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Ago 29, 2010 - Angeli e demoni a Venezia, Arte e mistero, Chiese, Leggende    Commenti disabilitati su Il miracoloso viaggio della Beata Maria Vergine delle Grazie

Il miracoloso viaggio della Beata Maria Vergine delle Grazie

250px-Chiesa_di_S_Marziale_Facciata.jpgUna chiesa squadrata, semplice e senza decorazioni, contrariamente alla maggior parte delle innumerevoli altre di Venezia conserva al suo interno una statua miracolosa: La chiesa è quella di San Marziale ( San Marcilian per i Veneziani) e la statua ha una sua straordinaria storia:

Nel 1286, sotto il Pontificato di Nicolò IV viveva a Rimini(Stato pontificio) un pastorello, chiamato Rustico, ragazzo molto devoto alla Madonna, semplice e gentile. Un giorno d’estare Rustico, mentre riposava al fresco sotto i faggi trovò ” uno sterpo, ovvero un tronco d’albero che in gran parte aveva l’apparenza di figura femminile, per uno scherzo prodotto dalla natura. Quantunque  però di scultura altri principi non avesse, che per fare zampogne pastorali e rustiche tazze, con tutto ciò si sentì dalla propria devozione di formar di quel tronco una statua niccoloIV.gifRimini.jpgrappresentante Nostra Signora.”

Il pastorello quindi iniziò la sua opera che procedette spedita, per quanto riguardava il corpo, ma quando si trattò di scolpire i tratti del volto il giovane si accorse che, durante la notte, il demonio sfigurava i lineamenti.

Il giovane era disperato, quando un giorno avanzarono sul sentiero due giovani che gli chiesero di aiutarli nel ritrovare la strada, e notarono la statua ed il suo viso, non ancora definito, per cui si offrirono di finire loro il lavoro. Ma Rustico rifiutò e li invitò a proseguire.

I giorni passavano ma il viso scolpito di giorno, al mattino risultava sfigurato, ed ecco allora che riapparvero i due giovani che convinsero Rustico a lasciar fare a loro: in pochi minuti ed utilizzando i rozzi attrezzi del pastorello ecco che il volto venne ultimato.

barca.jpgFu allora che i giovani si rivelarono a lui come angeli che erano stati inviati direttamente dalla Madonna, grata al ragazzo per la sua opera, ma gli diedero anche alcune disposizioni: doveva andare dal Vescovo di Rimini  ed al suo Governo, e imporre loro che la Statua fosse imbarcata in una piccola imbarcazione, senza alcuno al suo governo, ma lasciata alla provvidenza.

I Riminesi, venuti a conoscenza della vicenda accorsero ad ammirare la statua che già cominciava a compiere dei miracoli, e per volere del Vescovo cercarono di portarla in processione. Ma arrivati che furono al porto ” con così nobile accompagnamento fermossi con tanta forza la statua della Madre di Dio, che non vi fu sforzo valevole a muoverla, onde conobber esser precisa ordinazione di Dio, che riposta fosse su una navicella senza condotta di uomo, ed abbandonata direttamente alla direzione del cielo”.

misericordia.jpgSacca della Misericordia.jpgE la barca cominciò a navigare raggiungendo e superando il porto di Malamocco, per arrivare quindi alla Sacca della Misericordia (Cannaregio), vicino ad un’Abazia dedicata a Nostra Signora con il nome di S. Maria della Misericordia.

” Ritrovavansi per loro buona sorte allora in vicinanza dell’Abbazia due miserabili, cioè un vecchio cieco con in braccio un suo bambino di sette anni, nato mutolo, per questuare della pietà dè fedeli elemosima a loro sostentamento. Al primo comparire della fortunata barchetta sciolse miracolosamente per la prima volta la lingua il mutolo fanciullo, ed eccitò il padre a riverir genuflesso quella maestosa Patrona, che in seno aveva un vaghissimo bambino, e per di cui beneficio ottenuto aveva la favella. Attonito il vecchio padre al non più inteso parlar del figliolo, sentissi riempir d’allegrezza egualmente che di fiducia, e spargendo dà ciechi lumi devote lacrime, implorò dalla santissima Vergine, che ruiconobbe accennata nella veneranda matrona, la grazia di voler a suo favore raddoppiati i miracoli. Non aveva per anco terminato la sua fervorosa orazione, quando ad un tratto gli si apersero gli occhi, ed ottenne perfettamente la vista”.

Chiesa S. Marziale.jpgEd allora a Venezia si diffuse la notizia di quella statua miracolosa, e tutti accorsero, ed i miracoli si moltiplicarono. Il Vescovo di Castello diede ordine di portarla a quella che era allora la Basilica di Venezia, cioè S. Pietro di Castello, ma come cercarono di spostarla quella non si mosse.

La Statua venne quindi portata, con una solenne processione a cui partecipò il Doge Giovanni Dandolo, nella chiesa di S. Marziale ” con l’accompagnamento della nobiltà e di numerosissimo popolo, lodando ognun il Signore, che avesse in quella miracolosa immagine voluta dar a Venezia una nuova testimonianza della protezione di Maria Santissima principal sua avvocata e Madre”.

A questa statua è legato, tra gli altri anche un altro miracolo: costituita la Confraternita a lei dedicata, i suoi rappresentanti si recarono dal Pontefice per richiedere l’opportunità delle indulgenze plenarie per chi si recasse a pregarla; il Papa, che era molto severo in questo senso, cacciò gli inviati, ma nella notte: “apparve di notte tempo in Papa Niccolò IV.jpgBeata Vergine delle Grazie.jpgDoge Giovanni Dandolo.jpgcandida veste col divin suo figliolo fra le braccia al Pontefice, ed esortollo ad esaudire le fervorose istanze dè buoni Confratelli, comecchè avevano per oggetto al dilei culto, ed il vantaggio spirituale delle anime. A tale celeste avviso il cuore del Papa mutossi, e fatti a sè chiamare quei buoni uomini, manifestò loro la visione e ricercò di veder quel fortunato pastorello, il quale aveva incominciata un’opera perfezionata dagli Angeli. “

Il povero Rustico venne ritracciato presso le carceri di Rimini, nelle quali era stato ingustamente rinchiuso, e la Confraternita ebbe quindi la sua indulgenza.

