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Ott 18, 2012 - Arte e mistero, Luoghi    Commenti disabilitati su Il mistero della stella di S. Apollonia

Il mistero della stella di S. Apollonia

067_presentazione_01.jpgimagesCATGCJK7.jpgimagesCAL9A0CL.jpgimagesCAL4WDAM.jpgNel 1962 fu rinvenuta tra le fondazioni dell’Abside Maggiore della Basilica di S. Marco una lastra di pietra scolpita.

Immediatamente fu evidente a tutti l’importanza del ritrovamento. La lastra comunque venne portata nel lapidario del Chiostro di S. Apollonia a Castello, sede del museo diocesano d’arte sacra.

Solo recentemente, nel 2004, lo studioso inglese Andrew Chugg, a conclusione di un lavoro interessante e documentato sulla tomba di Alessandro Magno che è andata perduta in Macedonia, ha imagesCA5TWBFG.jpgimagesCAPOC9M0.jpgimagesCAW9JY1G.jpgproposto la tesi secondo cui la lastra di S. Apollonia sarebbe la prova simbolica e materiale che nella Basilica di S. Marco riposino assieme le spoglie dell’Evangelista e quelle del condottiero macedone.

La lastra sarebbe una parte del coperchio della tomba perduta, trasportata ad Alessandria nel IX secolo insieme al suo contenuto, in occasione del trafugamento del corpo di S. Marco, per poi essere trasferita con le spoglie dell’evangelista alla Basilica.

stele con inscrizioni riguardanti la casata Argheade.jpgstella argheade.jpgStella e casata argheade.jpgimagesCAI17LYR.jpgimagesCA4PQ44W.jpgIn effetti sulla pietra è scolpita la stella argeade, emblema della casata di Alessandro il Grande .thumb_src_santa_apollonia.jpgimagesCAFKKUEP.jpgNaturalmente sono tutti studi ed ipotesi, a cui si aggiungono un po? alla volta anche esperimenti scientifici, prove e riprove.  Si presume che  il reperto  sia relativo ad Alessandro Magno ,ma se fosse  relativo a qualche altra opera, fa pur sempre parte di un patrimonio archeologico che fa parte integrante di Venezia, imagesCAV9TTTF.jpgancora tutto da capire e da studiare, così come le cripte di San Marco e i loro tesori ancora da inventariare. Ne parleremo presto!

Le Botteghe del Caffè a Venezia

imagesCA755EXM.jpgVenezia, antesignana in tutte le sue novità, importò per prima il caffè dalla Turchia.

La prima bottega del caffè che sorse a Venezia fu il Caffè Quadri, nella prima metà del 700, e si distinse per la preparazione della bevanda alla turca, richiamando così una grande quantità di clienti provenienti da qualsiasi nazione.

Accanto al Quadri sorgeva il Lavena, e qui si davano appuntamento per sorseggiare una tazzina della squisita bevanda imagesCABLIQ62.jpgContessa CaSATI.jpgmusicisti, come Richard Wagner, o intellettuali, come D’ Annunzio, spesso in compagnia della Contessa Casati, che portava con sè un leopardo al guinzaglio.

codega.jpgimagesCANBJO0A.jpgimagesCAB4XVYW.jpgimages.jpgQui sostavano i gondolieri ed i “codega” cioè i portatori di lanterne incaricati di accompagnare a casa i clienti; l’illuminazione pubblica fu realizzata solo nel 1732.

imagesCAO44MAS.jpgEd ecco infine “Alla Venezia Trionfale” di Floriano lUISA cASATI.jpgFrancescotti,  chiamato da tutti Florian,  e così si chiama tutt’ora. Il nipote di Caffè Florian.jpgFlorian.jpgimagesCAM8XT71.jpgFloriano, imagesCAF4ATKP.jpgValentino, fu grande amico del Canova, che, quando era a Venezia, veniva a sedersi qui e a passare qualche ora in buona compagnia.Fu anche la prima bottega del caffè dove potevano entrare le donne.

Al Caffè Florian nacque la Gazzetta Veneta del Conte Gaspare Gozzi, che praticamente teneva qui la sua redazione ed anche il centro di diffusione.

Con lui spesso il fratello, uomo segaligno e spesso triste, Carlo Gozzi, che fu uno dei pilastri dell’Accademia dei Granelleschi, denunciò spesso il cattivo imagesCAZZYE8C.jpgimagesCAZ8XDB6.jpggusto dei costumi letterari e fu fiero oppositore e denigratore di Carlo Goldoni, che definì il “borghese”.
Scrisse le fiabe teatrali “L’amore delle tre melarance”, il “Re Corvo”, la “donna serpente” e la Turandot. Nel corso dell’800 venne frequentato  da Lord Byron, Foscolo, Goethe, Marcel Proust, Russeau, Stravinsky, Modigliani e Riccardo Selvatico.

