Browsing "Luoghi"
Mag 8, 2012 - Architettura, Arte, Chiese, Luoghi    3 Comments

Basilica di Santa Maria Assunta a Torcello: tra simboli alchemici e Giudizio Universale

Panoramica Torcello.jpgTorcello, colonia romana e primo insediamento veneziano può vantare una delle più straordinarie chiese che si conoscano, quella dedicata a Santa Maria Assunta.

Primo tempio di riferimento bizantino, che in qualche modo trova dei punti in comune con quella di S. Apollinare nuovo di Ravenna: ” La coincidenza felice per Venezia, dice Sergio Bettini, è che si trattava di un gusto più di ogni altro adatto ad una città sorgente dalle acque: e acquorea  è infatti nell’arte tardoromana e paleocristiana, con loggiati, peristili, pannelli marmorei, i mosaici alle pareti e l’opera tassellata del pavimento che reca un carattere marino nella trasparenza traslucida e come lavata”.

800px-Torcello_Basilica_di_S__Maria_Assunta.jpgE, proprio similmente alla chiesa di Ravenna, la sua pianta è basilicale: abside centrale maggiore e absidi laterali minori corrispondenti alle tre navate di cui si compone la chiesa.

Essa, anche nelle parti aggiunte nel IX ed XI secolo porta tracce di tre momenti dell’architettura veneto-esarcale, che in gran parte precedono la Basilica di San Marco, la vera grande costruzione bizantina a Venezia.

L’interno di Santa Maria Assunta è molto semplice: nove colonne di marmo greco, sormontate da bellissimi capitelli veneto bizantini dividono le tre navate, di cui la centrale, così alta rispetto alle laterali, da l’immagine di una nave. A compattare la struttura vi sono dei tiranti, travature longitudinali e trasversali particolarmente 120px-CattedraleTorcello.jpgtiranti.jpgnecessarie per un edificio che poggia su un terreno lagunare.

Importante è l’iconostasi racchiusa da sei colonne e da un largo architrave in cui sono incastonati dei dipinti fondo oro con immagini della Madonna e degli Apostoli, eseguiti da artisti di Murano alla metà del Quattrocento.

Accanto all’iconostasi uno straordinario pulpito costruito con antichissimi marmi lavorati in diverse epoche ed adattati gli  uni agli altri, la qual cosa pone un interessantissimo problema archeologico per poter definire tali epoche.

Il motivo principale della Chiesa è la Madonna: la sua immagine è al centro dell’edificio, Madonna.jpgaltissima ed azzurra in un cielo d’oro creato dalla conca dell’abside sotto cui sono posti gli Apostoli.

Importanti e altamente simbolici i quattro plutei di origine bizantina, risalenti all’XI secolo che racchiudono appunto il presbiterio, di cui due di particolare interesse: quello con due pavoni che si abbeverano ad una fonte, simboli cristiani di grazia, ma che hanno anche un corrispondente alchemico: “distruttori di serpenti” ed i colori cangianti delle code avevano il doppio significato di tramutare il veleno in sostanza solare, e gli “occhi”  erano simbolo dell’onniscenza di Dio.
Vi era inoltre un riferimento all’ “albedo” (  da bianco, che è la somma di tutti i colori), segno visibile nel “processo alchemico” di un’altra tappa della “grande opera”: le sostanze vili che vengono trasformate in sostanze superiori. Un pluteo Iconostasi e Plutei.jpgmolto simile ( dell’inizio dell’VIII secolo)  è conservato al Museo Malaspina di Pavia, dopo essere stato asportato dall’oratorio di San Michele alla Pusterla.

Il secondo pluteo, particolarmente interessante è quello che raffigura due leoni, uno a destra e l’altro a sinistra di una pianta, che si fronteggiano: i Leoni simboleggiano la luce, la regalità, la conoscenza la forza ed il coraggio.
Dal punto di vista esoterico essi erano posti dagli antichi egizi a guardia della nave del faraone defunto, ed in base al “fisiologus” (testo gnostico del II° secolo d. C) vennero loro attribuite tre nature:

La prima: egli cancella le proprie impronte quando è sulla montagna e sente l’odore dei cacciatori, la seconda: Quando dorme i suoi occhi vegliano, ed infine la terza: la leonessa partorisce i piccoli morti, ma il terzo giorno il maschio li resuscita con il proprio respiro.

Giudizio universale a Santa Maria Assunta a Torcello.jpg28-08%20Giudizio%20duomo%20di%20Torcello.jpgImportante ed imperdibile è infine il mosaico del Giudizio Universale, sulla parete d’ingresso della chiesa; esso fu fatto e rielaborato dal XII al XIII secolo: il dramma inizia dalla crocefissione tra la Madonna e S. Giovanni, poi Cristo risorto scende al Limbo, spezza le antiche catene e libera le anime di coloro che l’attendevano, poi Cristo siede tra la Madonna , S. Giovanni ed i Santi per giudicare. Il giudizio si svolge nelle zone inferiori; gli Angeli richiamano i morti dalla terra e dal mare, ed aviene quindi la separazione tra i dannati ed i beati.