Ora l’opera è esposta presso l’altare dedicato alla Vergine, racchiusa in una teca. Gli Angeli soprastanti reggono un cartiglio metallico che ricorda il interno chiesa S. Marziale.jpgLa scultura della statua.jpgleggendario autore  ed il suo completamento da parte dei due Angeli, con scritto:” Rustico incepta, a nobis perfecta” ( iniziata da Rustico , da noi compiuta).

Ho voluto riportare alcuni brani tratti direttamente da un opuscolo devozionale della Scuola che rendono nella loro semplicità, entusiasmo e fervore l’importanza di questa semplice e un pò rozza statua di legno, arrivata via mare, l’elemento di Venezia, la città delle Madonne, e che tante speranze e tanti “miracoli” , anche solo di fede, ha compiuto.

 

 

Lug 28, 2010 - Donne venexiane, Personaggi    4 Comments

Caterina Cornaro, Regina di Cipro e diletta figlia di Venezia

Giacomo II di Lusignano.jpgCarlotta.jpgNel 1400 regnava a Cipro la dinastia dei Lusignano. Il re Giovanni da Lusignano aveva avuto due figli, e tra questi due, alla sua morte, si svolse una vera e propria disputa per l’eredità del Regno.

stemma dei Lusignano reali di Cipro.jpgduca di Savoia marito di Carlotta.jpgCarlotta, sposata con il duca di Savoia si appoggiava a Ferdinando I° d’Aragona, re di Napoli, mentre Giacomo II° preferì allearsi con la Repubblica di Venezia.

Giacomo II di Lusignano 2.jpgPer questo motivo venne combinato un fidanzamento prima ed un matrimonio poi con la figlia di una delle famiglie più ricche ed influenti di Venezia: la famiglia Corner.

 

 

Caterina giovane.jpgLa piccola Caterina Corner, poi corretto in Cornaro, nacque il 7 novembre 1454. Venne cresciuta ed educata presso un monastero di Padova, ed all’età di 14 anni vene promessa sposa, con tanto di matrimonio per procura il 30 luglio 1468,  con il re di Cipro ed Armenia
Caterina Cornaro.jpgGiacomo II° di Lusignano.

il matrimonio di Caterina Cornaro.jpgLa fanciulla era figlia di Marco Corner e Fiorenza Crispo, famiglia nobile e ricchissima, appunto. Il Senato della Caterina Cornaro 3.jpgRepubblica la nominò “diletta figlia della Repubblica” onore mai tributato ad alcuna donna prima di lei.

Lo sbarco di Caterina Cornaro.jpgNel 1472 Caterina Cornaro si recò a Famagosta, dove vennero celebrate sontuose e solenni nozze. La ragazza era una giovane e timorata 18enne, ma il suo carattere si dimostrò forte e temprato. L’anno successivo infatti rimase vedova, incinta del primo ed unico figlio.

Nella notte del 13 novembre 1475 dei nobili catalani, con l’approvazione del vescovo di Nicosia rapirono l’erede al trono, trucidando ferocemente tutti i parenti della giovane sovrana.

Caterina Cornaro 2.jpgCaterina Cornaro 1.jpgLa Serenissima inviò immediatamente una flotta ed un esercito che catturarono i catalani, al soldo del Re di Napoli e del Duca di Savoia.

Il piccolo Giacomo III° venne ritrovato, poco tempo dopo, nel 1474 il piccolo morì a causa della malaria. Per la giovane Caterina si sommarono sciagure su sciagure, ma lei, con il sostegno e l’aiuto della Repubblica di Venezia, continuò a guidare il suo Stato.

Caterina Cornaro cede Cipro alla Serenissima.jpgNell’ottobre del 1488 fu sventata un’altra congiura, sempre dei nobili Catalani sobillati dal solito re di Napo0li e del duca di Savoia. Fu allora che la Repubblica di Venezia chiese alla REgina di firmare la sua abdicazione a favore della Serenissima

Caterina Cornaro si rifiutò, ma venne minacciata di venire spogliata dei suoi privilegi, e considerata una ribelle.

Il 28 Febbraio 1489 la sovrana firmò l’abdicazione, ed il 18 marzo, vestita a lutto, lasciò Cipro.

la corte di Caterina Cornaro ad Asolo.jpg300px-Asolo_Il_Castello.jpgCastello di Asolo 1.jpgCà Corner della Regina 1.jpgTrasportata nel Bucintoro.jpgVenezia la accolse trionfalmente, ed il doge Agostino Barbarigo la ospitò nel Bucintoro per farla scendere con tutti gli onori a San Marco: venne nominata Signora di Asolo, conservando comunque tutte le prerogative e il titolo di Regina.

Nel suo castello, nell’incantevole paese di Asolo, tra i colli trevigiani, Caterina Cornaro si contornò di artisti, come Giorgione, Lorenzo Lotto, e Castello di Asolo 1.jpgCà Corner della Regina.jpgscrittori, come Pietro Bembo, e gli asolani l’amarono molto.

Palazzo di caterina Cornaro a Venezia.jpgAlla sua morte avvenuta il 10 luglio 1510 il corpo venne trasportato a Venezia e tumulato per la prima volta nella chiesa dei SS. Apostoli; la gente accorse ad onorare questa donna forte e sfortunata, tanto che per facilitare lo scorrimento venne creato un ponte di barche che collegava Rialto a S. Sofia; Nel 1575 il suo corpo venne trasportato nella chiesa di San Salvador, dove tutt’ora riposa.

tomba di Caterina Cornaro.jpgchiesa di San Salvador.jpgCaterina Corner o Cornaro, donna che si dedicò alla causa della Repubblica di Venezia, patì lutti terribili, ma donna che ha dato e continua a dare lustro a tutte le donne, molto particolari, competenti, colte, ricche di interessi della Serenissima.