Straordinaria fu la diffusione di questa bevanda tratta da una semente chiamata “Kahvè”, giunta da Costantinopoli nel 600. E dalla prima bottega, nata sotto le Procuratie in piazza S. Marco nel 1683,già nel 700 se ne contarono ben 34 sparse per tutta Venezia.

imagesCA68Z2OJ.jpgimagesCARQYE18.jpgimagesCALFO00M.jpgimagesCA544GZP.jpgCarlo Goldoni nella sua “Bottega del Caffè” ne  descrive lo spirito, l’aspetto conviviale, il punto di riferimento per incontri, pettegolezzi, quello spirito tutto veneziano, godereccio che è diventato un centro di aggregazione sociale, rimasto tutt’ora un’ abitudine per le vecchie signore che al mattino,  prima delle passeggiate o delle commissioni, si fanno quatro ciàcoe sorseggiando una tazza di caffè corretto, o bevendo un marsalino in cui intingono un baìcolo.

 

L’artigianato e l’arte del 700 a Venezia, sguardo all’interno della vita quotidiana

lampadario.jpgLa progettazione dei mobili veneziani del settecento è rinomata sia per le leggere opere di intaglio, gli stucchi rilevati e dorati e soprattutto per lo splendido colore delle lacche nella delicata eleganza della forma.

lampadaro Murano.jpgSi qualificò quindi una produzione artistico-artigianale varia e vastissima, che comprendeva mobili veneziani.jpganche i settori più rinomati dell’epoca, come i vetri di Murano candelabri.jpg(lampadari e candelabri colorati, specchiere con vetri intagliati e incisi, paralumi con cristalli decorati, coppe, vasi, calici, piatti, vassoi e alzate di ogni tipo) tenuti in grande onore dalla stessa REpubblica  che “menava vanto della superba produzione veneziana” protetta dai vincoli e privilegi dei Savi alla mercanzia e agli Inquisitori delle Arti.

specchiera.jpgdivano del 700.jpg200px-Albinoni.jpgLa produzione artigianale del settecento a Veneza specchiera ovale.jpgprese l’aspetto di un fenomeno spontaneo come fosse cosa fatta naturalmente, che non conosceva stacchi tra tecnica e tecnica, genere e categorie diverse: una fioritura legata all’atmosfera della città, alla selezione severa ed inappuntabile del gusto, alla precisa percezione degli accordi armonici, delle dosature dei colori e dei rapporti tonali, entro il ritmo sicuro impresso alla forma, con un’esatta misura delle linee e dei contorni, come avvenne con tanta limpidezza nelle musiche di Vivaldi ed Albinoni, tanto per citare due importanti artisti dell’epoca.

broccati del 700.jpgEd al mondo dei pittori, specialmente di Pietro Longhi (grande amico di Goldoni) l’artigianato veneziano si riferiva, con l’eleganza spirituale nell’ordito di un disegno, di un broccato, di una specchiera inghirlandata, di un lampadario splendente per i cristalli colorati ed iridesceni.

Famiglia Sagredo, Museo Querini Stampalia.jpg4%20pietro%20longhi%20-%20il%20sarto.jpgE Pietro Longhi, nei suoi interni, nei suoi salotti, nei ritratti di famiglia ci fa entrare in questo particolare mondo, in questo particolare modo di assaporare quest’arte-artigianato che ha configurato un’epoca, ed ancora la caratterizza.

Ed ecco i suoi personaggi, quasi sempre in posa, da cui traspare quasi un’uggia sottile nel sottostare all’apparato della disciplina dell’onorata convivenza in società,  attorniati da un ambiente in penombra tra le stoffe rasate delle pareti, il grande sofà di fondo, la poltrona, la tenda coronata dalla “buonagrazia”, il quadro antico, lo specchio con cornice dorata, il caminetto sul quale brilla il vetro soffiato di Murano, le chicchere del caffè e della cioccolata.

Pietro Longhi 1.jpgTra Pietro Longhi ed il commediografo Carlo Goldoni si può notare una analoga ispirazione, commentata dallo stesso Goldoni nel sonetto scritto nel 1750 in occasione delle nozze tra Giovanni Il farmacista-Gallerie dell'Accademia.jpgIl Parrucchiere - Cà Rezzonico.jpgLa Toeletta Cà Rezzonico.jpgLezioni di Geografia Querini Stampalia.jpgGrimani e Caterina Contarini: ” Longhi, tu che la mia Musa sorella chiami del tuo pennel che cerca il vero, ecco per la tua man, per mio pensiero, argomento sublime, idea novella.Ritrai tu puoi vergine illustre e bella e dolce di viso  e portamento altero; pianger puoi  di Giovanni il ciglio arciero, che il dardo scocca alla gentil donzella. Io canterò di lui le glorie e il nome, di lei la fè, non ordinario vanto: e divise saran tra noi le some. Tu coi vivi colori, ed io Carlo Goldoni.jpgcol canto: io le grazie dirò, tu l’auree chiome: e del suo Amor godran gli sposi intanto|”.