E’ un’immensa pagina apocalittica per la lettura immediata per tutti i credenti. Chiara è qui l’analogia, specie nella suddivisione delle pene, con la Divina Commedia di Dante, che venne scritta però circa  un secolo dopo: in sette comparti stanno i condannati per i sette vizi capitali, che corrispondo ai gironi della Commedia, con le pene stabilite  per la legge del contrappasso, per primi infatti appaiono i lussuriosi avvolti nelle fiamme che si agitano ai venti della passione.

Basilica Torcello.jpgUn luogo silenzioso, luminoso, splendente e sorprendente, da visitare con calma, da gustare nella pace e nella tranquillità dell’Isola di Torcello da cui prese vita Venezia, città che continuò a mantenere le sue promesse di arte, di insolente bellezza ed unicità, adagiata  sulla sua laguna , delizioso incontro tra occidente ed oriente!

 

 

Apr 30, 2012 - Architettura, Arte, Arte e mistero, Chiese, Leggende, Luoghi, Misteri, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Torcello e le : parecchie Venezie!

Torcello e le : parecchie Venezie!

Torce3llo3.jpgS. Maria Assdunta 1.jpgLa zona lagunare veneziana all’epoca di Eraclio (circa 600 d.c) imperatore di Costantinopoli, era un angolo di territtorio bizantino, che faceva parte della provincia di Venezia a capo della quale (sulla base di varie testimonianze storiche) c’era un “magister militum” (governatore), alle dirette dipendenze dell’Esarca di Ravenna.

La Chiesa di S. Maria Assunta di torcello fu costruita per ordine dell’esarca Isaac, e a lui dedicata per “volere di Dio”, a ricordo dei suoi meriti e a quelli del suo esercito.

Torcello.jpgparco-sile.jpgL’opera venne compiuta dal magister militum Maurizio, governatore appunto della provincia di Venezia, mentre risiedeva in quel luogo di sua proprietà! Torcello fu una vera città, nobile e ricca di monumenti, un’altra Venezia che noi non conosciamo ; poi fu abbandonata perchè il corso del fiume Sile, non ancora regolato definitivamente nel suo letto, aveva reso insalubre ed inabitabile il luogo.

La città, abbandonata, divenne una cava di pietre e di frammenti preziosi per la vicina Venezia nascente, che sempre più si ingrandiva e più necessitava di pietre provenienti da qualsiasi luogo. Le maree portarono via altra terra e l’isola di Torcello rimase nelle dimensioni attuali, con poche case, un piccolo prezioso palazzo del Consiglio, un altro per la Podestà e l’antica cattedrale anteriore alla Basilica di S. Marco.

280px-Venezia_-_Torcello_01.jpgtorcello2.jpgAccanto ad essa una chiesa dedicata a S. Fosca, martire di Ravenna, contemporanea a S. Marco, che trasse l’ispirazione dallo stesso ceppo bizantino.

Vista dall’alto l’isola di torcello è al centro del grande arco segnato dal bordo dell’acqua della laguna sul litorale della terraferma, a poca distanza dalle dighe ove la laguna si incontra con il mare e nella costellazione delle varie isole che fanno corona a Venezia.

Chiesa nave.jpgAttorno alle due vecchie chiese, miracolosamente rimaste intatte, una di quattordici e l’altra di nove secoli tutto venne distrutto: è rimasta qualche semplice casa , avvolta nella lucentezza ferma ed estatica della luce.

L’opera dell’uomo appare immensa come in pochi luoghi della terra nel respiro largo e solenne della natura. La si avverte ovunque, nel salmastro del vento che giunge dalle maree che lambiscono la poca terra dell’isola, nelle piante che si nutrono vicino all’acqua, nella commovente fragilità delle cose umane a paragone dell’esaltazione che ne da il cielo, al suo continuo tramutarsi nello specchio dell’acqua nelle varie ore del giorno.

Per comprendere l’essenza di Venezia bisogna prima comprendere questa originaria struttura, come la videro i primi abitanti che dovettero rassodare con le mani la terra per costruire le proprie case, dopo aver abbandonato le antiche e fiorenti città romane della costa verso zone più protette dalla natura e più vicine al traffico marinaro che legava con un nuovo vincolo più attuale rispetto a quello dell’epoca romana, le città dell’alto adriatico.

Maurice Barrès.jpgSi formò così la nuova civiltà degli abitanti di Venezia: popolazioni che rinnegavano la terraferma scegliendo le nuove avventure sul mare. l’Occidente , considerato come terraferma, non interesserà più per molti secoli. Il centro di Torcello si costituisce prima di Rialto, da cui sorgerà Venezia: sembra che intervengano forze mitologiche  che si tramandano nelle leggende, come nell’antica Roma, a determinare infine il luogo della città, a scapito anche di Eraclea e Malamocco,, oltre ad altre isole di cui ora è rimasto soltanto il nome.: Maurice Barrès dice: “gli uomini tentarono parecchie venezie prima di riuscire a formare quella che amiamo”.

