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Gen 23, 2012 - Carnevale, Esoterismo, Luoghi, Misteri, Personaggi, Società veneziana    Commenti disabilitati su Arlecchino, dalle origini ai mille colori del Carnevale a Venezia

Arlecchino, dalle origini ai mille colori del Carnevale a Venezia

Delle maschere più famose, proposte dal grande autore veneziano Carlo Godoni, figura Arlecchino: nato nel bergamasco e dipinto come un servitore sciocco, ma rivalutato proprio dal grandissimo commediografo veneziano che lo ripropose come figura sveglia, fuba, maliziosa e vincente: quasi diabilica ..legata quindi alla sua origine.

Arlecchino nasce dalla “contaminazione” dello Zanni maschera di origine bergamasca con l’antico demone ctonio (cioè demone riguardante la terra), poichè questo era il nome di questo demone. Nel XII secolo Orderico Vitale nella sua ” Historia Ecclesiastica” racconta dell’apparizione di una “familia Harlechini” cioè una processione di anime maschera di Zanni.jpgZanni (Harlequin).jpgzanni personaggio.jpgInferno%2022_139-140%20Alichino%20e%20Calcabrina.jpgmorte guidate da un demone gigantesco.

Dante Alighieri evoca l’Alichino nell’inferno della sua divina Commedia, il quale appare come capo di una schiatta diabolica.

La nera maschera stessa che Arlecchino porta sul volto conserva un ghigno demoniaco.Il nome stesso deriverebbe dal germanico Holie Honig (re dell’inferno), trasformato poi in Hellekin, quindi in Harlequin. In tutta l’Europa centro settentrionale c’era la credenza pagana che nel periodo invernale, in occasione di ricorrenze maschera di Arlecchino.jpgparticolari come la notte di Valpurga si svolgesse una caccia selvaggia composta di spiriti dannati.

Tristano Martinelli.jpgArlecchino 1.jpgArlecchino.jpgCol tempo l’aspetto e il significato demoniaco diventano sempre meno importanti, e Arlecchino diventa lo Zanni un pò imbranato, quasi suonato: Son Arlechin batòcio, orbo de na recia e sordo de un’ocio ” (batocio inteso come batacchio della campana), a volte furbo, a volte sciocco, come potevano essere i servi nelle commedie di Plauto.

Arlecchino approda quindi alla commedia dell’arte: il primo conosciuto fu Alberto Naselli, conosciuto come Zan Ganassa, nella seconda metà del 1500, seguì poi Tristano Martinelli, nel 1600, il cui ritratto nelle gallerie dell’Accademia di Venezia assomiglia in modo inquietante al grande commediografo ed attore Eduardo del Filippo.

Marcello Moretti arlecchino 1.jpgMarcello Moretti.jpgAltri Arlecchini importanti furono Dominique Biancolelli,Evaristo Gherardi, Carlo Bertinazzi, Tommaso Visentini, ed in seguito Antonio Sacco, che per primo recitò nelle commedie del Goldoni e poi in quelle di  Carlo Gozzi Gli ultimi grandi e famosi Arlecchini: Marcello Moretti e il grande Ferruccio Soleri.

Furbo, sempre affamato, un pò imbroglione, tuttofare, questa maschera carica di brio è uscito ormai dalla Commedia dell’Arte e sembra aver preso una vita tutta propria,  la capacità di esprimere l’arguzia, l’allegria, la trasgressione e, con il suo costume fatto di pezze colorate come le mille sfaccettature Arlecchino di Ferruccio Soleri.jpgFerruccio Soleri.jpgFerruccio Soleri Arlecchino.jpgSoleri.jpgdell’animo umano l’immagine stessa del Carnevale.