Ago 29, 2012 - Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su La Prima Lotteria

La Prima Lotteria

saturnalia.jpgGià prima dell’invenzione del gioco del lotto, molti secoli prima di Cristo gli Egizi ed i Caldei amavano giocare a sorte. Anche a roma, durante i Saturnali di Dicembre venivano organizzate estrazioni di un numero tra quelli distribuiti ai partecipanti su tavolette di legno.

lotteria.jpgstoria_lotto_img03.jpgsala dei Pregadi.jpgConsiglio dei Pregadi 2.jpgNel 1522 a Venezia venne realizzata dal Consiglio dei Pregadi, l’antico Senato Veneziano la prima lotteria, il cui montepremi era un lotto di immobili, ed era chiamata “Lotto del Ponte di rialto”, ed il valore del premio ammontava a circa centomila ducati, una membro del consiglio dei pregadi.jpgfortuna per l’epoca.

Si poteva partecipare all’estrazione acquistando “bollettini” al prezzo di due scudi particolare del gioco del lotto.jpgciascuno.

Il ridotto a Venezia.jpgCasin dei Nobili a Venezia.jpgCase da gioco a Venezia.jpgNormalmente le lotterie erano posizionate nei Campi e poste sopra a dei baldacchini. Veniva scelto un bambino che si bendava e che aveva il compito di estrarre i numeri per la vincita dei premi messi in palio.

Nel 1638 la Serenissima inaugurò la prima Casa da gioco pubblica che venne chiamata ” Ridotto” e veniva anch’essa gestita e controllata dallo Stato. Con le leggi promulgate dal Governo Veneziano si cercava di arginare l’illegalità del gioco d’azzardo e di controllare i pubblici Ridotti “Casini”.

Il ridotto di Joseph Heinz.jpgil Ridotto a Venezia 2.jpggente del 700.jpgCasin dei Nobili a Venezia1.jpgIl gioco nel passato era lo svago che faceva parte integrante della vita quotidiana, ed era praticato con le carte ed i dadi nelle hostarie per quanto riguardava il popolo. Per i Nobili Ridotto.jpginvece il gioco si effettuava all’interno di Palazzi denominati Casini dei Nobili.

Casinò di Venezia entrata.jpgCasinò di Venezia.jpgCà Vendramin Calergi.jpg Nel 1780 nacque il Casinò di Venezia, a Palazzo Vendramin Calergi, sontuoso e riccamente decorato ed ammobiliato. Tutt’ora il Casinò Municipale di Venezia è per classe, per cornice e per fama uno dei più importanti Casinò del mondo.

 

Ago 22, 2012 - Luoghi, Società veneziana    Commenti disabilitati su Nizioleti a Venezia

Nizioleti a Venezia

foto2calledellafava.jpgA Venezia la toponomastica è veramente particolare: le Calli sono strade strette, le salizzade sono strade che erano pavimentate, nei tempi in cui esistevano i campi coltivati e la città non era ricoperta dai” masegni”; poi ci sono i Rio Terà, canali che erano stati interrati, le rughe, cioè le strade (da Rue), e le fondamente, quelle strade che costeggiano i canali.

I nomi poi sono veramente particolari, e legati a determiate caratteristiche dei ponti, delle calli e altro, ed i nomi sono scritti sui “nizioleti” delle targhe dipinte di bianco sui muri delle case.

Calle dei Assasini.jpgsottoportego del Dioavolo.jpgCorte del Diavolo.jpgEsistono per questi motivi la Calle dei Fabbri, la Calle delle Ostreghe (dove probabilmente c’era un bacaro dove si potevano gustare le ostriche, il ponte de le Tete, di cui già ho parlato,la Calle degli Avvocati, la corte ed il Sottoportego del Diavolo, che, come la Calle ed il Rio Terà dei Assasini doveva fare particolarmente paura magari per l’oscurità dei luoghi.

imagesCAJC2XDY.jpgDonna-Onesta.JPGnizioletocalledellafava.jpgRiguardo invece il Ponte, la Calle e la fondamenta della donna onesta si raccontano quattro versioni; due amici, mentre attraversavano il ponte stavano discutendo sulla fedeltà delle donne ed il più cinico disse all’altro: Sai qual’è l’unica donna onesta, quella li, e così indicò il volto di marmo  scolpito di una donna, tuttora inserito nel muro di una casa vicina al ponte.

Ponte, calle e fondamenta della donna onesta.jpgUn’altra ipotesi parla di una prostituta, probabilmente una “cortigiana onesta” che abitava li vicino. Altri invece raccontano di una donna, moglie di un maestro spadaio , di cui si innamorò un giovane patrizio che per intrufolarsi in casa della donna ordinò al marito una daga, allora chiamata “misericordia”. Dopo qualche giorno, con la scusda di vedere a che punto fosse l’opera si fece aprire la porta dalla donna che in quel momento era sola, e le usò violenza. Sopraffatta dal dolore per essere stata disonorata, e temendo che il marito, per vendicarsi, uccidesse il patrizio, la povera donna si uccise con la daga.