 

 

 

 

Sfiorando la laguna

gondola.jpgcanal grande.jpgVenezia, proprio per le sue caratteristiche peculiari, ha dovuto usare le via acquee per i trasporti. La gondola, per le sue caratteristiche di manovrabilità e velocità è stata, fino all’avvento dei mezzi motorizzati, il mezzo più adatto per il trasporto delle persone.

E’ l’unica imbarcazione al mondo lunga ben 11 metri e pesante più di 600 Kg. e a poter essere manovrata con leggerezza e apparente facilità da una sola persona e con un solo remo, ed è diventata il simbolo più  divulgato della città di Venezia.

Ed è unica come la città che rappresenta: innanzi tutto è asimmetrica, il suo lato sinistro è di 24 cm. più lungo di quello destro, per cui naviga sempre inclinata su di un fianco. Ha il fondo piatto che le consente di superare anche fondali di pochi centimetri.

imagesCAHELXJD.jpgimagesCA658MJT.jpgPer la sua esecuzione sono adoperati ben otto tipi di legno diversi, e sono ben 280 le parti che la compongono.
I soli elementi di metallo sono “il fero”: sei denti di prora (davanti) la cui forma ad S dovrebbe simulare la sinuosità del Canal Grande, e la lunetta posta sotto uno stilizzato corno dogale il ponte di Rialto, mentre i sei denti rappresentano i sei sestieri in cui è divisa Venezia, quello che volge all’interno della gondola simboleggia la Giudecca, ed il ferro di poppa , chiamato “risso” (cioè riccio).

Questa barca così particolare è stata il mezzo per ottenere uno sviluppo commerciale, una opportunità di imagesCAUY800D.jpgestendere il tessuto più intimo di Venezia, Infatti la nascita, l’edificazione e la crescita di questa città sono stati possibili solo risolvendo  in maniera ottimale il problema del trasporto acqueo: da sempre con barche si è approvvigionata la città, da sempre il mezzo acqueo ha consentito i commerci, e tutt’ora la viabilità acquea è essenziale per la vita cittadina.

Già nella prima metà dell’XI secolo  il prefetto Cassiodoro, rivolgendosi ai tribuni marittimi della Venezia, le massime autorità civili della laguna, usa queste parole: ..e mentre di solito si legano alle porte di casa gli animali, voi, alle vostre case di vimini e canna, legate le vostre barche…”

imagesCAWD3JIQ.jpgSi può azzardare l’ipotesi che il veneziano dei primordi prima di essere pescatore o commerciante debba essere costruttore e carpentiere navale. Poco a poco questo abitante di laguna, che costruisce e utilizza la sua imbarcazione per pesca e commercio, elabora e perfeziona la tecnica costruttiva.

Ed ecco il mestiere dello Squerarolo, che negli appositi luoghi, chiamati squeri, nome derivato  da un attrezzo utilizzato per la costruzione, la squadra, detta in dialetto “squera”  costruivano  tutti i tipi di imabarcazione, comprese le navi che contribuirono a far di Venezia la Serenissima Repubblica; in seguito queste furono imagesCA8CHGEJ.jpgrealizzate  all’interno dell’Arsenale che divenne il fulcro e la sede della cantieristica veneziana.

imagesCAQW01SN.jpgLa gondola nacque come mezzo privato per gente di un certo rango, e veniva utilizzata per imagesCAJUI7X5.jpgspostarsi da una parte all’altra della città, per prendere il fresco nelle notti estive, sfoggiare la propria eleganza, conversare con i passeggeri delle gondole vicine, oltre a compiere tutta una serie di usi che rendevano questa barca silenziosa e meravigliosa un territtorio privato fungente da casa, ma anche da bisca, ambasciata, nido d’amore e altro ancora. Nei secoli passati veniva usato anche il “felze” una copertura notturna o invernale, o soltanto per starsene in privato, che era dotato di una porta, una finestra scorrevole con veneziana e tendina, di specchi e di uno scaldino.

Ci sono diverse versioni sul motivo del loro colore: il nero; una narra che dopo l’epidemia di peste del 1500 il Senato le facesse dipingere tutte di quel colore in segno di lutto, ma bisogna sapere che allora per la Serenissima il lcolore del lutto era il rosso, un’altra, e la più probabile riguarda una sorta di gara, di escalation tra i nobili per rendere la propria barca più ricca e sfarzosa delle altre: fu il 18 aprile del 1633 che il Magistrato alle Pompe decretò che queste venissero rese molto più essenziali e tutte uguali, di colore nero. 

images.jpgNon tutti potevano permettersi una gondola, per cui esistevano gondole adatte per attraversare il Canal Grande, molto imagesCAGXP4JF.jpgsimili ai gondoloni da parada, che si usano anche oggi per il traghetto. Ancor oggi, con poca spesa, i veneziani si fanno traghettare da queste barche, molto simili alle gondole.

Una barca  fuori dal comune per una città unica che convive e condivide la propria vita con l’acqua, città magica, misteriosa, fatta anche di silenzi, luoghi appartati, calli strette e buie da cui si esce in un campo meravigliosamente assolato, l’orizzonte lontano ad intuire isole, campanili..suoni di voci, odori di cibo che inondano i campielli….

 

 

Lug 19, 2010 - Tradizioni    5 Comments

Il mitico Caffè Florian a Venezia

Procuratie a Venezia.jpgMolti furono (e ne abbiamo già parlato) i caffè famosi nell’antica Venezia, nei quali si incontravano persone nobili e benestanti, professionisti ed intellettuali. Le botteghe del caffè venivano nominate anche “botteghe da acque”. In città, nel 1683 fu aperta la prima bottega sotto le Procuratie in Piazza San Marco e dopo poco ne sorsero a centinaia.