S. MariA aSSUNTA A tORCELLO.jpgjohn_ruskin.jpgL’immagine che John Ruskin dà della cattedrale di Torcello, come di una grande nave, novella arca di Noè, che si è salvata intatta dal naufragio . è perfetta e, ” chi vuole imparare” continua Ruskin, “con quale spirito cominciò l’impero di Venezia e con quale forze essa riuscì vincitrice in avvenire, non cerchi di stimare le ricchezze dei suoi arsenali e il numero delle sue armate, non guardi la pompa dei suoi palazzi, nè entri nel segreto dei suoi consigli, ma salga la più alta fila dei severi gradoni ad anfiteatro che circondano l’altare di Torcello e allora riporti il ponte della benigna nave-chiesa  dei suoi marinai e cerchi di sentire in sè la forza di cuore che fu accesa in loro”.

lastra nel duomo di Torcello.jpgTorcelloi1.jpgil trono di Attila.jpgscalinata.jpgAlla spontaneità e bellezza della natura corrisponde l’autenticità dell’arte, fedele alle origini paleocristiane e bizantine della città di Venezia; Torcello è stato  un anello di sintesi di civiltà così diverse: sembra che il tempo si sia fermato su queste testimonanze. Nella piccola piazza del luogo sono fiorite le leggende più antiche, come quella che circonda il presunto trono di Attila, blocco di marmo possente che, unico, avrebbe avuto il privilegio di sostenerne la terribile violenza.

 

 

Venezia: leonessa d’Europa ed artefice della vittoria di Lepanto

Massimiliano II d'Asburgo.jpgSelim II.jpgcornaro_regina_cipro.jpgCipro veneziana.jpgI motivi di attrito tra Venezia e Turchia divennero sempre più pesanti: il sultano Selim, una volta firmato il trattato di pace con Massimiliano II d’Asburgo, nel 1568, rivendicò la proprietà dell’isola di Cipro.

Come primo atto il Sultano imprigionò il bailo della Serenssima a Costantinopoli, Marcantonio Barbaro, e preparò ingenti Marcantonio Barbaro.jpgforze per l’assedio ed il successivo possesso del’Isola.

la sublime Porta.jpgVenezia, informata dal suo ambasciatore delle intenzioni della Sublime Porta si trovava in difficoltà ad allestire una flotta a causa di un furioso incendio all’Arsenale, nel 1569, che aveva distrutto alcune tra le più importanti strutture che servivano alla costruzione delle navi.

La lega degli Stati cristiani, formata dalla flotta spagnola, capitanata da Gian Andrea Dandolo, una pontificia capitanata da Marcantonio Colonna, e quella Marcantonio Colonna.jpgveneziana, con a capo Giuliano Zane non riuscirono a concretizzare una forze omogenea a causa delle mai sopite rivalità, a causa soprattutto degli Spagnoli, per cui l’impresa fallì prima ancora di iniziare.

famagosta_1571.jpgNel frattempo Cipro cadde, dopo un feroce assedio ed i feroci supplizi per i veneziani, e quello di Marcantonio Bragadin, di cui abbiamo già parlato, ne fu l’esempio più raccapricciante.

Una nuova Lega venne quindi promossa dal Papa Pio V, che riuniva il fiore della nobiltà europea, venne allora preparata per una nuova guerra contro i Turchi comandati da Giovanni d’Austria, fratello del re Filippo II di Spagna.

La compagine europea comprendeva l’armata veneziana, quella spagnola e quella della Santa Sede accanto agli alleati che aveva risposto all’appello di Papa Pio V: il duca di Savoia, Pio_V.jpgl’Ordine di Malta, il Granducato di Toscana, la Repubblica di Genova, il duca di Urbino e quello di Parma.

mappa_lepanto.jpgsebastiano%20venier.jpgSi era così formata una delle più poderose flotte dell’epoca con duecentootto galee e un complesso di ventiseimila uomini. Oltre metà delle galee erano veneziane, al comando di Sebastiano Venier, che riuscì a convincere gli alleati ad attaccare con decisione la flotta turca nelle acque di Lepanto, presso il golfo di Patrasso e lo stretto di Corinto, in una delle più famose battaglie di tutto il secolo.

La vittoria della flotta cristiana il 7 ottobre 1571 venne ottenuta grazie a furiosi combattimenti che portarono alla distruzione della flotta nemica e numerose perdite da ambo le parti.

L’armata veneziana aveva contribuito in modo determinante alla vittoria, che suscitò una grande risonanza in tutta Europa e coronò l’attività politica di Venezia contro l’impero ottomano, dopo tanto tempo e numerosi sacrifici.

Battaglia di Lepanto 1.jpgBattaglia di Lepanto.jpgLa vittoria per la Serenissima assunse un valore  superiore a qualsiasi altra impresa militare, e vedeva così sfatata la leggenda dell’invincibilità del nemico più pericoloso che essa abbia avuto.

