dietro la presentazione della bolletta rialsciata dai Giustizieri Vecchi, che ne dettava la qualità, la quantità e le varie caratteristiche.

Le farmacie, più che un luogo di vendita di medicinali erano un vero e proprio ritrovo, ove i nobili discutevano e si confrontavano.

La storia dele spezierie veneziane è importante per comprendere come questa civiltà si rapportò alle Farmacia_san%20servolo.jpgFarmacia_san%20marco.jpgaltre culture completamente diverse, con l’intento di trarne il meglio  e di acquisire le spezie Farmacia_insegne.jpge le merci più originali  e rare per il proprio mercato Farrmacia.jpgfarmaceutico.
Di come con esse abbiano affinato le proprie conoscenze scientifiche  e terapeutiche per servire la Serenissima e renderle il meritato onore.

 

L’affascinante e dissoluto mondo di Giacomo Casanova: il gioco d’azzardo!

Casanova.jpgridotto a Venezia.jpggiocatori.jpgDalla seconda metà del 1400 nacque a Venezia, nei suoi Casinò o ridotti, uno dei primi giochi d’azzardo, discendenti dal “biribiss”, un misto della lotteria e della roulette , e chiamato “basseta”; questo era un gioco il%20gioco.jpgcarte da Faraone.jpgestremamente d’azzardo, in cui venivano utilizzate cinque carte “italiane”, e lo scopo era di indovinare l’uscita delle successive carte tra  più basse o giocatrici.jpgpiù alte. Si racconta che tale gioco venne poi portato in Francia dall’ambasciatore della Serenissima Giulio Ascanio Giustiniani nel 1674, per poi dilagare in tutta Europa.

A Venezia, culla delle case da gioco valeva il detto: al mattino una messeta, dopo pranzo una basseta, dopo cena una donneta! ( messa, bisca e amante). Questo divenne lo spirito e la consuetudine della Serenissima nel 1700, gli anni di Giacomo Casanova, giocatore incallito e inventore del gioco del lotto ridotto del Guardi.jpgCasanova 1.jpg     che venne divulgato in tutta Europa.
In ogni Ridotto, in ogni gondola coperta dal suo felze e attigua in laguna ad altre gondole venivano fatte puntate su numeri, su carte in raduni concordati per coltivare questa abitudine che faceva parte delle abitudini e delle “febbri” dei veneziani, abbienti o no, che vivevano queste consuetudini coltivando speranze di vincita.

Giacomo Casanova stesso testimonia nelle sue memorie la consuetudine al gioco del “Faraone” , in gioco d'azzardo.jpgRidotto_pietro_longhi_Venezia.jpgcui , rispetto ad un numero illimitato di giocatori uno teneva il banco ed in base alle sue carte c’era chi poteva vincere e chi no!  naturalmente tutto ciò era soggetto ad imbrogli e all’opera di bari, ma la vertigine della giocata era molto, molto più forte!.

E’ suggestivo raccogliere le testimonianze di giocatori di così alto livello come appunto Giacomo Casanova, personaggi assai discutibili, fCasanova-1.jpgurbi, disincantati..abituati ad affrontare il destino, ad affrontare le conseguenze del proprio spirito distaccato ed avventuroso…………in un’epoca in cui i costumi erano molto liberi e una notte passata a giocare diventava il divertimento consueto dei nobili ed anche delle corti europee!

Un’invenzione tutta veneziana: la Cassa Peòta.

Ville-Venete-da-Stra-a-Malcontenta-la-Riviera-del-Brenta-andrea-palladio-tiepolo-mira-3-550x365.jpg1203601812villa-malcontena.jpgI nobili veneziani passavano normalmente le loro vacanze estive in ville che facevano costruire lungo il fiume Brenta, o lungo il fiume Sile, ( descritte sapidamente da Goldoni con commedie come “le smanie della villeggiatura”) e si alternavano in visite reciproche, chiacchierando, sparlando e amoreggiando!