Il primo veneziano a nominare il caffè fu Gian Francesco Morosini, negli anni in cui era Bajlo (console) a Costantinopoli.

Francesco Morosini.jpgporta ottomana.jpgSulla ” Relazione della Porta Ottomana” letta e descritta nel 1585 in Senato si racconta che il popolo Turco raccontava alla Signoria Veneziana che era in uso bere sovente la nera bevanda bollente, nelle botteghe o nelle strade, ricavata da semi macinati.

Pianta del caffè.jpgcaffè.jpgPiantagioni di caffè.jpgI Turchi affermavano che questa bevanda aveva delle qualità energetiche per cui, chi la assumeva, non sentiva necessità di dormire. Il nome deriva dall’arabo “qhahau”pronunciato alla Turca “Kalvè”, per altri il nome deriva dalla località Etiope nominata Caffa, e in Etiopia ci sono le migliori piantagioni di caffè.

Caffè Florian 1.jpgNel 1653 fu introdotto a Venezia ed in tutta Europa, anche perchè i turco.jpgsultano ottomano.jpgveneziani si erano accorti che per i turchi era facile rimanere svegli durante la notte, per cui c’era il detto “noi veneziani semo svegi perchè i turchi no i dorme mai”.

 Caffè Florian 2.jpgA Venezia questo chicco venne chiamato caffè e fu diffuso dagli Arabi, trasportato nel fondaco dei Turchi, sestier de Santa Crose, e servito tramite le prime botteghe.
Nel 1720 il Caffè Florian divenne il più famoso luogo in Venezia e in tutta Italia, ubicato nelle Procuratie, davanti a Palazzo Ducale, in Piazza San Marco.

Rimase per molto tempo in gestione allo Stato della Repubblica di Venezia, Il primo gestore fu Valentino Floriano Francesconi, detto il ” caffeter” il quale veniva stipendiato mensilmente dallo stato.

Caffè Florian.jpgcaffè Fllorian 3.jpgcaffè a Venezia.jpgIl gestore denominò il locale “Caffè Venezia Trionfante”.

Dopo la caduta della Repubblica Floriano lo denominò ” Caffè Florian”. Qui si ebbe il centro della intellighentia e della cultura caffè florian 8.jpgCarlo Goldoni.jpgCarlo Gozzi.jpginternazionale: frequentatori dal 1700 in poi furono Giacomo Casanova, Carlo Goldoni, Carlo e Gaspare Gozzi, Lord Byron, Goethe, Moore, Parini e Silvio Pellico.

Goethe.jpgNel 1858 il Caffè Florian venne restaurato e le decorazioni delle Caffè in Etiopia.jpgsalette furono ispirate ai diversi cicli della vita, delle scienze, delle arti, delle stagioni e degli uomini illustri.

Silvio Pellico.jpgStorico caffè Florian.jpgGaspare Gozzi.jpgCaffè Florian 10.jpgcaffè florian 5.jpgcaffè Florian 4.jpgCasanova.jpgAll’interno del Caffè Florian , nella calda atmosfera delle sale lussuose ed affrescate, rimangono i ricordi dei Grandi Personaggi passati tra queste mura per godere dell’atmosfera del salotto – caffè nel salotto più bello del Mondo.

Lug 11, 2010 - Società veneziana    Commenti disabilitati su Venezia: la struttura del dogado

Venezia: la struttura del dogado

Il doge.jpgIl Doge viveva nel suo dorato appartamento al centro di Palazzo Ducale. Egli era un principe in apparenza assoluto,ma in pratica limitato da una serie di norme che restringevano il suo potere ad un simbolo di sovranità cui competeva di diritto ogni alto onore.

Palazzo Ducale.jpgLa sua carica era a vita, e all’elezione doveva fare una ” promissione ducale”cioè il giuramento di attenersi ad alcune norme sui reali poteri della sua autorità. Solo in poche circostanze il Doge usciva dal Palazzo Ducale, doveva viveva nella ricchezza, circondato da opere d’arte, dai procuratori di San Marco, magistrati, consiglieri, senatori, provveditori e singoli rappresentanti del vastissimo dominio sparso nel mediterraneo.

La sua vita era inoltre regolata da una severa etichetta che stabiliva le pregorative della sua alta dignità di ” serenissimo principe”, secondo alcune tradizioni che anche nell’importanza religiosa della sua autorità risalivano all’Imperatore di Bisanzio.

scala d'oro 1.jpgLa Scala d'oro.jpgEgli, attraverso la “Scala d’oro” (che passa accanto all’appartamento privato del Doge) si avviava nella Sala del Collegio (una sorta di Consiglio dei Ministri) , nella quale sedeva al centro, tra i suoi sei consiglieri, i Savi e i tre Capi del Consiglio dei Dieci. La sala è decorata con dipinti del Veronese dai motivi allegorici che ricordano la ricchezza di cui era stata dotata Venezia, ma anche la severità che si adottava verso chi osava andare contro le leggi:” Giove stesso scende dal cielo per fulminare la Ribellione”.

Più avanti la Sala degli Inquisitori dello Stato, ed infine, più vasta di tutte la sala del Maggior Consiglio.

Il Doge, quindi, Capo dello Stato, eletto a vita, presiedeva tutte le Magistrature della Repubblica, quindi il Maggior Consiglio, assemblea di Patrizi Veneziani con età superiore ai venticinque anni, che Dipinti nella Sala del Maggior Consiglio.jpgSala del Maggior Consiglio.jpgraccoglieva le varie Magistrature ed eleggeva il Doge.
Il Maggior consiglio era formato esclusivamente da soli nobili eletti ogni anno, il numero dei componenti nel 1264 era di 317, poi, dopo la Congiura di Baiamonte Tiepolo, nel 1310, di 900.Esso raggiunse il massimo di8 1700 persone.

Il Consiglio dei Senatori (pregadi), scelti dal Maggior Consiglio erano circa 120, e duravano in carica un anno.