L’arte e la Letteratura di Venezia celebrarono a lungo la data di quella vittoria, dalla prima orazione per i nobili veneti che avevano perso la vita dello storico e politico Paolo Paruta, detta dinnanzi al doge Alvise Mocenigo, ai famosi dipinti in Palazzo Ducale, dalla costruzione della Cappella del Rosario a S. Giovanni e Paolo e a tutte le altre numerose opere sparse per la città a ricordo dell’avvenimento la cui data fu una delle più esaltanti nella Storia di Venezia.

Battaglia-di-Lepanto-1572.jpgBattaglia%20di%20Lepanto%20(Venezia-Galleria%20dell%27Accademia).jpgBattaglia di Lepanto 3.jpgWolfgang Goethe nel suo viaggio in Italia ruicorda di aver assistito a cerimonie in ricordo della battaglia di Lepanto il 7 ottobre 1786. Egli vide arrivare le barche dorate a Santa Giustina, il vecchio doge, e senatori, la nobiltà negli antichi costumi della Repubblica: ” A me fuggitivo esule nordico” egli annota ” questa cerimonia fece molto piacere . Da noi, nota, dove tutte le cerimonie si svolgono in abiti succinti, dove le più importanti che si possa immaginare hanno luogo tra fucili a spalla, una cerimonia simile sarebbe fuori posto. Ma qui, questi abiti a coda e questa tranquilla solennità stanno bene”.

Con questa vittoria la Serenissima mostrò a tutti la propria potenza ed il proprio Stemma di Paolo Paruta.jpgDoge-Alvise-Mocenigo.jpggoethe.jpgpredominio nei mari, avendo finalmente sconfitto l’antico nemico e diventando l’esempio della capacità navale e potenza bellica in tutta Europa.

Apr 23, 2012 - Architettura, Arte, Luoghi, Mestieri, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su Il sorprendente e sontuoso barocco veneziano: il Canal Grande e le sue rive, spettacoli unici di gotico e barocco alternati ma sempre e comunque inimitabili!

Il sorprendente e sontuoso barocco veneziano: il Canal Grande e le sue rive, spettacoli unici di gotico e barocco alternati ma sempre e comunque inimitabili!

Palazzo Vendramom Calergi.jpgFacciata dell'attuale ospedale S. Giovanni e Paolo del Coducci.jpgPalazzo_Grimani_di_San_Luca_3.jpgfsansovino.jpgGli edifici più importanti del primo cinquecento sul Canal Grande, come Palazzo Vendramin Calergi di Coducci a S. Marquola, quello Grimani di Sanmicheli a S. Luca, e sopratutto il Corner del Sansovino a S. Maurizio costituirono i nuovi parametri per dare alla città in Palazzo Corner del Sansovino.jpgsenso rinascimentale e barocco.

casinoveneziaesterno.jpgLungo il Canal Grande,  in particolare, si accentua la valorizzazione di elementi scenografici delle facciate, dando alla grande via d’acqua un lussuoso aspetto da parata su cui predomina il richiamo del teatro nella sequenza dei vari prospetti decorati con pitture e con sculture.

Gli “itinerari” di Venezia e del Canal Grande nel settecento sono gli stessi descritti dalla “guida” di Francesco Sansovino nel 1581, ma molti edifici si sono sostituiti nel frattempo: è aumentata la ricerca del decoro , la funzione rappresentativa, l’amore per il fasto, la meraviglia delle decorazioni e quindi l’apparenza spettacolare e celebrativa.

220px-Scamozzi_portrait_by_Veronese.jpg220px-Palladio.jpgAndrea Palladio.jpgIl legame tra Sansovino, Scamozzi e Palladio rimane costantemente presente anche dopo la loro scomparsa.Il Longhena nella basilica della Madonna della Salute manifesta una profonda comprensione della poetica del Palladio e del Sansovino. La Basilica dellsa Salute presenta una soluzione tipicamente veneziana dello stile barocco, tradotto con quella libertà di fantasia che è La Salute del Longhena.jpg250px-Salute01.jpgconnaturale a questa città, prevale in essa infatti laa componente plastico-decorativa, così palese già dalle origini bizantino-lagunari di Venezia, e alla quale la città è rimasta sempre coerente, libera dalla stretta regola degli ordini classici.

Nell’architettura barocca era venuto a mancare lo spazio in una città chiusa e bloccata nei suoi limiti. La Salute era stata commissionata dal Senato nel 1630 a seguito di un voto di tutta la Repubblica alla Vergine per la liberazione dslla peste.

La Basilica, per questo motivo, venne eretta sui resti di un convento-lazzaretto, in un terreno proteso a prora di nave sul bacino di S. Marco, tra il Canale della Giudecca e il Canal Grande , su diversi specchi d’acqua che formano una iridescente corona all’edificio.

Le strette misure consentite dalla vecchia sistemazione urbana tutta intersecata da canali, pretende per quasi ogni edificio la demolizione di un altro più vecchio, e tutto a prezzo di cause legali tra la Magistratura del Proprio ed il nuovo propietario.

La facciata quindi è frutto dei gusti personali del proprietario, di quello dei capimastro, e dal piacere decorativo degli scultori.

ponte dei sospiri.jpgfacciata-chiesa-santa-maria-giglio.JPGpontedeisospiri-300x225.jpgIl Ponte dei Sospiri, tra il palazzo ducale e le prigioni è l’esempio più noto di questa abilità artigiana, con quella libertà compositiva di materia , di struttura, di invenzione suggerita dalla stretta composizione degli spazi.

