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Giu 24, 2010 - Leggende, Luoghi, Misteri    13 Comments

L’isola della Donna Vampiro

la donna vampiro.jpgLinea per ragigiungere l'Isola del Lazzaretto Nuovo.jpgSe chi vuol fare un’esperienza diversa, percorre a piedi la Strada Nuova, ed arriva alle Fondamente Nuove, proprio di fronte al Cimitero Monumentale di S. Michele, qui prendendo la linea 13 del vaporetto, scegliendo come fermata a richiesta  l’Isola del Lazzaretto Nuovo, ecco che può sbarcare in un luogo molto particolare, ricco di verde, di siti archeologici, e luogo misterioso dove il 7 marzo dello scorso anno  venne ritrovato il famoso teschio della “donna vampiro”, quello con la mattonella infissa nella bocca ( a cui ho dedicato un mio post).

Posta all’ingresso della laguna, a nord-est di Venezia, e posta proprio di fronte all’isola di S. Erasmo, nell’antichità ebbe una funzione strategica a controllo delle vie acquee verso l’entroterra.

Isola del Lazzaretto Nuovo.jpgSembra che i primi reperti archeologici risalgano all’età del bronzo, tra il 1200 e il 1000 A.C.
Castello est del Lazzaretto Nuovo.jpg
Isola del Lazzaretto nuovo 1.jpgREcentemente sono state rinvenute varie monete raffiguranto Zeus ed Apollo, collocabili tra il 238 ed il 168 A. C. Il primo documento riferentesi all’isola, denominata Vigna Murada, è un atto notarile.

Nel Medio Evo fu proprietà dei Monaci di San Giorgio Maggiore che vi edificarono una chiesa intitolata a San Bartolomeo.

Nel 1468 l’isola divenne un lazzaretto, denominato nuovo, a differenza di quello già esistente, dove venivano inizialmente ricoverati i contagiati da peste conclamata, mentre in quello nuovo si cercava Hospitaler al Lazzaretto Nuovo.jpgL'isola nel secolo XVI-XVII dall'isolario di Antonio visentini.jpgdi attuare un’opera di prevenzione, e l’efficacia delle misure preventive portò ad avere un successo enorme, visto che l’epidemia si concluse due anni prima che negli  altri paesi europei.

Qui venivano ricoverate le navi e gli equipaggi di quelle navi sospette di portare contagio, perchè provenienti da zone contaminate o che trasportavano merci possibili ricettacoli di virus.

Per questo motivo vennero costruiti parecchi edifici, tra cui il Teson Grando, un enorme edificio, che come scrisse il Sansovino nel 1576 era dotato di 100 stanze, e cento camini alla veneziana, ognuno per ogni stanza, poste a ridosso delle mura di cinta, e costruite pozzxo nel lazzaretto nuovo.jpgTeson Grande.jpgtettoie (teze) per la purificazione delle merci, per cui si usavano fumi di erbe aromatiche, quali ginepro e rosmarino.

priore.jpgL’organizzazione faceva capo ad un priore, dipendente dal Magistero della Sanità, dai guardiani, che scortavano i passeggeri delle navi alle camere, e che prendevano nota (sapevano leggere e scrivere) delle varie operazioni di sbarco.

Le merci invece erano trasportate dai “bastazzi” chiamati così perchè trasportavano i pesi (basti), ed erano facilmente riconoscibili per il loro vestiario: casacca, braghe e camicia di tela ruvida, nei colori azzurro cenere o giallino pallido, e larghe bretelle rosse o bianche incrociate sul petto o sulla schiena.

Per ricordare dove riportare le merci “disinfettate” i bastazzi usavano scrivere sulle pareti del Teson Grando sigle ed annotazioni utilizzando un colore rosso bastazzi_tezon.jpgiscrizioni sul muro del Teson.jpgsul muro del teson altre iscrizioni.jpgbrunastro a base di ossido di ferro.

