Il più grande narratore ed interprete della Venezia del 700 nacque nella Serenissima il 25 febbraio del 1707, e morì a Parigi il 6 Febbraio 1793.
Figlio di Giulio Goldoni e di Margherita Salvioni andò a vivere a Perugia dove il padre faceva il medico e studiò Filosofia a Rimini.
Scelse di laurearsi a Padova in Legge a causa dell’improvvisa morte del padre, quindi tornò a Venezia, intraprendendo la carriera forense.
Nel 1734 incontrò a Verona il Capocomico Giuseppe Imer, e, attratto com’era dal Teatro, ottenne dal ” San Samuele” di Venezia di scrivere i testi per il Teatro della famiglia Grimaldi. Stando a seguito della Compagnia della Commedia dell’Arte incontrò Nicoletta Conio, e la sposò.

E qui ebbe inizio la sua avventura di narratore di Venezia, della venezianità, del sapido gusto per la battuta pronta, della valorizzazione della donna che nella Repubblica era rispettata e tenuta in considerazione.
La prima commedia che scrisse per il Teatro San Samuele fu il Momolo Cortesan, a cui fece seguito ” La donna di Garbo”.Dopo l’abbandono della città per via dei debiti che aveva accumulato, potè rientrare nel 1748, ed iniziò a scrivere commedie come; L’uomo prudente, la Vedova Scaltra, La putta onorata, La buona moglie, La famiglia dell’antiquario ecc.
Ebbe modo di realizzare diverse Commedie per i Teatro Comico come: La Bottega del Caffè, ed altre. Non voglio fare un elenco di titoli, enorme e ricco, ma volevo soffermarmi sulla sua capacità di descrivere la realtà di una Venezia e dei veneziani, scritta con il linguaggio che i 

veneziani usavano tutti i giorni, e di utilizzare varie situazioni che si potevano riscontrare quotidianamente: meravigliose la sua “Bottega del Caffè”, il ” Campiello” le Baruffe Chiozzotte, scritte nel periodo in cui ha vissuto a Chioggia,” Una delle ultime sere di Carnevale” ma in assoluto il suo descrivere la donna veneziana, il suo “morbin”, cioè quella vivacità di rispondere battuta a battuta, di sapersi destreggiare con le avances degli uomini, non facendo le bacchettone, ma districandosi con tatto, vivacità ed allegria, dando all’uomo stesso la sensazione di essere comunque conquistato e gradito: ” e lor Signori ancora profittino di quanto hanno veduto in vantaggio e sicurezza del loro cuore, e quando mai si trovassero in occasione di dubitare, di dover cedere, di dover cadere, pensino alle malizie imparate, e si ricordino della “Locandiera”, queste sono
le parole di Mirandolina, la protagonista di questo capolavoro.

Nelle sue commedie furono utilizzati i personaggi della Commedia dell’Arte, ma non come improvvisatori (come Antonio Sacchi, che nell’Arlecchino, servitore di due padroni intepreta Truffaldino) ma gli attori iniziarono allora a seguire un testo, una trama ben precisa.
Le sue maschere preferite furono Pantalon de Bisognosi, Arlecchino e Brighella, che esprimevano proprio le varie sfaccettature dei personaggi che vivevano a Venezia, e che ne formavano il tessuto sociale.

Goldoni si espresse anche come librettista per opere serie, Come “Gustavo I° Re di Svezia, musicata da Galuppi, allievo di Benedetto Marcello e nato a Burano nel 1706, ed altre, mentre molte furono le opere giocose, sempre musicate dal Galuppi, come ” Il mondo alla roversa ossia Le donne che comandano” o il Paese della Cuccanga. Tra Galuppi ed altri musicisti scrisse circa 45 libretti di opere giocose, e quattro di opere drammatiche.
Da non dimenticare la triologia della Villeggiatura, gustosa e sapida “testimonianza” dei personaggi veneziani nelle ville della Riviera del Brenta.
Il suo nemico feroce ed estremamente critico fu Carlo Gozzi, che lo accusava di volgarizzare e di distorcere la realtà veneziana, ma i veneziani, in cuor loro, sapevano e sanno benissimo che questo testimone, narratore..ironico, divertente ha colto l’anima di quella città e di quell’epoca, che comunque per alcuni versi rimane tale e quale ancor oggi…ad esempio LE DONNE VENEZIANE.

Dall’alto della sua statua, in Campo San Bartolomio, egli sorride a coloro che passano, magari con un colombo sul tricorno, ed ogni veneziano che passa li sotto, in cuor suo, gli sorride complice e gli strizza l’occhio!”