Forse, molto più semplicemente, in quella zona abitava nel 1537 una donna di nome “Honesta”, come riportano le cronache dell’epoca.

ponte delle maravege.jpgAnche il Ponte delle Meravegie deve il suo nome a quello di una famiglia ” Maraviglia”che risiedeva nerlla casa all’angolo: viene ricordata una certa Belisandra Maraviglia sorella di Giovanni, segretario del senato e moglie di Pietro Albino, gran cancelliere di Cipro, morta erociamente nella guerra contro i Turchi nel 1570, dopo aver dato fuoco a navi e a munizioni nemiche.

La leggenda collegata invece racconta che di fronte al Ponte abitasse una famiglia con sette figlie, sei belle ed una, Marina , non certo bella. La casa era frequentata da un giovane barcaiolo, che un giorno si ammalò. Si convinse allora che la causa della sua malattia fosse la maledizione della giovane, brutta donna; un venerdì santo decise di andare in quella casa, sapendo che Marina sarebbe stata sola, per vendicarsi di lei. Ma quando fu sul ponte si fermò, meditando su quello che stava facendo, ed allora vide attraverso i vetri della finestra la ragazza inginocchiata davanti ad un Crocefisso. Alzò per un attimo gli occhi al cielo e scorse sei stelle fiammeggianti disposte a forma di carro, ed una settima, più piccola e fioca che le precedeva.  Ma subito dopo, quelle più luminose persero la loro luce l’unica stella rimasta cominciò a diventare sempre più vivida.

Accantonato ogni proposito di vendetta dopo la visione meravigliosa, il giovane entrò in casa della ragazza e scoprì che Marina, segretamente innamorata di lui, pregava il Santissimo perchè facesse ammalare e morire lei e non il suo amato.

Da allora il  giovane barcaiolo si innamorò della ragazza, e riacquistata la salute sposò Marina.

Sottoportego del Casin dei Nobili.jpgsottoportico del Casi9n dei Nobili.jpgIl sottoportego, il Ponte il Rio e la Fondamenta dei dai traggono il loro nome da dadi, probabilmente utilizzati o venduti in questo luogo. Esistevano leggi dal 1200 che proibivano di giocare ai dadi sotto il portico della Chiesa di S. Marco, e sotto il palazzo Ducale quando il Maggior Consiglio era riunito.

forno.jpgFrezzeria.jpgQualcosa di simile anche per il Casin dei Nobili, dove appunto si riunivano i più ricchi per giocare, per poi indebitarsi e rischiare così la reputazione.  Dedicata al mestiere dei costruttori di frecce la Frezzaria a San Marco, luogo dove erano appunto riunite le loro botteghe, oppure la Calle del Forno, deicata ai panettieri, ed altre calli, sottoporteghi che attestano i luoghi dove le varie arti erano praticate.

Una nota a parte l’attesta il nizioleto che indica la Calle dell’amor degli amici! Anche queste dolcissime dediche  in una Venezia che sembra pragmatica a volte, ma che in altre situazioni riesce ad esprimere quell’animo dolce, romantico e poetico attinente ad Calle Amor dei Amici.jpgun popolo legato al mare, alla laguna ed alla bellezza dell’arte che denota sensibilità e nobiltà d’animo!

 

Tra i Templari e i Massoni a Venezia

imagesCAH2C39S.jpgAbbiamo già parlato della presenza dei Templari a Venezia è attestata dal 1187, dal lascito del terreno chiamato Fossa Putrida  per l’edificazione di una chiesa dell’Ordine, da parte del Vescovo di Ravenna.

E’ dall’edificazione di S. Maria in Capite Brogli, nell’area dell’Ascensione a S. Moisè (prima sede del Priorato) che diventerà poi la Chiesa di S. Giovanni in Bragora.

Tra gli alleati veneziani nella guerra contro i Genovesi  vi sono i Cavalieri Teutoni ed i Cavalieri Templari, ed ai primi la Serenissima dona il terreno per l’edificazione della Santissima Trinità,  ed ai secondi una forte somma di denaro per ampliare la sede del Priorato.

imagesCAAE8AS9.jpgimagesCABHOLAL.jpgAutori del XVIII secolo sostengono l’eredità e continuità dell’ordine dei Templari sotto la bandiera della Massoneria.
L’esoterismo templare sarebbe stato acquisito dagli Arabi dalla Chiesa Esoterica Cristiana di S. Giovanni il Battista, precursore della Vera Luce.

imagesCAQLACBJ.jpgimagesCA5GT2MJ.jpgLa devozione dei Templari a S. Giovanni spiegherebbe la devozione tributata, anche a Venezia, alla testa del Santo, custodita post mortem dai discepoli e poi trasmessa ai Templari, collegando in qualche modo l’ipotesi con l’identificazione della stessa col cosidetto Bafometto.(una delle tante spiegazioni che vennero date per questa inquietanta testa, raffigurata in alcuni castelli dei templaqri francesi).