Il Consiglio dei Dieci: sorto nel 1310 dopo la famosa congiura, aveva il compito di vigilare contro i delitti dello Stato sui comportamenti dei nobili e sull’osservanza delle Leggi: era composto da dieci patrizi titolari, con l’aggiunta del Doge, sei consiglieri (uno per sestiere che formavano il consiglio privato del Doge, e un avogadore (un avvocato con mansione di accusatore contro chiunque del Consiglio avesse operato al di fuori dei principi statutari.

il Consiglio dei Dieci.jpgIl Consiglio dei Dieci era quindi composto da dieci membri di diritto (non rieleggibili dopo un anno trascorso  in carica) ed altri otto aggiunti.

Questa Magistratura divenne con il tempo il più tipico e severo organo di vigilianza inquirente e giurisdicente della Repubblica di Venezia, la polizia di Stato che aveva i massimi poteri anche nel controspionaggio.

Gli Inquisitori erano tre eletti del Maggior consiglio a partire dal 1200, e formavano commissioni di inchiesta su particolari indicazioni del Consiglio dei Dieci, come “Inquisitori alle acque”, “Inquisitori sopra le arti”, “Inquisitori sui suoli pubblici”.

Sala del Consiglio dei dieci.jpgLe Quarantie erano tre tribunali supremi che giudicavano cause criminali e civili: c’era il Consiglio dei Quaranta al Criminal, quello al Civil vecchio e quello al Civil nuovo. Compito loro era anche curare la polizia di Stato, l’economia delle Imposte, le Monete e altre mansioni in campo giuridico.

Consilio Minore, (detto pure Signoria), formato da 6 nobili, uno per ogni sestiere della Città, che dovevano assistere il Doge, non essere in alcun modo imparentati con lui, ai quali sdi unirono nel 1200 i tre capi della Quarantia criminal, e tutti insieme formavano la Signoria.

Collegio dei Savi 1.jpgcollegio dei Savi.jpgIl Collegio dei Savi, Assemblea prima di tre, poi di cinque ed infine di sei Senatori, con incarichi particolari di studio e di inchiesta, che col tempo divennero dieci.

quarantia criminal sala.jpgpieno collegio.jpgIl Collegio, più propriamente “Pieno Collegio” aveva la funzione di Consiglio dei Ministri ed era composto dal Doge, dai sedici savi, dai sei consiglieri del Doge e dai tre Capi della Quarantia Criminal.

 La struttura dello Stato era quindi composita ed i poteri venivano equilibrati e suddivisi tra diverse istituzioni: tutto questo per garantire ai veneziani un governo democratico, ed in cui, uin seguito racconterò, al centro venivano le esigenze dei cittadini e il loro benessere. Venezia, una vera Repubblica ricca ed illuminata!

Lug 8, 2010 - Società veneziana    1 Comment

I Dogi a Venezia

Primi tribuni a Venezia.jpgLe istituzioni politico-amministrative interne della Repubblica di Venezia si maturarono nei “primi tribuni” che ressero la “cosa pubblica” ai dogi, quali espressioni di una autorità basata sulla propria indipendenza di  diritto e di fatto.

Il Doge fu sempre scelto da famiglie patrizie, e quindi entro una cerchia di persone che dovevano di norma seguire un particolare tirocinio prima di giungere alla suprema magistratura.:tanto più che la sua posizione investiva sempre un carattere religioso, secondo il modello bizantino di considerare l’Imperatore al disopra del Patriarca.

A Venezia l’evoluzione della massima autorità politica e i contatti con quella religiosa ebbero numerosissimi legami nei primi secoli sul piano del reciproco scambio.

Elezione dei magistrati.jpgelezione di un doge.jpgDoge.jpgL’investitura del doge si compiva nei primi tempi per diretta partecipazione popolare, alla quale seguiva il conferimento delle dignità bizantine, attraverso il Governo di Bisanzio, da cui i popoli che avevano creato questa repubblica dipendevano, che intendeva ribadire la sua preminenza anche se lontana e sempre più formale.

Nell’XI secolo vennero creati dei “giudici” che succedevano ai “tribuni”  con un compito amministrativo nel centro della nuova città che veniva formandosi vicino a Rialto. Essi già dall’inizio assunsero un carattere di magistratura che collegava insieme  le singole isole dell’unità del Governo.

il doge.jpgImmagini di dogi.jpgelezione del Doge.jpgLa prima e più originale forma di delimitazione del potere ducale fu ” la promissione ducale” la richiesta cioè, da parte degli elettori che il Doge , nell’atto di assumere la carica, compisse un solenne giuramento di attenersi ad alcune norme sui reali poteri della sua autorità.

Queste norme, riunite in singoli codici determinarono il pensiero costante della Repubblica e rafforzarono sempre più la posizione del “Consiglio” affiancata al Doge.

 

Ogni doge ebbe  la sua ” promissione ducale” ed una delle prime e fondamentali fu Premjissione del doge.jpgelezione di un doge.jpgConsiglio dei dieci 1.jpgEnrico °Dandolo doge.jpgquella appunto di Enrico Dandolo, fatta all’atto della sua i dogi a Venezia.jpgelezione nel 1193 nella quale il suo potere venne bene limitato:non poteva  intromettersi nella nomina del patriarca, ad esempio, non poteva  disporre di beni pubblici nè trattare direttamente con il Papa o con altri principi.

La “promissione” in uso anche in altri comuni italiani, divenne un atto pubblico fondamentale nella storia della Repubblica di Venezia, tanto che i testi, redatti dai Dogi, uno per volta, costituirono un’importante partecipazione del Consiglio di Stato al governo del Sovrano: Il suo Palazzo del Doge.jpgvalore era di tale gravità da richiedere ben presto, a partire dal 1229, la nomina di una commissione di cinque membri  “correttori della promissione dogale”.

Sala del Piovago.jpgAl momento della morte del Doge venivano eletti immediatamente tre inquisitori per indagare sul comportamento politico del doge defunto, la cui salma veniva esposta  in un salone del Palazzo Ducale, sotto alla sala del Maggior Consiglio, chiamata la Sala ” del Piovago”.