Il Ponte è costruito in pietra d’istria ai primi del Seicento, ma per la morbidezza del taglio e il gusto decorativo, sembra un soprammobile, creato su suggerimento dei ponti che si costruiscono sulla tolda delle navi, più di quelli che vennero edificato tra le rive dei canali.

Tremignon S. Moisè.jpg1313_scalzi.jpgCome scenografia teatrale ecco la facciata della chiesa di S. Moisè, eretta con il lascito del patrizio Vincenzo Fini da Alessandro Tremignon, molto criticata per un gusto veneziano-barocco, anche troppo ornato e ricco, con quella sua sovrabbondanza di decorazioni.

L’origine di tale pittoricismo si spiega mediante la modellazione tutta veneziana del marmo, molte volte ispirata dall’opera dergli intagliatori in legno più che dalla tecnica propria dei lavori in marmo. Legno e marmo, decorazioni, artigiani sopraffini , ecco le immagini di una Venezia sfaccettata, ricca di decorazioni di stili diversi, ogni angolo di questa città nasconde uno stile diverso, angoli gotici, angoli incantati, canali luminosi, iridescenze….tutta da vedere e da vivere.

Mar 28, 2012 - Alchimia, Esoterismo, Luoghi, Mestieri, Personaggi, Società veneziana, Tradizioni    Commenti disabilitati su I ciarlatani a Venezia

I ciarlatani a Venezia

ciarlatani.jpgciarlatani 0.jpgNella Venezia cinquecentesca iniziò il fenomeno dei ciarlatani, che dilagò poi in tutta Italia, e chiamati in dialetto: “monta in banco”. Il termine di ciarlatano, un misto di di imbroglione, medico-stregone, venditore di polveri magici, elisir, curatore e espositore di mostri.

Il termine “ciarlatano” nasce dal paese in cui per la prima volta si è creata questa professione: Cerreto di Spoleto: l’Accademia ciarlatano_09.jpgIl casotto del Leone di Pietro Longhi.jpgil re dei ciarlatani del Longhi.jpgdella Crusca così definì nel 1612 questa categoria come:” coloro che per le piazze spacciano unguenti od altre medicine, cavano i denti e fanno giochi di mano che comunemente dicesi Ciarlatani ..da Cerreto, paese dell’Umbria da cui soleva in antico venir siffatta gente, la quale con varie finzioni andava facendo denaro”.

Sull’argomento vennero composte alcune opere come ” ciarlatani_pag75a_l.gifciarlatano_16.jpgSpeculum Cerretanorum”di Teseo Pini e il ” vagabondo ovvero sferza de i vagabondi” di Raffaelel Frianoiro. Cipriano Piccolopasso così descrisse: “esercitano questi uomini d’andar pel mondo vendendo il Zafferame, il pepe et altre spezierie, coralli come anco una certa sorte d’herba che chiamano corallina, qual, ridotta in polvere vendono per dar ai putti per scacciar i vermi…non si dilettano, pare a me , nè d’armi nè di lettere , si ben d’andar per biri …….quel costume che hanno di andare a torno accattando e cialtronando”.

Anche Macchiavelli utilizzò il termine “Cerretano” come sinonimo di medico ciarlatano nella sua famosa commedia ” la Mandragola”.

ciarlatano01.jpgciarlatano05.jpgA i ciarlatani in piazzetta.jpgVenezia i ciarlatani salivano su un palco, e , accompagnati da danzatori e giocolieri, iniziavano a declamare le virtù prodigiose di unguenti, elisir, creme, polveri, cerotti, sciroppi, acque di bellezza ed altro. Nella Piazza più famosa d’Europa ( Piazza San Marco) si davano quindi appuntamento diversi di questi personaggi, e che sono rimasti nella memoria della città per la loro dialettica
 e la capacità di convinzione: Il Cieco da Forlì, Zan della Vigna, Mastro Paolo di Arezzo, il Moretto da Bologna, l’Alfier Lombardo ( Giuseppe Colombani da Parma)cavadenti, Monsù Guascon,  mestro Leone       , ma tutti i suoi preparati e i suoi elisir nulla valsero contro la pestilenza del 1576 che se lo portò via assieme alla moglie .

ciarlatani in Piazza.jpgUno degli oggetti per cui rimase famoso il suo banchetto fu la carcassa di un pesce, opportunamente essiccato e ripiegato, che acquistò un orribile aspetto e che venne spacciato come un terribile e orrido mostro.   

 

Le Scuole di Venezia

270px-Scuola_nuova_della_Misericordia_%28fianco%29.jpg270px-Scuola_vecchia_della_Misericordia_%28Venezia%29.jpgA Venezia con il termine Scuola si intendeva sia un’antica istituzione di carattere associativo – corporativo, sia la costruzione stessa che tale corporazione ospitava.