Eredi dei Templari, e dichiaratisi maestri della costruzione ecco che i Massoni a Venezia ritrovano nella più antica Scuola Veneziana delle arti, quella dei Tajapiera,il loro riscontro naturale.

piera1.jpgLa confraternita nasce e diventa potente ed articolata avendo l’incarico di ricoprire tutta Venezia con la pietra (specialmente quella d’Istria) per cui si costituì sotto l’egida dei ” Santi Coronati ” con la Mariegola, cioè l’atto costitutivo, nell’anno 1307  inizialmente presso l’ospedale di S. Giovanni Evangelista, dove, in una stanza a piano terra si tenevano le riunioni imagesCAV3X9MO.jpgimagesCA9HHSV2.jpgdel Consiglio dell’ Associazione presieduto da Gastaldo. E qui, con la nascente confraternita dei vetrai sviluppa voarckadumia a Venezia.jpgvoarckamudia.jpguna associazione segreta, antenata della loggia massonica, chiamata ” Voarckadumia”. Primo elemento di congiunzione tra costruttori, alchimisti, rosacrociani e nuovo elemento di unione nei ” liberi muratori”.

I Tajapietra iscritti all’arte erano in varie maniere tutelati: si racconta che quando uno dei Bon cadde  dall’impalcatura di S. Giovanni e Paolo venne erogata alla vedova, dal giorno successivo, la pensione per  crescere il  figlio che fu poi inserito nella bottega di Daniele Masegna.

L’arte di divideva in quattro gradi: garzoni, lavoranti, maestri, padroni di officina.Questi ultimi erano chiamati anche Paroni de Corte, perchè i lavori di taglio delle pietre venivano svolti nei cortili.

quatuor_coronati.jpgNel 1515 la Confraternita si trasferì a S. Aponal ( S. Apollinare), dove, grazie all’interessamento di Pietro Lombardo acquistò  un fondo dalla parte del Campanile per costruirvi la propria sede.Tale costruzione, in calle del campanile  presenta ancor oggi sulla facciata, nella parte alta  il bassorilievo con i “quattro Santi Coronati” e la scritta “MDCLII SCOLA DI TAGLIAPIERA “.

Di notte per Sant’Aponal si passava solo se tagliapiera, o scultori, e c’era un ronda di sorveglianza.

Soltanto nel 1723 o 1727, secondo il Sagredo gli Scultori si divisero dagli scalpellini.

La sede della Scuola di S. Aponal era abbellita da vari dipinti, alcuni conservati  ora ai Musei dell’Accademia, la tavola che si trovava sull’altare con i Santi Coronati, di Vincenzo Catena, ed il Polittico di S. Ambrogio di Bartolomeo Vivarini.

imagesCAZV139D.jpgVi era inoltre un altare marmoreo con scolpiti ai due lati gli strumenti del mestiere. L’altare si trova ora in custodia nella Chiesa di San Silvestro.

piera2.jpgTra gli strumenti in uso dei “taiapiera” c’erano lo s-ciapin, scalpello che serve per piera3.jpgimages.jpginiziare a scolpire il blocco grezzo; Le punte, per lavori imponenti , come ad esempio scavare i pozzi; Scalpelli, di varie misure; martelli per le superfici da squadrare  o da raddrizzare; ed infine i compassi, altamente evocativi per quanto riguarda questa confraternita con  le finalità dei massoni.

 

Tutt’ora esiste a Venezia una loggia massonica conosciuta e rispettata, e che può vantare comunque una lunga storia legata alla ancor più lunga storia di una Repubblica , Stato unico al mondo, che accoglie qualsiasi pensiero, qualsiasi associazione che abbia come scopo ultimo la crescita non solo economica ma anche intellettuale del mondo, ed in questo senso Venezia può essere di esempio a tutti!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giu 24, 2012 - Società veneziana    Commenti disabilitati su Schiavoni ed Albanesi a Venezia

Schiavoni ed Albanesi a Venezia

Due comunità non così numerose come quella ebraica e quella greca, di cui parlerò in seguito, ma che ebbero una notevole importanza nella imagesCA81WJGZ.jpgvita pubblica veneziana furono quelle degli Albanesi e quella degli Schiavoni o Dalmati.

Le due comunità rivestivano un grande interesse politico  data l’importanza che le coste adriatiche ebbero in ogni tempo per gli interessi marittimi della Repubblica.

Le sedi delle comunità, più piccole delle altre e in posizione poco appariscente, furono ambedue dotate di un edificio, la Scuola, di notevole pregio architettonico e gli interni di entrambe furono decorate dal medesimo artista, il Carpaccio.

imagesCATWNTX4.jpgLa comunità albanese che si riuniva nella chiesa di S. Severo a Castello, ebbe poi la sua sede stabile a S. Maurizio, nel sestiere di S. Marco, dalla fine del 1400 al 1780, nel piccolo edificio posto accanto alla Chiesa Omonima.

La graziosa facciata della scuola costruita nel 1531 è decorata da rilievi marmorei del lombardo: un bassorilievo ricorda la difesa di Scutari contro i Turchi nel 1479, altri raffigurano i protettori della comunità: S. Gallo e S. Maurizio.

imagesCAJ67B3L.jpgAgli albanesi è nominata una Calle che va a Riva degli Schiavoni, e fiancheggiata dal Palazzo delle Prigioni.