Gen 21, 2012 - Arte, Arte e mistero, Luoghi, Misteri, Società veneziana, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su Scoperte di tesori d’arte sotto i capolavori a Palazzo Ducale a Venezia

Scoperte di tesori d’arte sotto i capolavori a Palazzo Ducale a Venezia

Guariento-ncoVerginegrande.jpgSala del Maggior Consiglio.jpgNel 1903 gli addetti alla conservazione delle opere artistiche di Palazzo Ducale a Venezia, consapevoli dell’usura a cui era sottoposto l’enorme quadro del “Paradiso”  del Tintoretto, decisero di rimuoverlo per poterlo restaurare; una volta rimossa l’enorme tela ai loro occhi apparve un affresco: un assoluto capolavoro della pittura gotica di Venezia: l’incoronazione della Vergine del Guariento.

Egli era il più noto artista di Padova, pittore di corte dei Carraresi. Nato verso il 1310, già nel 1338 era riconosciuto “maestro”, in un’epoca in cui era ancora vivissimo il ricordo di Giotto, che aveva ultimato in quella città la Cappella degli Scrovegni nel 1306. 

Palazzo_ducale,_affreschi_di_guariento_01.jpgNel 1351 aveva già dipinto un affresco di “Incoronazione della Vergine” nella chiesa di S. Agostino  a Padova e poco dopo avrebbe decorato la Cappella dei Carraresi, di cui resta una bellissima schiera di Angeli sulla tavola, nella quale, distaccandosi da Giotto, l’artista è ancora più sensibile alla pittura veneziana di antica tradizione bizantina.

L’affresco di Palazzo Ducale è di circa venti metri di larghezza, doveva avere un’incantevole profusione di ornamenti d’oro e d’argento, che culminavano in un’immensa costruzione di figure di Santi, di aureole, di schiere angeliche, di vari colori secondo il grado gerarchico, legate assieme oltre che dagli stalli anche dai grandi cartigli nei quali i profeti, i santi e gli angeli indicavano i motivi di gloria della Vergine, secondo la cultura del tempo, con profusione di lussuosa eleganza nelle vesti, in un’atmosfera di liricità composta e pensosa.

L’affresco era stato nominato anche dal Sansovino ” Il cielo compartito a quadretti d’oro ripieni di stelle”; il Pallucchini commentava: dopo la Palazzo_ducale,_affreschi_di_guariento_03.jpgdecorazione musiva di San Marco , è questo il primo gaudioso tentativo di decorare a Venezia una grande superficie, e non più a mosaico, ma ad affresco”.

tintoretto_paradiso1.jpgL’opera venne compiuta dal 1365 al 1368, e ricopriva la parete di fondo della Sala, nella medesima posizione dove fu appunto posto(dopo l’incendio del 1577 che in parte lo danneggiò) il Paradiso del Tintoretto, nel 1590.

Il soggetto del Guariento è lo stesso preso due secoli più tardi dal Tintoretto e rappresenta ” L’incoronazione della Vergine e la corona celeste”. Sotto  il Trono della Vergine vi erano dei versi, ora quasi illeggibili, che Dante Alighieri avrebbe dettato per questo tipo di composizione tanto diffuso nel trecento:

“L’Amor che mosse già l’eterno Padre
Per figlia haver de sua deità trina
Chostei che fu del Suo Figliol poi madre
De l’universo qui fa la Regina”

stampa del Guarienti.jpgI versi richiamano l’inizio del Canto XXXIII del Paradiso del Sommo Poeta, e sono a commento dell’incoronazione della Vergine da parte di Cristo in un alto trono, attorno al quale si trovano gli evangelisti con angeli, musicanti, serafini, cherubini, profeti, apostoli, martiri e santi in una speciale distribuzione di scanni a schiera, secondo gli ordini delle varie gerarchie.

Palazzo_ducale,_affreschi_di_guariento_07.jpgCiò che si è potuto salvare di tale capolavoro si trova in una stanza adiacente alla Stanza del Maggior Consiglio, e si può ammirare in tutto il suo splendore, enigma ed arte unica a Palazzo Ducale..piccola parte di tutti i tesori artistici che rendono unico questo Palazzo e la città di cui è emblema.