I correttori della promissione dogale proponevano al Maggior Consiglio le direttive ritenute utili per la nuova promissione del nuovo Doge. Finito entro tre giorni questo strano rito di inchiesta e di proposte , si davano solenni onoranze funebri al Doge nella Chiesa SS. Giovanni e Paolo.jpgChiesa di San Giovanni e Paolo, a partire dalla metà del 1300.

Morte del doge a Venezia.jpgSala del Maggior Consiglio 1.jpgil consiglio dei dieci.jpgPalazzo Ducale 1.jpgLe immagini di tutti i Dogi sono ritratte sulla parete, vicino al soffitto della Sala del Maggior Consiglio a Palazzo Ducale: ve ne è solo uno, coperto da uno strato di pittura nera, con sopra una scritta. Di questo personaggio cancellato vi racconterò al più presto.

 

 

 

 

Hypnerotomachia Poliphili, alle basi dell’ Alchimia a Venezia

pagine di Hypnerotomachia 2.jpgAlchimia.gifimagesCAOK6GS1.jpgUno dei più  importanti libri che fanno  parte del ricco tesoro dei beni della Biblioteca Marciana edito  in due volumi da Aldo Manuzio nel 1499 è Hypnerotomachia Poliphili, corredato da 196 xilografie,la maggior parte opera del Mantegna, e decorato con glifi di Francesco Griffo. E’ uno dei libri base dell’alchimia, in cui, attraverso la storia narrata l’autore cerca di guidare l’alchimista attraverso le varie trasformazioni per raggiungere con successo “l’Opera compiuta”: la pietra filosofale.

hyp.jpgL’autore è anonimo, e cercando e desumendo è stato attribuito di volta in volta a Pico della Mirandola, Leon Battista Alberti, Lorenzo de Medici ed infine, grazie ad un acrostico contenuto nel testo, formato dalle iniziali dei 38 capitoli, a Francesco Colonna, una frate della Chiesa di SS. Giovanni e Paolo  (Venezia, 1439 – 1527),

Il racconto descrive il sogno fatto da Polifilo che tratta di un combattimento amoroso. Si tratta della metafora della trasformazione che avviene in Polifilo per tramutare l’amore carnale nella purezza Pagine di Hypnerotomachia Poliphili.jpgdell’amore Illustrazione 2.jpgplatonico.

E’ il percorso che ogni uomo deve fare per avere contatto con se stesso e le proprie capacità di interagire con la spiritualità, con il divino e con il  misterioso.

Il sarcofago di Marte e Venere e Adone.jpgillustrazione.jpgEcco che egli descrive la morte di Adone, amato da Venere, ed una xilografia rappresenta il suo sarcofago, particolarmente emblematico: da una parte è rappresentata Venere che viene punta da una rosa, il combattimento di Adone con Marte, la morte di Adone e lo svenimento di Venere.

Dall’altra parte è rappresentata invece Venere seduta che allatta Cupido, il suo piede viene baciato da Polifilo , indice di adorazione. Due frasi sono iscritte sui due lati del sepolcro: ADONIA in riferimento alle feste annuali che Venere dedicava al giovane morto, e IMPURA SUAVIAS, che potrebbe riferirsi alla lettura morale del morto in riferimento all’exemlpum libidinis, che è Adone, in contrasto con il purissimo sangue versato da Venere per quell’amore.

l'amante.jpgLa lettura in chiave neoplatonica ha orientato parte della critica a fare del sarcofago descritto da Colonna un riferimento alla lettura delle scene analoghe rappresentate nel sarcofago dipinto da Tiziano, quello L'amor Sacro e l'amor Profano di Tiziano.jpgdell’Amor Sacro e dell’Amor Profano.

le trasformazioni in alchimia.jpgMetamorfosi di Ovidio edizione di Venezia.jpgL’attinenza con le Metamorfosi di Apuleio, nel racconto contenuto, della storia di Amore e Psiche, dove l’unione tra Amore (il corpo) e Psiche (la mente) comporta sofferenze e dolori a Psiche, e le  Metamorfosi di Ovidio è quanto mai evidente.

Apuleio, metamorfosi, l'asino.jpgAmore e Psiche dalle metamorfosi di Apuleio.jpgLa aracna dalle Metamorfosi di Ovidio.jpgmetamorfosi quindi prima  dell’uomo e poi degli elementi naturali.

dalle Metamorfosi di Ovidio.jpg06f439b19ff89b185523f36986dd9ee3.jpgDa qui il riferimento dell’Hypnerotomachia Poliphily e la  Tempesta di Giorgione, rosacrociano (Gallerie dell’Accademia a Venezia),Quadro di cui vi avevo appena accennato,alla simbologia così legata, e  la relazione del quadro con il libro risulta quasi stupefacente .

Adorazione di Venere con Cupido.jpgVi sono rappresentati tutti gli elementi della natura, in cielo e in terra, e la donna che allatta può essere Iside, Venere, Demetra, Cerere, la Grande Madre insomma, tanti nomi con cui viene definita la dea MyriaYme, che ricorda da vicino Myriam, il nome Maria, sacro per i Cristiani, vergine e madre.

Giu 24, 2010 - Leggende, Luoghi, Misteri    13 Comments

L’isola della Donna Vampiro

la donna vampiro.jpgLinea per ragigiungere l'Isola del Lazzaretto Nuovo.jpgSe chi vuol fare un’esperienza diversa, percorre a piedi la Strada Nuova, ed arriva alle Fondamente Nuove, proprio di fronte al Cimitero Monumentale di S. Michele, qui prendendo la linea 13 del vaporetto, scegliendo come fermata a richiesta  l’Isola del Lazzaretto Nuovo, ecco che può sbarcare in un luogo molto particolare, ricco di verde, di siti archeologici, e luogo misterioso dove il 7 marzo dello scorso anno  venne ritrovato il famoso teschio della “donna vampiro”, quello con la mattonella infissa nella bocca ( a cui ho dedicato un mio post).