I Dalmazi o Schiavoni, confusi un tempo con gli Albanesi dai quali volevano invece essere distinti, ebbero la loro sede nel Sestiere di Castello, in posizione interna rispetto alla celebre riva sul bacino di S. Marco, detta appunto Riva degli Schiavoni, dalla locazione degli approdi delle loro navi.

I dalmati ebbero sempre rapporti commerciali con la Repubblica e la loro presenza a Venezia si fece sempre più frequente dopo che la maggior parte della costa adriatica passò dal 400 sotto il dominio veneziano.

imagesCA3BMGBI.jpgimagesCA1NT0HL.jpgGli Schiavoni quindi non vennero più considerati stranieri ma veneziani a tutti gli effetti.

Nel 1471 la comunità si riunì in cooperazione con sede nella chiesa di S. Giovanni del Tempio, dei Cavalieri Templari.

Nel 500 la “nation dalmata” o schiavonica ebbe sede nella Scuola sul Rio della Pietà, ma sempre nell’ambito del convento dei Gerosolomitani, sede del Priorato dei potenti Cavalieri Templari e di Rodi (dopo il 1522 imagesCAAP4NZG.jpgcaduta Rodi in mano turca furono denominati Cavalieri di Malta.)

Numerosi furono nel tempo gli screzi fra gli Schiavoni ed i vari Priori di questo Ordine.

Gli schiavoni, come detto, ebbero la maggior parte dei traffici tra la madrepatria e Venezia, e sulla riva a loro intitolata si vedono ancora segni i punti d’attracco delle loro navi.

imagesCAH4BB96.jpgimagesCAIIUMR7.jpgLa riva, subito dopo il ponte della Paglia venne allargata, ma le scritte rimangono a testimonianza delle genti dalmate a Venezia, la cui importanza era espressa più che dall’ornata Scuola di S. Giorgio, dalle numerose imbarcazioni che continuamente stazionavano sulla Riva degli Schiavoni.

Dalmati considerati a tutti gli effetti veneziani e che facevano parte del grande Stato de Mar della Serenissima e che godevano delle stesse attente e illuminate leggi veneziane, con le medesime garanzie e prerogative: membri effettivi ed attivi di uno grande Stato, esempio tutt’ora illuminante di quanto la Repubblica fosse all’avanguardia!

Giu 16, 2012 - Alchimia, Donne venexiane    1 Comment

Alchimia e Cosmesi delle donne veneziane

dame del 500 a Venezia.jpgLe donne veneziane hanno sempre voluto curare la propria bellezza, il biancore della pelle, la lucentezza della capigliatura, la capacità di tingere la chioma di biondo con dei riflessi considerati particolari, e conosciuti ed ammirati in tutta Europa.

Per fare questo venivano aiutate dagli spezieri, mezzi alchimisti e mezzi medici, ma anche cercando, con l’aiuto di un pò di conoscenza di erboristeria, di ottenere ricette per creme, detergenti e maschere di pulizia e nutritive per certi versi molto simili come concetto a quelle che si utilizzano tutt’ora.

Molto nota fu Isabella Cortese,nobildonna del XVI secolo  che pubblicò un trattato ed una serie di ricette per dare alle sue contemporanee dei consigli utili e preziosi per rendersi ancora più belle; il trattato, chiamato “Secreti” ebbe un i segretti di cortese.jpgalchimia.jpgsuccesso enorme, e si contano addirittura dodici edizioni. La Cortese era anche un’alchimista, e nel suo libro appare una nota alchimisti.jpgdi una sua collega, Floriana Canale che aveva pubblicato un libro sugli esor e scon.jpgesorcismi.jpgesorcismi e gli scongiuri. Erano tutte e due conosciute dagli alchimisti dell’epoca, come Marie Meurdrac, il cui libro “la chimica caritatevole e facile a favor delle donne” venne tradotto e pubblicato.

Esse usarono quindi le loro conoscenze ed arti alchemiche per realizzare dei preparati utili ed isabella cortese.jpgefficaci per la bellezza, il biancore della pelle, la lucentezza dei capelli delle loro contemporanee.

Ecco un rimedio per la pelle secca: Piglia albume de ova de gallina, lardo di porco raspato, oleo comune, aceto o varo agresti et mescola omne cosa insieme a modo de confetione, et con questo ugne la faccia e il collo, le mano diventeranno bianche et lucente come argento.

boccette.jpgPer quanto riguarda il segreto della colorazione bionda, per cui le veneziane erano famose anche per i magnifici riflessi  che riuscivano ad ottenere, ecco la ricetta: fiori di lupino con salnitro, zafferano ed altre sostanze, facendo asciugare i capelli al sole con un copricapo fornito di tesa per proteggere il bianco latteo della pelle.