Alla scholetta dei Calegheri a Venezia “Le maternità possibili”.

scoleta dei calegheri.png6579_-_Venezia_-_Madonna_della_Misericordia_(sec__XIV)_-_Scoleta_dei_calegheri_-_Foto_Giovanni_Dall'Orto,_8-Aug-2004.jpgVenezia è una città fortunata e ricca di palazzi e luoghi da adibire a diversi scopi; parlo ora dalla Scoletta dei Calegheri, in Campo S. Tomà a S. Polo.

 

La scuola era la sede della congregazione dei calegheri (calzolai), e conserva in sè ancora resti di affreschi del quindicesimo secolo, cone l’Annunciazione e i Santi. All’esterno notevole è il bassorilievo del Lombardo, del 1478, rappresentante S. Marco che guarisce S.amiano, patrono dei calzolai.

 

La scultura inoltre della Madonna della Misericordia bossorilievo del Lombardo.jpgimmagine di calzatura sul portale della scoletta dei calegheri.jpgsovrasta un portale in cui sono scolpite delle calzature.

 

Ora questa è diventata la sede della biblioteca di quartiere e luogo di convegni dedicati a conferenze. E proprio martedì 6 dicembre prossimo verrà presentato un libro a cui mi onoro di aver partecipato come coautrice assiene ad altre donne importanti e no: Alda Merini ad esempio, o persone appunto come invito a Venezia.jpgMaternità Possibili.jpgme, ma tutte legate al tema della maternità: vissuta, non vissuta, voluta o non accettata: ma sempre e comunque un elemento sostanziale dell’essere donna, che vuol dire accoglienza, generosità, voglia di farsi coinvolgere, o essere solo e comunque madri di sè stesse.

 

Tutto questo per mezzo della capacità e della volontà di due donne straordinarie, come Emilia Miraztchijska e Rayna Castoldi che hanno raccolto esperienze, testimonianze, pensieri o altri modi di concepire questa parte essenziale delle donne di diverse nazionalità , tutte accomunate dal fatto che le donne sono tali in tutte le latitudini.

 

Maternità possibili 1.jpgVi ringrazio per la pazienza e spero che, chi ne abbia l’opportunità, possa ritrovarsi ad ascoltare e a discutere insieme di questo affascinante ed essenziale argomento che è alla base della vita.

Nov 29, 2011 - Luoghi, Mestieri, sport, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su La caccia in Laguna a Venezia ed i noccioli di ciliegia.

La caccia in Laguna a Venezia ed i noccioli di ciliegia.

archibugio.jpgA Venezia era molto diffusa la caccia in laguna, per cui gli archibugi erano largamente utilizzati da ricchi e poveri. L’unica differenza tra le due categorie era il costo del piombo: i nobili e ricchi potevano acquistare le “palle di piombo” dei vari calibri per le pistole, gli schioppi a pietra focaia ad avancarica e per i moschetti.

Le armi ed i proiettili venivano acquistati presso le “Armerie” controllate dalla “Quarantia Criminal” (l’attuale Polizia di Stato) e registrati come laguna%20venezia-300.jpgcaccia inb laguna 1.jpgLA%20caccia%20in%20Laguna.jpgproiettili.jpgacquisto di proprietà individuale: durante il periodo di caccia, visto il largo consumo, i nobili potevano far colar il piombo per le munizioni, contrassegnandole con un apposito stampino personale.

Ma i poveri, che ben potevano ricavare dalla caccia, venuti in uomo con moschetto.jpgnoccioli di ciliegia.jpgpossesso di un’arma da fuoco ma non avendo la possibilità di acquistare le munizioni si ingegnarono alla grande: ebbero la geniale idea di creare proiettili dai noccioli di ciliega, ben puliti ed idonei per “calibro” ad essere utilizzati con la polvere da sparo.

palle%20archibugio.jpgproiettili in terracotta.jpgIl nocciolo molto duro della ciliegia divenne quindi il più economico ed il meno controllabile da parte della Quarantìa Criminal. Per le cacce in laguna si crearono quindi noccioli di ciliegia, proiettili in terracotta, per i calibri più grandi gli ossi delle pesche, normalmente utilizzati per lo schioppo, denominato in dialetto “schioppeton”.