Dall’undicesimo secolo si erano formate delle confraternite laiche che eleggevano un Santo protettore, ed alle quali aderivano cittadini di ceto medio.

Le corporazioni o confraternite dei nobili invece venivano chiamate Scuole Grandi.Nel 1261 la Repubblica istituì due magistrature, che oltre ad altri compiti, avevano anche quello di approvare le Mariegole, ossia gli atti istitutivi delle Scuole stesse.

mariegola in archivio storica.jpgmariegola.jpgA presiederle erano i Guardian Grandi, il Capitolo era l’organo che riuniva i confratelli, la Banca e la Zonta erano organi con incarichi direttivi, ed erano formati da quattordici persone circa.

Scuola Dalmata di SS Giorgio e Trifone.jpgEsistevano quindi le Scuole dei lavoratori stranieri, Albanesi, Dalmati, Schiavoni,Greci ed altri, che fornivano ai loro confratelli aiuti spiriturali e materiali nelle difficoltà.

Scuola Dal.jpgScuola dalmata.jpgLa Scuola Dalmata, per la completezza ed il buono stato di conservazione oltre che per la presenza della  Storia dei Santi Giorgio, Gerolamo e Tritone e due vicende evangeliche dipinte dal Carpaccio, si distingue per bellezza.

Mariegola della Scuola Grande dei Carmini.jpgmariegola -galeone.jpgMariegola della Scuola di S. Michele Arcangelo.jpgle mariegole.jpgMariegola dei bocaleri.jpgLe Scuola formate dagli artigiani, di alcune delle quali abbiamo già parlato,  la Mariegola era una sorta di albo professionale ( ad esempio la Scuola dei calegheri, dei mureri o muratori, dei battiloro (orafi).

Le Scuole Grandi invece si dedicavano per lo più alla devozione di un Santo, o alla Penitenza ( dei Battuti) e, dopo la metà del 400 la differenza di importanza venne sancita dal Consiglio dei Dieci. Le Scuole grandi infatti erano composte da nobili ricchi, ed erano finalizzate alla beneficenza e scritta.jpgall’assistenza, ed il notevole afflusso di denaro rendeva gli edifici ricchi di opere di pittori e scultori importanti come il Tintoretto (Scuola Grande di S. Rocco) Paolo Veronese (Scuola GRande di S. Marco, ora l’attuale ospedale dei SS. Giovanni e Paolo )e Jacopo Palma il Giovane, ed erano arricchite misticamente da reliquie.

Le Scuole dei Battuti ebbero un ruolo fondamentale nel sostenere gli sforzi bellici della Serenissima.

Nel XVI secolo si elencavano sei Grandi Scuole:

270px-Scuola_vecchia_della_Misericordia_%28Venezia%29.jpgScuola Grande id San Giovanni Evangelista.jpgScuola Grande di San Marco.jpgScuolas grande di S. Maria della Carità.jpgScuola Grande di S. Teodoro2.jpgScuola Grande di S. Teodoro, del 1258
Scuola Grande di S. Maria della Carità, del 1260
Scuola Grande di S. Marco del 1261
Scuola Grande di San Rocco.jpgScuola Grande di S. Giovanni Evangelista del 1261
Scuola Grande di Santa Maria della Misericordia  del 1308
Scuola Grande di S. Rocco del 1478.

Secondo Marin Sanudo il Giovane (1466 – 1536) grande cronista dell’antica Venezia, le Scuole minori, veri laboratori di apprendistato dove si insegnavano i vari mestieri erano 210, altre fonti parlano addirittura di 400.

I regolamenti per la costruzione delle Scuole erano molto precisi, e gli architetti vi si dovevano assolutamente attenere: Il Palazzo doveva avere due grandi stanze, una a piano terra, dove si svolgevano le funzioni, e l’altra al primo piano, dove si riunivano i confratelli, e da questa stanza si poteva accedere attraverso una porticina alla stanza detta dell’Albergo, dove veniva conservata la Mariegola.

Scuola grandde ca.jpgscuola fdei Carmini.jpgScuoa Carmini.jpgCarmini.jpgUn discorso a parte per la Scuola Grande dei Carmini ( Confraternita dei Pizzoccheri dei Carmini) che ebbe vita travagliata per la costruzione dell’edificio, certo non una delle migliori opere del Longhena, del 1594, ma che ebbe il sospirato ricoscimento dal Consiglio dei Dieci nel 1767, anche per merito di uno dei più bei quadri mai dipinti da Tiepolo: la Madonna del Carmelo che consegna lo scapolare al Beato Simone Stock.

Le Schole erano quindi le sedi delle corporazioni, con regole precise, ed erano alla base della vita di questa città Stato fondata sull’opera ed il lavoro degli artigiani, veri artisti, che furono gli artefici della sua bellezza e ricchezza, in armonia con i mercanti che procuravano   merci e materiali pregiati che la resero internazionale ed aperta alle idee di importanti scenziati, artisti ed intellettuali italiani ed europei, in un fervore di idee e conoscenza.