Ed il biancore della pelle era una prerogativa a cui non si poteva derogare, ed ecco qui di seguito i segreti:

Distillasi un’acqua molto convenevole a far bianco e chiaro il viso in questo modo: trovate una lira di rose bianche, una di prodotti alchemici.jpgfiori di ninfea et una di fiori di sambuco, altrettanto di fiori di gigli bianchi, gettatene via però quella parte gialla che vi è dentro, una lira di acqua di fragola, e tanta medolla di pane quanta vi parrà assai, dodici bianchi di ovo, due once di incenso maschio, colle quali mettete per una notte una lira di cerusa (biacca, dal latino cerussa) in polvere, ora in un lambico (alambicco, apparecchio usato per la distillazione, dall’arabo al-ambiq, e dal greco ambix, tazza) posate tutte queste specie cavatene acqua, la quale poi stia al sole, di questa vi lavate la mattina e sera senza asciugarvi, che vi lascerà la carne bianca e lucente.

alambicco.jpgPiù facile questa: meschiate tartaro bianco con vino bianco, fiori di rosmarino, distillate insieme: che avrete acqua oltre ad ogni altra mirabile.

Vale parimenti la seguente: trovate 30 lumache bianche, due lire di latte di capra, tre once di grasso di porco o di capretto fresco, una dramma (dracma, moneta in uso in Grecia) di canfora, dopo questo distillate acqua, la quale sarà eccellente in nettàre e far bianca la vostra carne.

Distillansi molte acque semplici: queste sono acque di fiori di fava, acqua di fragola, acqua di rosmarino, acqua di latte di capra, di latte d’asina, di latte di donna, acque di fiore di persico (di pesca) di foglie tenere di salice: queste sono ottime per far bianca la faccia.

Laudano sommamente le donne l’acqua fatta di bianchi d’ova: perciocchè dicono che fa bianco lucente tutta la carne.

Per chi aveva la pelle grassa invece:

dame.jpgLa mattina quando vi levate dal letto, estendetevi il saponetto per viso in su la faccia ( il saponetto era composto da tre libbre di sapone tenero di buon olio, una quarta di zucchero candi, una di borace, ed un quarto di una quarta di canfora), poi, quando sarete vestite, con un’imboccata di acqua bagnate un drappo con il quale ne laverete la faccia poco a poco, insaponando fino a che tutto si laverà e la faccia restererà lucente e pulita che questa saponetta la netta e si mangia le panne (lentiggini) e se la donna ha la pelle grassa la tenga per un’ora e sarà ben fatto.

Venivano utilizzate anche maschere di pulizia fatte con uova e farina di senape da togliere poi con un tonico detergente utilizzando dell’urina.

bardana.jpgContro i foruncoli e l’acne veniva usata la bardana, sia sotto forma di crema ( con l’aggiunta di grassi) che  come decotto.

Leo fior.jpgimagesCA2Z5RM5.jpgcapiricci medicinae.jpgFamoso fu anche un certo Leonardo Fioravanti, alchimista e medico bolognese che forniva una serie di consigli che spaziavano dalla medicina alla magia, per arrivare alla cosmesi. Egli pubblicò a Venezia ” De Capricci medicinali” nel 1564, un’oipera che ebbe una notevole diffusione, così come ” I Libri Segreti” fatti stampare dal 1561 al 1580.

E non dimentichiamo il Conte di Saint Germain che nel 1700 rese felici le donne maestro fioravanti.jpgleonardo fioravanti.jpgleonardo.jpgs.german.jpgper i consigli e le pomate segrete che a loro donava, e che avevano la capacità di renderle non solo più belle, ma anche più giovani.

 

Giu 5, 2012 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Misteri    Commenti disabilitati su Gli inquietanti mascheroni di Venezia: tra il gotico e il barocco

Gli inquietanti mascheroni di Venezia: tra il gotico e il barocco

Cà Pesaro.jpgCà Pesaro.jpgA volte, visitando Venezia, ci si può soffermare, ammirati e rapiti dai mascheroni che popolano i palazzi ed anche chiese di questa città.

Se nel medioevo cristiano il diavolo aveva un’operosità costante, ossessiva, fino a diventare un invisibile e torbido protagonista della vita umana, e le sue raffigurazioni servivano ad avvertire i fedeli che si muovevano nelle città, o frequentavano le chiese che il male era sempre e dovunque presente: raffigurato come uomo bestia, o sghignazzante, o con piccoli particolari inquietanti di facce umane normali contaminate da orecchie animali, barbe caprine, o bocche spalancate con fauci minacciasamente spalancate per divorare, nella Venezia barocca ecco che si ripercuote l’immagine gotica del demone, del demonio, della paura di cadere vittime della malia e dell’insidiosità della parte malefica insita dell’uomo.

Ecco che allora si possono trovare, a partire dalla seconda metà del cinquecento uno straordinario numero di mascheroni nelle chiavi di volta degli archi, diffusi in tutta la città.

Cà Pesaro 1.jpgLa linea ad arco è animata dalla presenza di queste “maschere” dall’aspetto maestoso, sardonico e satanico.