Il fucile, che assomigliava molto all’archibugio, lungo fino a 2,70 metri veniva posizionato e ben legato alla prua della barca, aveva un avancarica con una grossa canna, all’estremità era a tromba, con l’accensione a miccia o a pietra focaia. Per caricarlo serviva polvere nera e poi una gran quantità di proiettili o di terracotta, o noccioli di ciliegia o di pesca o di sassi.

Disegni-Caccia-in-Laguna.jpgcacciatore.jpgIl suo sparo era micidiale per il bersaglio a peli d’acqua per la caccia palustre. Dalle descrizioni storiche con un colpo di schioppeton ben mirato si poteva uccidere un intero stormo di anatre, arrivando a raccogliere da un minimo di quindici ad un massimo di trenta volatili.

Per i ricchi e nobili la caccia era un divertimento, mentre per i poveri era un modo come un altro per sbarcare il lunario: come si suol dire la fame aguzza l’ingegno, per cui per loro questa attività diventava veramente una necessità e non certo uno sport …l’unica scusa reale per arrivare ad uccidere delle creature libere ed indifese.

 

 

Prendersi a pugni sul ponte

7-Ponte dei Pugni.jpg

Desidero accompagnarvi in un ipotetico percorso   lungo il sestiere  di  S.Croce, uno dei sei che formano la città. Gli altri sono Dorsoduro, S. Polo, Cannaregio, S. Marco  e Castello. I sestieri sono rappresentati a prua delle gondole come il pettine formato appunto da sei punte. Da Piazzale Roma proseguiamo verso i Tolentini, e con tranquillità, si arriva in Campo S. Barnaba  (proprio vicino ad una sede dell’università di Cà Foscari).

Siamo a Dorsoduro: eccoci quindi arrivati alla prima curiosità. Un ponte, sembra uno qualsiasi ma qualsiasi non è . Fino a qualche tempo fa era privo di spallette, e la sua sommità sembra un ring ai quattro lati sono impresse delle orme di piedi, dove venivano raffigurate, in un vero incontro di box. le postazioni dei contendenti. Non è l’unico ponte di questo tipo, ma è comunque un esempio della pragmatica lungimiranza del governo della Serenissima.

I membri dei vari sestieri covavano spesso inimicizie, invidie e diatribe con i componenti di altri sestieri: in questo caso erano i Castellani che non riuscivano sicuramente ad accordarsi con i nicolotti-

 Facile quindi prendere fuoco per una frase mal riferita, per una provocazione, ma, visto che l’omicidio era condannato8-Orma del Ponte dei Pugni.jpg con la pena di morte, i Dogi avevano scovato un rimedio giusto per tutti i mali: due contendenti di un Sestiere e due dell’altro si mettevano in postazione, i piedi posti sopra le orme scalfite sulla pietra e poi via, scazzottate a tutto spiano, che un po’ alla volta coinvolgevano anche trecento, quattrocento persone.

Essendo il ponte sprovvisto di spallette, chi veniva colpito in modo netto finiva in acqua, ma senza farsi male, perché il canale veniva costantemente dragato in modo che la nuotata contribuisse a ridare un po’ di lucidità ai contendenti, fino a quando, soddisfatti tutti, la disputa veniva dichiarata conclusa. Era un sistema molto saggio per far sfogare i livori senza violenze vere e proprie, in una città in qualche modo molto piccola, dovecomuque tutti dovevano e si sentivano chiamati a collaborare per la sua vita e per il suo splendore.

9-Stampa del Ponte dei Pugni.jpg
Nov 10, 2011 - Architettura, Arte, Chiese, Luoghi, Società veneziana    Commenti disabilitati su Venezia : miracolo di tecniche, conoscenze e capacità dei suoi costruttori.