Ma tutte le popolane veneziane cercavano di divagarsi, almeno un giorno una volta l’anno Carlo_Goldoni.jpgCampoielloi.jpgPeota%20nella%20regata%20del%201628.jpgcon gite n barche chiamate “peòte” che risalivano i fiumi, concedendo il divertimento di una gita in luoghi aperti e ricchi di verde…la campagna appunto: queste gite venivano chiamate “garanghelli”: il termine garanghello venne chiaramente spiegato proprio dal fantastico Carlo Goldoni attraverso Anzoleto, nel mitico Campiello: Ghe lo spiegherò mi: se fa un disnar: “uno se tol l’insulto de pagar e el se rimborsa dopo delle spese a vinti soldi o trenta soldi al mese.”

peota.jpgCerto erano donne che non avevano molti mezzi, per cui, per finanziare questi svaghi inventarono un sistema geniale e profiquo per poter risparmiare denaro: La cassa peòta. Era un’organizzazione in cui veniva designata una cassiera la quale versava una piccola somma  iniziale, veniva quindi stabilita una quota che le componenti della Cassa dovevano versare per formare il capitale iniziale di questa piccola “banca”.

Ogni socia era poi impegnata a chiedere un prestito dalla Cassa, restituibile in rate settimanali entro circa sei mesi, versando un piccolo interesse, fianziandosi così il sospirato “garanghello” o per utilizzare la cifra per spese impreviste o per piccole spese voluttuarie e contribuendo ad umentare il capitale della Cassa; qualora non avessero avuto disponibilità sufficiente di denaro per la rata, veniva pagata una piccola multa, per restituire quanto dovuto in seguito.

Campoielloi.jpgLe riunioni in cui venivano consegnate alla Cassiera le rate o le multe tutte le componenti della Società mangiavano e bevevano in compagnia. Alla fine dei sei mesi i  denari ricavati dagli interessi e dalle multe venivano spesi per gite o per pranzi gioiosi in cui tutte si divertivano, in attesa di riprendere questo ingegnoso sistema per finanziare svaghi o per affrontare momenti particolari di necessità.

Le Casse Peòte sono continuate per secoli e dimostrano l’inventiva, lo spirito pratico e le capacità manageriali dei veneziani,  specialmente delle donne che erano le vere amministratrici dei salari dei mariti e con loro volevano comunque godere dei piccoli piaceri della vita, donne consapevoli del proprio acume, allegre e fornite di inventiva e intelligenza!

 

 

Colori a Venezia

imagesCAD5I2S4.jpgTiontoretto.jpgTiziano.jpgGiorgione.jpgVenezia, nel 500 e nel 600 era una città tutta colorata ed affrescata esternamente. I pittori più famosi come Giorgione, Tiziano, Tintoretto e Paolo Caliari detto il Veronese avevano decorato e dipinto le facciate dei palazzi, le pareti, i portali delle chiese.

Fondaco 2.jpgInterno fondaco dei Tedeschi.jpgFondaco dei Tedeschi.jpgPurtroppo ora non è rimasto nulla di tutto questo, salvo alcune decorazioni nel fondaco dei Cà d'oro 1.jpgTedeschi (animali, angeli, colonne, teste, corpi e trofei) e del chiostro di S. Stefano, che sono ora ricoverate presso la Cà d’Oro.

Campo S. Stefano.jpgIl Campo S. Stefano era tutta una scenografia ripresa sulle facciate, tre dipinte dal Giorgione, Palazzo Loredan.jpgPPalazzo Barbaro.jpgbellavite .basso S. Maurizio.jpguna con gli affreschi del Tintoretto, il Palazzo Loredan dipinto  dal Salviati e Palazzo Barbaro Baffo decorato da Sante Zago e Palazzo Morosini dall’Allense..