Posta all’ingresso della laguna, a nord-est di Venezia, e posta proprio di fronte all’isola di S. Erasmo, nell’antichità ebbe una funzione strategica a controllo delle vie acquee verso l’entroterra.

Isola del Lazzaretto Nuovo.jpgSembra che i primi reperti archeologici risalgano all’età del bronzo, tra il 1200 e il 1000 A.C.
Castello est del Lazzaretto Nuovo.jpg
Isola del Lazzaretto nuovo 1.jpgREcentemente sono state rinvenute varie monete raffiguranto Zeus ed Apollo, collocabili tra il 238 ed il 168 A. C. Il primo documento riferentesi all’isola, denominata Vigna Murada, è un atto notarile.

Nel Medio Evo fu proprietà dei Monaci di San Giorgio Maggiore che vi edificarono una chiesa intitolata a San Bartolomeo.

Nel 1468 l’isola divenne un lazzaretto, denominato nuovo, a differenza di quello già esistente, dove venivano inizialmente ricoverati i contagiati da peste conclamata, mentre in quello nuovo si cercava Hospitaler al Lazzaretto Nuovo.jpgL'isola nel secolo XVI-XVII dall'isolario di Antonio visentini.jpgdi attuare un’opera di prevenzione, e l’efficacia delle misure preventive portò ad avere un successo enorme, visto che l’epidemia si concluse due anni prima che negli  altri paesi europei.

Qui venivano ricoverate le navi e gli equipaggi di quelle navi sospette di portare contagio, perchè provenienti da zone contaminate o che trasportavano merci possibili ricettacoli di virus.

Per questo motivo vennero costruiti parecchi edifici, tra cui il Teson Grando, un enorme edificio, che come scrisse il Sansovino nel 1576 era dotato di 100 stanze, e cento camini alla veneziana, ognuno per ogni stanza, poste a ridosso delle mura di cinta, e costruite pozzxo nel lazzaretto nuovo.jpgTeson Grande.jpgtettoie (teze) per la purificazione delle merci, per cui si usavano fumi di erbe aromatiche, quali ginepro e rosmarino.

priore.jpgL’organizzazione faceva capo ad un priore, dipendente dal Magistero della Sanità, dai guardiani, che scortavano i passeggeri delle navi alle camere, e che prendevano nota (sapevano leggere e scrivere) delle varie operazioni di sbarco.

Le merci invece erano trasportate dai “bastazzi” chiamati così perchè trasportavano i pesi (basti), ed erano facilmente riconoscibili per il loro vestiario: casacca, braghe e camicia di tela ruvida, nei colori azzurro cenere o giallino pallido, e larghe bretelle rosse o bianche incrociate sul petto o sulla schiena.

Per ricordare dove riportare le merci “disinfettate” i bastazzi usavano scrivere sulle pareti del Teson Grando sigle ed annotazioni utilizzando un colore rosso bastazzi_tezon.jpgiscrizioni sul muro del Teson.jpgsul muro del teson altre iscrizioni.jpgbrunastro a base di ossido di ferro.

Quando si verificarono le prime morti per peste in quel lazzaretto, divenne una figura presente e considerata di malaugurio di un “medico della peste” (di cui ho gìà raccontato).
Pestilenza dopo pestilenza l’isola divenne un gran cimitero, ed a testimonianza di ciò si ritrovarono migliaia di reperti archeologici, scheletri, teschi, medagliette, monete, murrine.

medico della peste a Venezia.jpgNella epidemia del 1575 morirono cinquantamila persone, e la maggior fosse nell'isola del Lazzaretto nuovo.jpgCampi didattici estivi al Lazzaretto Nuovo.jpgparte vennero sepolte qui, a circa 60 centimetri di profondità dal piano di calpestio, persone povere, ceto medio ed anche nobili. All’epoca la sepoltura nei cimiteri dietro le reperto 1.jpgchiese o nelle chiese venivano operate soltanto per i Nobili morti di cause naturali e non certo per il terribile morbo.

Tutt’ora, per chi volesse passare una vacanza in un luogo strordinario, partecipando a scavi archeologici è possibile aderire a tali iniziative.

Giu 5, 2010 - Luoghi, Società veneziana    4 Comments

La mummia egizia, gli Armeni e Venezia

Tra le varie comunità che fanno parte del tessuto della popolazione veneziana, fanno parte anche gli Armeni.

COLLAR9.gifLa loro è una presenza connotata nella città, a partire dal Collegio, uno dei più grandi del mondo, frequentato quasi totalmente da armeni, di elevatissima difficoltà per cui, una volta licenziati, gli studenti possono frequentare qualsiasi università nel mondo.487296.jpg

imagesCA2SJQ3H.jpgLa lingua è difficilissima, anche perchè ogni fonema ha un simbolo; e da questo si può benissimo capire che queste persone sono in grado di parlare perfettamente diverse lingue.

Il popolo è cristiano dall’inizio del cristianesimo (erano infatti armeni gli Apostoli Taddeo e Bartolomeo), ed il culto cristiano è stato adottato come religione nazionale molte tempo prima che nell’Impero Romano.imagesCAXO6DW3.jpg

TKmag46667e4d7cda5.jpgcale e sotoportgo.jpgPoco distante una calle, la Calle degli Armeni è il cuore del nucleo abitativo (composto principalmente da commercianti), e in fondo il “sotoportego de Armeni” fatto di legno, da cui, attraverso una porticina, sempre in legno, si accede alla Chiesa di S. Croce degli Armeni.imagesCAIPO7OV.jpg

Esternamente pare un’abitazione qualunque, l’unica cosa che si nota è il campanile, fatto a cippolletta. L’edificio fu concesso agli armeni nel 200, e poi venne ampliato nel 600, ed è l’unica chiesa rimasta funzionante nel medio evo a Venezia.

imagesCAJQQSKR.jpgNel 1700 cominciò in Armenia una persecuzione contro i cattolici, tanto che il monaco Manug de Pierre, detto il Mechitar (il consolatore), che in terra natale aveva fondato molti monasteri, dovette fuggire prima in Grecia e poi, nel 1715 a Venezia.

imagesCAAJFN2P.jpgQui la Serenissima gli destinò un’isola precedente adibita a lebbrosario, e abbandonata già da due secoli circa: l’isola di S. Lazzaro, poco distante dal Lido

imagesCA1EIT2N.jpgimagesCA2CXBKG.jpgChiesa.jpgQui venne fondato un nuovo convento dalla congregazione Mechitarista, nel 1717, sulle rovine degli edifici preesistenti, ed al convento si unì un importante centro culturale armeno.