Venezia : miracolo di tecniche, conoscenze e capacità dei suoi costruttori.

CANALETTO.jpgI metodi costruttivi di Venezia come quelli distributivi sono diretta conseguenza della particolare topologia della città, della sua doppia viabilità (acquea e terrestre) e della speciale organizzazione sociale e politica della Serenissima. Tutti questi fattori sono rimasti pressochè inalterati nel tempo.

Per giustificare questa permaanenza attraverso i secoli occorre far presente altri due fattori: uno consiste nella difficoltà e nel conseguente alto costo per il trasporto alla città dei materiali da costruzione, l’altro è il carattere alieno dagli sprechi e qualche volta tenacemente conservatore dei veneziani; i due fattori sono in parte conseguenza l’uno dell’altro.

Grado.jpg001ItaliaVeneziaTorcello.jpgPer edificare Venezia sono stati portati non solo tutti i materiali occorrenti, ma all’inizio sono stati adottati anche i metodi costruttivi già sperimentati in altri centri lagunari che hanno formato nel medio evo il Ducato Veneto (Grado, Caorle, Jesoplo, Torcello, Malamocco, Chioggia) . Da questi centri più antichi della Repubblica sono giunti, assieme alle popolazioni, anche dei materiali di recupero e addirittura intere parti costruttive o deorative, come capitelli, colonne,  architravi etc. che formavano edifici costruiti altrove.

Cansiglio.jpgMontello.jpgCome dice E. Bassi, Venezia è una città  nata adulta, e tutto ciò che è stato usato per la sua costruzione è stato portato da altre località spesso molto lontane: il legname per gli edifici e per le navi veniva dalla foresta del Cansiglio e del Montello, in seguito anche dal Cadore e addirittura dalla Dalmazia.

L’argilla per i mattoni, le tegole e altri elementi Colli Euganei.jpgburchi sul Brenta.jpgBurchio.jpgin terracotta veniva dalle cave della terra ferma e veniva cotta all’interno della città: vicino alla Salute si trovano ancora Calle della Crea (calle della fondamenta della foirnace 1.jpgFondamenta della Fornace.jpgcreta)e Rio e Fondamrnta della Fornase (della Fornace). La sabbia silicea veniva trasportata, come accade tutt’ora sui ” burchi ” delle grosse imbarcazioni che navigavano lungo il fiume Brenta.

La pietra da taglio era di due tipi: il marmo rosso di Verona (dal XIV al XV secolo),e la pietra d’Istria che era estratta nella zona di Rovigno. In seguito , per i masegni, venne utilizzata la trachite o selce Canale dei Marani.jpgproveniente dai colli euganei. Altri marmi di uso comune erano il grigio  del Carso ed il marmo greco.

Dall’Istria e dal Carso provengono anche i grossi massi usati per la costruzione dei Murazzi e di tute le altre difese alberoni_murazzo.jpgmurazzi.jpglitoranee: queste pietre venivano trasportate costeggiando il litorale adriatico e percorrevano i canali interni della laguna con barche dette ” Marani” (dalla località di Marano sulla laguna di Grado); vi è ancora il Canale dei Marani tra Murano e Venezia.

I metalli come il ferro ed il rame provenivano dalle montagne e da località come Feltre ed Agordo.

muri romani a Venezia.jpgaltinelle come pavimentazione.jpgPalazzo_Michel_delle_colonne_VE.jpgIn una città in cui tutto veniva importato tutto veniva utilizzato e se necessario riutilizzato, seppure con qualche adattamento.Si può notare infatti come certi materiali siano stati reimpiegati in costruzioni di epoche successive, anche più volte a distanza di secoli. E’ il caso dei piccoli mattoni romani, le “altinelle” provenienti da Altino.

venezia_palazzo_giustiniani.jpgVenezia-Palazzo_Malipiero.jpgAlcuni edifici tra i più importanti sono stati riedificati sopra vecchie fondamente e con planimetrie sostanziamente invariate, come ad esempio Palazzo Michiel, Palazzo Giustinian e Palazzo Malipiero, tutti affacciati sul Canal Grande, e  edifici sacri come 250px-Venice_-_Chiesa_di_S__Maria_Formosa_01.jpggiovanni_crisostomo.jpgsan-polo12.jpgla stessa basilica di S. Marco, le chiese di S. Maria Formosa, S. Giovanni Crisostomo, S. Polo, S. Sofia, ecc.