Venezia e la meravigliosa”strega” della mia infanzia!

canaletto_canalgrande.jpglaguna%20venezia-300.jpgMeravigliosa l’infanzia di ua bambina, una qualsiasi che è nata a Venezia; legata alla meraviglia di questa luce unica, tersa, variegata dai mille bagliori dell’acqua che languidamente accoglie queste isole e che rende un unicum, tra terra ed acqua, coscienziosamente e laboriosamente un insieme di stati; liquido e solido, per dare a chi la vive e a chi l’ha vissuta una serie di esperienze che nessuna persona che non le ha vissute sono comprensibili soltanto attraverso la fantasia.

Campo dei Gesuiti.jpgCampo dei Gesuiti a Venezia.jpgE in questa infanzia io ho avuto il privilegio di accostarmi a persone e a reltà che fanno parte viscerale del mio essere, e che creano nei miei ricordi una sorta di insieme fiabesco che mi ha arricchita e resa ancor più legata ai più piccoli particolari di un ambiente assolutamente unico, sia fisico che culturale.

Nei miei primi ricordi l’immagine, spiata da me e dalle mie sorelle di una donna, una donnina qualsiasi, piccola, magra, i VEcchia di Giorgione.jpgvecchiacon fuso.jpgcapelli ingrigiti , i vestiti lunghi e neri riparati da un grembiule grigio, che abitava a piano terra della casa in cui viveva mia nonna: La porta di ingresso, la penombra delle scale che alla sera diventava buio completo, e sulla destra, prima di salire i gradini alti e faticosi per le gambe piccole di una bimba, ecco una porta socchiusa:

Niente di meglio per attrarre la curiosità, ed ecco che, con il cuore in tumulto, la voglia di scappar via ed insieme di vedere, ai miei occhi appariva l’immagine di questa donna seduta accanto ad un camino che a me appariva enorme, ed al gancio appeso un paiolo che lei rimestava con un cucchiaio di legno, quasi assente, mentre nell’aria si spandeva un intenso odore di tabacco.

camino.jpgCucina%20veneta%201.jpgPer le mie sorelle e per me era l’immagine vera della strega, e così la chiamammo, rendendola in qualche modo oggetto delle nostre superstizioni, delle nostre fantasie e catalizzatrice delle nostre paure..la porta semichiusa, l’immagine, alla luce tremula della lampadina e l’intensa fiamma che scaldava il paiolo.

Per noi sorelle è rimasta “la Strega”, ma nei nostri cuori è stata l’emblema di un modo di vivere Venezia da persone sole, da donne sole che hanno saputo creare attorno a loro un’aurea di mistero..condivisa con quelle piccole giovani donne ( noi sorelle) attraverso la fessura Cucina%20veneta%202.jpgcamino2.jpgdi una porta di ingresso lasciata volutamente semichiusa, dall’ammiccare di un gatto a volte pacioso ed altre volte scontroso,  e riparata dalla vista degli indesiderati dalle foglie delle aspidistre che occultavano le finestre…quante emozioni ci donò quella “strega”, e quante fantasie..e credo strega al paiolo.jpggatto della strega.jpgAspidistra_elatior_pianta.jpgstreghe.pngproprio che ne fosse talmente cosciente da sorridere li, dove ora si trova, di questa complicità e di questa esperienza unica nella vita di una bambina veneziana!
Grazie “strega”!.

 

Le ali volanti di Venezia: cocài e magòghe!

gabbiani.jpggabbiani 1.jpgNon solo la vita acquatica, ma anche quella aerea rendono ancor più composito l’ambiente di Venezia: fantastici i cani i gatti i passeri, i colombi, ma anche una parte della popolazione “aerea” è caratterizzata, come tante città di mare, da diverse specie: le popolazioni fornite di ali si differenziano tra la città, il primo entroterra, e la laguna: questa ospita anatre, aironi, etc. mentre la città vera è sede di “abitazioni” di gabbiani.

coca.jpgcocae.jpgcocai.jpgMa non si tratta di un’unica specie: ci sono i “cocài” (cocàl al singolare) che è di stazza media, bianco e un pò grigio, volatili abbastanza tranquilli, non voraci come i “”magòga”, chiamato “gabbiano reale” è spesso più grande di una gallina, tutto bianco e con il becco giallo.

magoghe 1.jpgmagoghe.gifQuest’ultimi amano creare il proprio nido sui tetti dei palazzi più alti, il becco sempre rivolto al vento, quasi a controllare, con arrogante sicurezza, tutta la vita aerea dei cieli veneziani: non pochi passeri sono stati vittima dei loro becchi voraci.

I luoghi aperti , come la Riva degli Schiavoni o le Zattere, questi gabbiani, decollando dai tetti dei meravigliosii ed alti palazzi sfruttano le correnti d’aria che, che , sfruttando i venti della laguna che rimbalzano sulle facciate ricche ed decorate, formando un cudcinetto d’aria , volano in linea retta senza perdere un centimetro di quota, “galleggiando” sulla linea delle case e, come alianti, senza battere le ali.

50-gabbiani.jpgQuesto tipo di volo viene chiamato “in dinamica”, unendo a questa tecnica lo sfruttamento delle correnti d’aria calda che esalano dalle case e dal selciato e che salgono girando in torno , sempre con le ali distese e leggermente piegati verso il centro di questa corrente “termica”, in modo da fare un sorta di elica.