Nelle librerie del convento sono contenuti più di un milione tra libri e manoscritti, alcuni decorati con pietre preziose, di valore inestimabile, e nella biblioteca detta Europea i vetri delle finestre sono quelli originali, fatti a mano.

imagesCALTXSRU.jpgMa in assoluto i manoscritti più importanti sono un papiro indiano, il Corano di Murzad il Sanguinario (un sultano turco), e l’unica copia al mondo del libro di Colistene, sulla vita di Alessandro Magno; l’originale in lingua greca andò distrutto durante l’incendio della biblioteca di Alessandria d’Egitto.

Splendidi anche alcuni reperti non armeni, come un trono indiano del 1350 intarsiato in avorio, una palla d’avorio cinese formata da 14 sfere, l’una nell’altra, e la statuetta del terzo millennio a.c. di un vecchio curvo, proveniente dal nord dell’Iran.

mumm,ia.jpgMa l’orgoglio dei sacerdoti è la mummia egizia del sacerdote Nemenkot, avvolta in un telo di perline originale.

Lord Byron fu spesso ospite in questo convento, deliziato sembra dalla marmellata di rose che i monaci producevano.

Tutt’oggi i visitatori vengono accolti con gentilezza e simpatia, e possono così ammirare un luogo splendido con bellissimi giardini.

 

 

Le enigmatiche triplici cinte a Venezia

gioco.jpgLarchens.jpgConosciuta ai più attraverso una seria ed intensa ricerca di Marisa Uberti,( vedi il blog due Passi nel Mistero) la triplice cinta è ancora enigmaticamente misteriosa: si riconosce al vederla, nel gioco popolare delle pedine chiamato comunemente “filetto” in Italia, ed è sempre sotto l’aspetto ludico che è stata considerata.

Ma l’enorme diffusione in tutti i territtori percorsi dai Cavalieri Templari al ritorno dalle Crociate, ed i luoghi stessi dei ritrovamenti delle incisioni lasciano incerti, perplessi ed alla ricerca di una spiegazione.

Sono state trovate graffite in rocce rupestri, sui muri di antiche chiese, su gradini di vecchie case.

triplla cinta nella torre di Chinon.jpgFortezzza di Chinon.jpgChinon.gifMa il ritrovamento di graffiti simbolici lasciati su pareti in verticale da alcuni dignitari dell’Ordine Templare, prigionieri nella Torre della fortezza di Chinon, in Francia, apre nuove prospetive sull’ipotesi di possibili altri impieghi.

Sembrerebbe che dietro la triplice cinta si nascondesse una conoscenza più antica, un valore simbolico ed esoterico legato alle caratteristiche dei luoghi e della storia che li ha interessati.

in una chiesa.jpg1.jpgAlcuni esemplari sono stati trovati in India antica, in Egitto, nell’Impero Romano, perfino nelle incisioni rupestri di Val di Scalve ed in Valcamonica; comunque sarà capitato a qualcuno di vedere sulla facciata di una chiesa tre quadrati concentrici uniti al centro da una sorta di croce: è proprio la triplice cinta, presente non solo in edifici religiosi ma anche in antiche vestigia appartenenti a civiltà risalenti all’età del bronzo (3.550 a.c – 1200 a.c.).

Però è in particolare nel Medio evo che trova ampia diffusione soprattutto in alcune cattedrali gotiche e dove la presenza dei cavalieri templari non poteva mancare.

Rene Guenon.jpgtriplice cinta.jpgVi sono naturalmente delle letture esoteriche che spaziano, come quella di Rènè Guènon che le decodifica come i tre grandi stadi delle scuole esoteriche, o quella di Cherbonneau – Lassay il quale interpreta il quadrato interno come “il mondo terrestre”, inserito in un altro quadrato “il mondo del firmamento” e quello esterno “il mondo celeste”, più ampio e con più grande valenza simbolica in quanto in esso risiede Dio con i puri spiriti.

triplice cinta templare.jpgMa c’è anche chi la identifica come delle non meglio specificate ” linee del campo magnetico terrestre” o la presenza in quel luogo di un “varco dimensionale”,presente anche,per alcuni ricercatori, in una certa località di Barcellona.

E’ tutto da vedere e da dimostrare, anche se si suppone comunque una sorta di messaggio che i cavalieri templari lasciavano nei luoghi attraversati per quelli che successivamente sarebbe passati dopo.:.un linguaggio in codice.

01.jpgpiantina di S. Marco.jpgimagesCA23ZIG9.jpgTriplice cinta a San Rocco Venezia.jpgScuola di San Rocco.jpgnel tempio.jpgA Venezia ci sono tre triplici cinte: una si trova incisa su una panca in marmo accanto alla facciata della Scuola  Grande di S. Rocco, la seconda sul parapetto della balaustra al secondo piano del Fondaco dei Tedeschi (ora Poste Centrali di Rialto ) l’ultima  all’interno della Basilica di S. Marco, incisa su un sedile in pietra sul lato destro dentro la chiesa:  Memorie, tracce, così come ce ne sono tante in questa Basilica carica di tesori sia d’arte che d’oro e pietre preziose, ma estremamente enigmatica ed ancora, forse, tutta da scoprire.