Quei due secoli sono stati un brulicare di dipinti, di decorazioni, una Venezia appunto tutta colorata e scenografica.

casa del Giorgione.jpgIl primo a dipingere la propria casa a S. Silvestro fu il Giorgione, che poi decorò il Fondaco dei Tedeschi, nani-barbaro.jpglasciando una facciata al Tiziano che vi raffigurò la Giuditta e un compagno di Calza.

imagesCAZZ39IB.jpgPalazzo Soranzo.jpgPisani Gritti.jpgGiorgione si prodigò anche per il Pisani-Gritti ed il Soranzo, ma il primato di pittore più prolifico spetta al Tintoretto, che affrescò una dozzina tra case e palazzi: il più noto è il Palazzo Soranzo dell’Angelo, dove raffigurò una battaglia tra cavalieri.

Palazzo Erizzo.jpgPalazzo Cappello.jpgIL Pordenone affrescò invece il Chiostro di S, Stefano, con scene tratte dai due Testamenti, mentre il Veronese decorò Palazzo Erizzo, Bellavite, Cappello e Nani-Barbaro. Dei grandi murales antelitteram di cui ora, a quattrocento anni di distanza, si cerca di recuperare quel poco, anzi pochissimo che è rimasto.

Solo immaginare lo scintillio dei vari colori riflessi sul Canal Grande, le figure dipinte con maestria, tutto, in questa nostra città era motivo e forma d’arte: uno scenario straordinario di cui tutti i veneziani facevano parte, come i personaggi di un quadro di Canaletto, con la loro gioia di vivere, il loro entusiasmo e la loro capacità di creare un’unico, meraviglioso dipinto: qualcosa di questi colori è comunque rimasto, anche se i bagliori dell’acqua riflessa sui vetri molati, sulle decorazioni d’oro già da sole possono cambiare e rendere unica la luce che inonda questa straordinaria città – Repubblica.

 

 

 

 

 

 

 

 

Le vispe vecchiette veneziane: foresto e baìcoli

vecchina.gifvecchie erbivendole.jpgI veneziani conservano nella propria memoria l’immagine delle nonne o bisnonne: vecchiette con il viso fresco, con lineamenti ancora belli, gli occhi sempre vivi, i capelli bianchi raccolti in crocchie sulla nuca. E le vecchiette veneziane vivevano, almeno fino agli anni sessanta, un realtà fantastica, retaggio dell’essere donna delle veneziane, vive, brillanti, guduriose e aperte al mondo.

AL mattino, verso le dieci, ecco che le nonnette aspidistre.jpggatto-venezia.JPGuscivano dalle proprie case in cui imperavano i “rami” (pentole di rame luccicanti e sempre curate dalle loro mani rapide e laboriose) dopo aver aperto gli oscuri alla luce del sole che veniva in qualche modo nascosto dalle aspidistre sui balconi, utilizzate, specialmente per i piani bassi, per impedire la vista dell’interno ai curiosoni che passeggiavano in calle., A dar la mano alle aspidistre c’erano i gatti, che gareggiavano con queste piante per catturare i raggi del sole, e si impigrivano li, con il loro sguardo enigmatico, seguendo con sonnolento interesse tutto ciò che avveniva nel campiello o nella calle, leccandosi ogni gatto su davanzale.jpggatto Venezia.jpgtanto, con aria distaccata, per poi cambiare leggermente posizione: nulla sfuggiva ai loro occhi!

Ed ecco che le vecchierelle, avvolte nei loro scialli neri, di lana grossa o di seta, secondo la stagione, si avviavano verso Rialto…dire Rialto voleva dire mercato. Prima però di raggiungere la meta prefissata c’era una tappa obbligatoria: vecchie al mercato.jpgcaschimpetto.jpgl’osteria o la pasticceria dove, adornate dal loro caschimpetto d’oro (lunga collana di maglia d’oro con in genere una croce come pendaglio), i “recìni” ( gli orecchini) in genere con rosette di diamanti, ornamenti perfetti che facevano concorrenza alle scìone, classici anelli d’oro veneziani, si fermavano a prendere il marsala (chiamata foresto, perchè vino proveniente da lontano) in cui intingevano i baìcoli, classici biscottini veneziani.