Venezia, una Repubblica ed una città nata già antica, in un miracolo di varie tecniche, conoscenze, capacità e forte volontà dei veneziani che di questo miracolo hanno fatto un luogo fiabesco, quasi sospeso sulla sua laguna e meravigliosamente e riccamente decorata, unica al 4943_venezia_chiesa_di_santa_sofia_torcello.jpg5680_venezia_chiesa_di_s_eufemia_giudecca.jpgmondo.

 

Ott 6, 2011 - Luoghi, Mestieri, Società veneziana, tecnologia, Tradizioni    Commenti disabilitati su Il sale di Venezia: la prima risorsa per i commerci di una Repubblica ricca ed illuminata nascente.

Il sale di Venezia: la prima risorsa per i commerci di una Repubblica ricca ed illuminata nascente.

plan-lagunedevenise.jpgL’inizìo della Repubblica di Venezia fu caratterizzato dal fiorente commercio tra le due sponde dell’Adriatico che distano in media tra di loro circa un centinaio di miglia. Il primo scambio di merci avvenne, conosciamo dalle antiche documentazioni si svolgeva tra il litorale e le isole della laguna mediante piccole imbarcazioni, adatto alla navigazione tra i canali di basso fondale.

Comacchio 1.jpgComacchio.jpgDa questo traffico ebbe origine un primo collegamento con Comacchio e Ferrara a sud, con Grado ed Aquileia a nord, ed infine il retroterra attrverso le vie naturali dei fiumi.

Ferrara.jpg

Grado.jpgIl commercio con le materie prime in un’area più vasta si svolse poi con Ancona e le Puglie nella costa occidentale e con i numerosi porti della costa orientale.

Ancona, con il suo porto naturale costituiva una base allo sbocco di un’antica strada romana, che attraverso l’Appennino giungeva fino a Roma.

Dalle Puglie la Venezia nascente importava derrate alimentari come grano, Aquilieia.jpgvino ed olio che poi venivano esportate ai vari centri della pianura padana. Venezia deteneva quindi il monopolio del sale ed aveva una speciale magistratura a sovrintendere questa risorsa così fruttifera nei secoli.

La principale forma di ricchezza per Venezia nell’XI secolo era costituita dal commercio dell sale , ricavato dai giacimenti di acqua salata, le cosiddette saline in gran parte, all’inizio, di proprietà delle grandi abbazie. Lo Stato era intervenuto in questo commercio con un interessamento diretto, allo scopo non solo economico ma anche politico nell’assunzione di un monopolio così fondamentale per la vita della città. ” questo popolo” si diceva dei veneziani “non ara, non semina, nè vendemmia, eppure ha tanta ricchezza”.

05_Magazzini-del-sale.jpgbarche per trasporto sale a Venezia.jpgPoteva sembrare un paradosso per un’economia basata sui prodotti agricoli, com’era in genere quella medioevale. Venezia nello scambio e nel monopolio di alcuni prodotti essenziali ebbe un innato fiuto mercantile, una concezione così deterninata dalla coscienza delle sue forze ma anche delle sue debolezze ” il difetto di altre risorse naturali” dice Michel Mollot ” costuituiva in sostanza un incitamento saline a Venezia.jpgsaline-di-comacchio.jpgpressante a fornire al traffico vivacissimo un carico di sale disponbibile sul posto ad una clientela sempre assicurata.

magazzini del sale 2.jpgimmagine di saline a Venezia.gifmagazzini del sale Venezia.jpgLo sviluppo del commercio del sale a Venezia verso il mille non  aveva equivalente in tutta Europa: questo fu l’inizio della  grande storia di una grande, unica città Stato che divenne in seguito la fiera Serenissima.