Cà Pesaro 3.jpgCà Pesaro 2.jpgUna vera fucina è Cà Pesaro con i suoi mascheroni a volte Cà Pesaro 4.jpgquasi ingenui, a volte irridenti, o Accesso al Campanile di S. Bartolomio.jpgimpressionanti, che sono stati posti sulla facciata, all’ingresso, tutte opera del Barthel  fino ad arrivare alla linea dell’acqua, per poi andare a carpire immagini inquietanti e demoniache all’ingresso al Campanile della Chiesa di San Bartolomio,  e Palazzo Corner Palazzo Corner della Regina.jpgdella Regina .

Mascheroni di Cà Pesdaro a livello dell'acqua.jpgDemoniaco e conosciutissimo è il mascherone a guardia dell’ingresso del Campanile di Mascherone sul Campanile di S. Maria Formosa.jpgS,Maria Formosa , e l’ingresso di un Palazzo, sempre a Santa Maria Formosa.
POrtale in un Palazzo di Santa Maria Formosa.jpgEcco, visitare Venezia, camminare fra le sue calli o sostare per riposare un pò davanti a facciate di palazzi o chiese, si scopre uno straordinario mondo di significati, di immagini, di ricchezze artistiche che fanno capire quanto tempo e quanta curiosità ci voglia per scoprire i capolavori misteriosi di questa strordinaria città.

Il Doge bellissimo ed il rinascimento a Venezia

Aldo Manuzio.jpgdalla tipogrqfia.jpgIl vero rinascimento a Venezia è strettamente legato alla reale e grande importanza del libro  quale veicolo 3.jpgcomunitario di cultura, che può essere indicato con la data del 1470, l’anno in cui appaiono le prime tipografie, dopo la lunga evoluzione umanistica precedente.

Ermolao Barbaro.jpgtipografia di Aldo Manuzio.jpgPietro Lombardo.jpgIntorno al 1470 nascono le prime architetture rinascimentali di Mauro Coducci o Codussi. A queste opere sono contemporanei i primi edifici e le sculture di Pietro Lombardo, dopo il soggiorno dell’artista fino al 1467 a Padova.

Intorno al 1471 possiamo segnare l’incontro di Giovanni Bellini con l’opera di Piero della Francesca. Nel 1471 entra a far parte del Maggior Consiglio il più profondo umanista veneziano, Ermolao Barbaro, studioso appassionatissimo della cultura antica sul piano dell’arte e della scienza.

libri antichi.jpgtipografia 1.jpgMauro Coducci.jpgimagesCAZH8V5tipografia Manuzio.jpgVerso il 1470 si avverte anche nelle correnti estetiche più avanzate un enorme interesse  per la scienza, quale rivelatrice  di un mondo poetico che solo la filosofia e la scienza con la loro potenza visionaria sembrano poter dischiudere.

Basti pensare che Luca Pacioli di Borgo San Sepolcro , compaesano ed amico di Piero della Luca Pacioli.jpgFrancesca veniva allora ad insegnare a Venezia matematica, La festa del Rosario di Durer.jpggeometria, astronomia e pubblicava sullo scorcio del 400 ” De divina proportione” sull’armonia del corpo umano  ed i principi di geometria euclidea che sono nell’apertura mentale dei grandi artisti dell’epoca, tra cui è da annoverare anche il Durer ( a cui dedicherò un post) nei suoi due viaggi che fece a Venezia, lasciando uno straordinario quadro ” Festa del Rosario” presso la chiesa di S. Bartolomio, ed in forma quasi ossessiva in Leonardo, sintesi più alta tra scienza ed arte.

Il curioso frate matematico, legato in amicizia con Piero della Francesca, da cui riprese, a detta del Vasari il “libellus corporum Leonardo.jpgregolarum” era amico altresì di Leon Battista Alberti ed infine di Leonardo dal quale modella i disegni dei “poliedri in poliedri in prospettiva.jpgprospettiva”.

Lo stesso sottotitolo della ” De divine proportione” frutto di un apporto scientifico maturatosi tra Leonardo e l’opera di Piero della Francesca è sintesi di un modo di “vedere” tipico tra arte e scienza si parla di “secretissima scientia”per studiosi di filosofia, scultura, architettura, musica ed altre “Mathematice suavissimae”

Piero della Francesca.jpgPetrarca.jpgPepolianan a Venezia.jpgLeon Battista Alberti.jpgGrande propulsore in questa possibilità di vedere e seguire l’evolversi dell’arte e della scienza a Venezia fu Francesco Petrarca, che donò la sua straordinaria biblioteca alla Serenissima, ora Biblioteca Marciana, e che fu grande amico del doge Andrea Dandolo, grande storico per la Cronaca Veneziana, ed il primo doge laureato all’università di Padova,

Andrea Dandolo morì prematuramente, tipografia.jpgAndrea Dandolo.jpgrimpianto dai veneziani che lo avevano soprannominato “doge gentile”per la sua delicatezza d’animo e la sua capacità di venire incontro agli altri, e le sue spoglie, tumulate nella Basilica di San Marco nel sarcofago di De Sanctis che mostra il volto bellissimo e delicato di questo doge…scomparso troppo presto!!!

 

 

 

 

 

 

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