Poi, ciacolando (chiacchierando) sciamavano come api laboriose verso i vari banchetti della orecchini scìone.jpgbaicoli.jpgfrutteria o della pescheria, donne cariche di anni si, ma anche cariche di vita, di allegria, di gioia: i veneziani conservano nella loro memoria l’immagine di queste donne straordinarie, uniche, aperte al mondo, allegre…ora sono rimaste le loro nipoti e pronipoti, che hanno sostituito al marsalino e baìcoli lo spritz, rigorosamente all’aperol, ma sempre donne che non hanno avuto bisogno di vivere il 68 per sentirsi libere, autonome senza ipocrisie e senza remore, donne bellissime e vive, di cui mi sento felicemente nipote, non so se degna…ma l’esempio insegna!

 

 

Venezia ed i suoi gondolieri!

i remeri.jpggondolieri.jpgDapprima definiti barcaioli quando la gondola divenne il mezzo di trasporto più usato dai ricchi e nobili veneziani,  venne coniato il termine “gondolieri”. Ogni famiglia aristocratica aveva fra i suoi dipendenti il “gondoliere de casàda”, che era ben pagato e che comunque era stabilmente a disposizione in ogni ora del giorno e della notte . Si prendeva cura della Remeri.jpgtraghetto 3.jpggondola, e conosceva segreti  ed incontri di ogni componente della famiglia, comprese le relazioni ed i vizi ( gli incontri romantici avvenivano spesso sotto il “felze” chiuso, con soltanto un lumicino a rischiarare gli amanti clandestini e i giocatori incalliti).

Altri gondolieri invece si dedicavano al traghetto, trasportando da una riva all’altra del “Canalazzo” mercanti ed avventori, artigiani e lavoratori.

S.Silvestro.jpgAlla-chiesa-di-San-Silvestro-Papa-a22869037.jpgBarcaioli e gondolieri si ritrovavano sotto ua medesima organizzazione, chiamata “Fraglia dei barcaioli” (fratellanza dei barcaioli), che era suddivisa al suo interno da varie faglie di traghetto, ed i loro rappresentanti venivano chiamati “gastaldi “, i quali dovevano tenere i conti della fratellanza e presentarli alle autorità, oltre a far rispettare le regole stesse della fraglia.

La Mariegola (insieme di regole che guidavano le confraternite di tutti i mestieri) definiva ad esempio le disposizioni per il soccorso ai gondolieri poveri o malati, le varie tariffe sui trasporti, o le disposizioni in materia di ordine pubblico.

canaletto 1.jpggondolieri.jpgLe fraglie avevano anche il compito di affittare i “posti barca” ai gondolieri, e per questo dovevano pagare una piccola tassa  allo Stato, chiamata “insensibile”, e contribuire alla manutenzione ed allo scavo dei canali; la categoria inoltre doveva garantire una sorta di “protezione civile”, ed alcuni dei suoi membri erano autorizzati a portare armi con licenza del Consiglio dei Dieci.

Vittore_Carpaccio_002.jpggondoliere.jpggondliere.jpgLa corporazione dei gondolieri aveva come Scuola la chiesa di S. Silvestro, sotto la protezione di S. Giovanni Battista, luogo di riunione per discutere delle tariffe, delle assunzioni e della vita sociale della categoria, ed il mestiere generalmente era trasmesso di padre in figlio.

Mestiere unico ed i suoi protagonisti immortalati da grandi pittori in una realtà che era ed è unica al mondo: uno Stato che ha fatto partecipe della propria vita e della propria crescita ogni persona ed ogni categoria, creando una coscienza civile che non è sicuramente comune in qualsiasi altro Stato nel mondo. Fantastica Serenissima!

 

Pagine:«1...12131415161718...24»