 

Le meraviglie degli ingegneri Veneziani e l’equilibrio della Laguna.

ponte della moneta.jpgcarta della laguna di Sabbadino.jpgLa storia di Venezia si spiega nel connubio tra mare e terra, che costituisce un privilegio ma anche un impegno a ragione della sua singolarità, per cui il mare è amato e temuto come una forza che presiede alla vita stessa della città.

La laguna di Venezia si estende dalle foci del fiume Brenta a sud, quelle del Sile a nord, su una lunghezza di oltre quaranta Km. ed una larghezza variabile dagli otto ai dodici Km. Essa comunica al mappa.jpgLaguna_di_Venezia.jpgmare attraverso tre porti, Lido, Malamocco e Chioggia., cher distano tra loro poco più di dieci Km. Essi si trovano ai due estremi dell’isola lunga e stretta chiamata appunto Lido, che fa da contrafforte al mare, e dell’isola di Pellestrina.

Dall’apice del campanile di S. Marco si puo ammirare la posizione di Venezia nella laguna: da un lato le varie isole di Venezia che fanno corona e dal lato opposto lo stendersi della campagna veneta che inizia al bordo della laguna e giunge, a vista d’occhio fino al profilo lontano delle montagne,

Venezia dall'alto.jpg4921_venezia_canal_grande.jpgCanal Grande mappa.gifLa struttura urbana è rimasta intatta  il Canal Grande predomina sugli altri e si snoda a forma di “S” dividendo la città in due parti per quasi quattro chilometri, e corre probabilmente nell’antico alveo del Brenta che giungeva fino all’isola di Rialto.

Piave.jpg

La regolazione del corso dei fiumi costituì uno degli impegni più ardui e di difficile attuazione: Immediatamente a sud della laguna sboccano due dei maggiori fiumi italiani: il Po e l’Adige, e la loro sistemazione necessitò di imponenti opere idrauliche. Il Brenta, il Bacchiglione il Sile e il Piave, che 400px-Wiki_1610_Taglio_Nuovissimo_Brenta.jpgsboccano sulla laguna, furono convogliati in un alveo opportunamente costruito oppure furono fatti defluire attraverso canali interni.

Tra le opere idrauiliche più imponenti è da ricordare la deviazione del Brenta e del Bacchiglione attuata alla metà del 500 dal famoso ingegnere idrauliuco Cristoforo Sabbadino, che ideò altresì lo spostamento del mappa del Piave.jpgSile.jpgcorso di una delle foci del Po, allontanandolo così da Venezia attraverso “il taglio di Porto Viro”, finito nel 1604.

Col Sabbadino collaborò il cartografo Giacomo Gastaldi, il maggiore cartografo italiano del 500, e al Sabbadino si deve il progetto delle due grandi dighe su mare a Malamocco e al Lido, che venne attuato tre secoili dopo la sua morte.

1565-_Giacomo-Gastaldi-Univ.jpgBacchiglione.jpgtaglio di porto viro 2.jpgIn quest’alveo naturale i maggiori ingegneri della Serenissima dovettero battersi per secoli con coraggiose opere idrauliche che taglio di Porto viro.jpgpermisero alla grandissima Repubblica di mantenersi in un equilibrio terra-mare straordinario, uomini illuminati, competenti e straordinari….la Serenissima , esempio di scienza, capacità e volontà che tutti i veneziani rimpiangono.