Tutti abitanti, residenti, essenze di questa città che, come ogni città di mare ha vissuto e continua a vivere questa meravigliosa realtà di un’essenza legata alla sua culla ,il mare ed i suoi abitanti naturali.

Desdemona, il suo palazzo e la casa di Otello!

Palazzo Contarini Fasan.jpgDesdemona_othello.jpgotello.jpgAl grande respiro del bacino di S. Marco davanti alla chiesa della Salute,  , oltre ai meravigliosi palazzi e ponti universalmente conosciuti, si aggiunge  un palazzo alto, riccamente ornato: si tratta del Palazzo Contarini-Fasan ( dalla grande passione del proprietario per la caccia al fagiano).

Questo palazzo è legato alla storia di Desdemona, raccontata da Shakespeare, il quale trasse l’idea dalla novella  “Il moro di Venezia” di G. B. Cinzio, tratta dalla sua raccolta Ecatommiti, nel 1565, un drammaturgo ferrarese morto nel 1573, che si rifece a sua volta alla storia del nobile veneziano Nicola Contarini, in prima linea contro i turchi per salvaguardare le proprietà della Serenissima.

Sembra che fosse scuro di pelle ( i Mori facevano parte della vita di Venezia), ed i matrimoni misti erano frequenti  nella nobiltà veneziana. Ma la storia , rispetto alla tragedia del grande commediografo inglese , finì con la morte del Contarini, che finì assassinato, mentre la bellissima moglie fuggì, prima di questo evento, trovando riparo dalla morbosa gelosia del marito presso la propria famiglia.

Palazzo Civran Grimani.jpgIn campo dei Carmini si trova quindi la casa del geloso “Otello”.

Storia, letteratura, racconti che non si sarebbero potuti scrivere se non ci fosse stata la storia vera di una Serenissima aperta, senza inutili provincialismi, già globale e libera da pregiudizi….la mia amata Venezia.

Un’invenzione tutta veneziana: la Cassa Peòta.

Ville-Venete-da-Stra-a-Malcontenta-la-Riviera-del-Brenta-andrea-palladio-tiepolo-mira-3-550x365.jpg1203601812villa-malcontena.jpgI nobili veneziani passavano normalmente le loro vacanze estive in ville che facevano costruire lungo il fiume Brenta, o lungo il fiume Sile, ( descritte sapidamente da Goldoni con commedie come “le smanie della villeggiatura”) e si alternavano in visite reciproche, chiacchierando, sparlando e amoreggiando!

Ma tutte le popolane veneziane cercavano di divagarsi, almeno un giorno una volta l’anno Carlo_Goldoni.jpgCampoielloi.jpgPeota%20nella%20regata%20del%201628.jpgcon gite n barche chiamate “peòte” che risalivano i fiumi, concedendo il divertimento di una gita in luoghi aperti e ricchi di verde…la campagna appunto: queste gite venivano chiamate “garanghelli”: il termine garanghello venne chiaramente spiegato proprio dal fantastico Carlo Goldoni attraverso Anzoleto, nel mitico Campiello: Ghe lo spiegherò mi: se fa un disnar: “uno se tol l’insulto de pagar e el se rimborsa dopo delle spese a vinti soldi o trenta soldi al mese.”

peota.jpgCerto erano donne che non avevano molti mezzi, per cui, per finanziare questi svaghi inventarono un sistema geniale e profiquo per poter risparmiare denaro: La cassa peòta. Era un’organizzazione in cui veniva designata una cassiera la quale versava una piccola somma  iniziale, veniva quindi stabilita una quota che le componenti della Cassa dovevano versare per formare il capitale iniziale di questa piccola “banca”.

Ogni socia era poi impegnata a chiedere un prestito dalla Cassa, restituibile in rate settimanali entro circa sei mesi, versando un piccolo interesse, fianziandosi così il sospirato “garanghello” o per utilizzare la cifra per spese impreviste o per piccole spese voluttuarie e contribuendo ad umentare il capitale della Cassa; qualora non avessero avuto disponibilità sufficiente di denaro per la rata, veniva pagata una piccola multa, per restituire quanto dovuto in seguito.

Campoielloi.jpgLe riunioni in cui venivano consegnate alla Cassiera le rate o le multe tutte le componenti della Società mangiavano e bevevano in compagnia. Alla fine dei sei mesi i  denari ricavati dagli interessi e dalle multe venivano spesi per gite o per pranzi gioiosi in cui tutte si divertivano, in attesa di riprendere questo ingegnoso sistema per finanziare svaghi o per affrontare momenti particolari di necessità.

Le Casse Peòte sono continuate per secoli e dimostrano l’inventiva, lo spirito pratico e le capacità manageriali dei veneziani,  specialmente delle donne che erano le vere amministratrici dei salari dei mariti e con loro volevano comunque godere dei piccoli piaceri della vita, donne consapevoli del proprio acume, allegre e fornite di inventiva e intelligenza!