 

 

Set 17, 2011 - Architettura, Arte, Luoghi, Personaggi, Società veneziana    Commenti disabilitati su Alessandro Leopardo e il cavallo di Bartolomeo Colleoni

Alessandro Leopardo e il cavallo di Bartolomeo Colleoni

Corte del Cavallo.jpgsan_marco--190x130.jpgVicino alla chiesa della Madonna dell’orto si può accedere alla Corte del Cavallo: il suo nome si deve al ricordo del luogo in cui un fantastico artista Alessandro Leopardo ( o Leopardi), realzzò e fuse il  maestoso cavallo del monumento dedicato a Bartolomeo Colleoni, monumento collocato davanti alla chiesa dei SS., Giovanni e Paolo, e che per la figura del Capitano di Ventura venne chiamato Andrea del Verrocchio.

Ma non da meno fu l’artista Leopardo che a Venezia ha donato la realizzazione dei pennoni che in Piazzetta S. Marco , realizzati proprio al bacino di S. Marco, caqvallo di colleoni.jpgcavallo e colleoni.jpgreggonoi le bandiere di Venezia.

Monumento al Colleoni.jpg

Egli collaborò anche alla realizzazione della tomba del Cardinal Zeno a S. Marco. Artista forte, prorompente, amato ed apprezzato ma poco ricordato dai libri d’arte. A Venzia invece è ricordato come Alessandro del Cavallo.

Colleoni.jpgil cavallo del momunemto alk §Colleoni.jpgAlessandro Leopardo, un brande artista che, se non troppo ricordato nelle guide turistiche o nei libri d’arte rimane sempre nel cuore e nella cultura dei veneziani: un tesoro artistico  che anche chi non ha avuto  l’opportunità di studiare vive e riesce a convivere quasi come un esperto ed amante d’arte con un dna tutto particolare: i veneziani hanno creato Venezia, e se Venezia è questa meravigliosa miniera di realizzazioni artistiche tutto il merito va agli artisti ma anche alla gente semplice ed agli artigiani.

 

Ago 29, 2011 - Architettura, Arte, Luoghi, Mestieri, Società veneziana    Commenti disabilitati su Il Ponte della Paglia a Venezia

Il Ponte della Paglia a Venezia

immagine del ponte derlla Paglia.jpgponte della paglia 1.jpgIl ponte che dal molo di S. Marco collega Riva degli Schiavoni e corre parallelo al ponte dei sospiri,venne costruito nel 1100 , era largo circa tre metri, e la sua parte più antica è proprio quella prospicente il Ponte dei sospiri: si tratta del Ponte della Paglia.

Esso trasse il suo nome dalla Stazione di sosta ubicata in quel luogo per permettere il carico e lo scarico delle barche cariche di paglia e fieno. Anticamente la paglia da vendere era usata per i pagliericci, per coprire i tetti delle case più povere impastata con fango ( e per questo motivo tanti incendi si sviluppavano nella antica Venezia), oltre ad altri usi domestici; veniva usata nelle stalle, ubicate a Castello,  e il fieno veniva utilizzato per nutrire i cavalli e gli asini.

proigioni.jpgL’impiego della paglia era abbondantemente utilizzato per i pagliericci delle carceri.

ponte della paglia del canaletto.pngAi piedi di questo ponte erano poste le garitte (piccole casette in legno) , una ubicata vicino a Palazzo Ducale e l’altra vicino alle carceri, ed i soldati della Serenissima che stavano all’interno controllavano l’entrata e l’uscita dei cittadini in transito sul Ponte; oltre a questo compito essi dovevano vigilare sul commercio e far pagare i dazi dovuti allo Stato per lo scarico di questo materiale così importante e necessario per la vita della Serenissima.

Ponte-della-paglia-02.jpgIn certi giorni davanti alle carceri e presso la garitta venivano esposti i cadaveri degli annegati per il dovuto riconoscimento.

Il Ponte della Paglia quindi, ampliato nel 1854 e diventato così com’è ora era un luogo importante e nevralgico di questa città, che fa parte della sua storia quotidiana, dei cittadini più semplici e della loro vita: Venezia e i suoi cittadini, Venezia e le loro necessità ..meraviglioso pensarla anche così!