Quando si verificarono le prime morti per peste in quel lazzaretto, divenne una figura presente e considerata di malaugurio di un “medico della peste” (di cui ho gìà raccontato).
Pestilenza dopo pestilenza l’isola divenne un gran cimitero, ed a testimonianza di ciò si ritrovarono migliaia di reperti archeologici, scheletri, teschi, medagliette, monete, murrine.

medico della peste a Venezia.jpgNella epidemia del 1575 morirono cinquantamila persone, e la maggior fosse nell'isola del Lazzaretto nuovo.jpgCampi didattici estivi al Lazzaretto Nuovo.jpgparte vennero sepolte qui, a circa 60 centimetri di profondità dal piano di calpestio, persone povere, ceto medio ed anche nobili. All’epoca la sepoltura nei cimiteri dietro le reperto 1.jpgchiese o nelle chiese venivano operate soltanto per i Nobili morti di cause naturali e non certo per il terribile morbo.

Tutt’ora, per chi volesse passare una vacanza in un luogo strordinario, partecipando a scavi archeologici è possibile aderire a tali iniziative.

Giu 5, 2010 - Luoghi, Società veneziana    4 Comments

La mummia egizia, gli Armeni e Venezia

Tra le varie comunità che fanno parte del tessuto della popolazione veneziana, fanno parte anche gli Armeni.

COLLAR9.gifLa loro è una presenza connotata nella città, a partire dal Collegio, uno dei più grandi del mondo, frequentato quasi totalmente da armeni, di elevatissima difficoltà per cui, una volta licenziati, gli studenti possono frequentare qualsiasi università nel mondo.487296.jpg

imagesCA2SJQ3H.jpgLa lingua è difficilissima, anche perchè ogni fonema ha un simbolo; e da questo si può benissimo capire che queste persone sono in grado di parlare perfettamente diverse lingue.

Il popolo è cristiano dall’inizio del cristianesimo (erano infatti armeni gli Apostoli Taddeo e Bartolomeo), ed il culto cristiano è stato adottato come religione nazionale molte tempo prima che nell’Impero Romano.imagesCAXO6DW3.jpg

TKmag46667e4d7cda5.jpgcale e sotoportgo.jpgPoco distante una calle, la Calle degli Armeni è il cuore del nucleo abitativo (composto principalmente da commercianti), e in fondo il “sotoportego de Armeni” fatto di legno, da cui, attraverso una porticina, sempre in legno, si accede alla Chiesa di S. Croce degli Armeni.imagesCAIPO7OV.jpg

Esternamente pare un’abitazione qualunque, l’unica cosa che si nota è il campanile, fatto a cippolletta. L’edificio fu concesso agli armeni nel 200, e poi venne ampliato nel 600, ed è l’unica chiesa rimasta funzionante nel medio evo a Venezia.

imagesCAJQQSKR.jpgNel 1700 cominciò in Armenia una persecuzione contro i cattolici, tanto che il monaco Manug de Pierre, detto il Mechitar (il consolatore), che in terra natale aveva fondato molti monasteri, dovette fuggire prima in Grecia e poi, nel 1715 a Venezia.

imagesCAAJFN2P.jpgQui la Serenissima gli destinò un’isola precedente adibita a lebbrosario, e abbandonata già da due secoli circa: l’isola di S. Lazzaro, poco distante dal Lido

imagesCA1EIT2N.jpgimagesCA2CXBKG.jpgChiesa.jpgQui venne fondato un nuovo convento dalla congregazione Mechitarista, nel 1717, sulle rovine degli edifici preesistenti, ed al convento si unì un importante centro culturale armeno.

Nelle librerie del convento sono contenuti più di un milione tra libri e manoscritti, alcuni decorati con pietre preziose, di valore inestimabile, e nella biblioteca detta Europea i vetri delle finestre sono quelli originali, fatti a mano.

imagesCALTXSRU.jpgMa in assoluto i manoscritti più importanti sono un papiro indiano, il Corano di Murzad il Sanguinario (un sultano turco), e l’unica copia al mondo del libro di Colistene, sulla vita di Alessandro Magno; l’originale in lingua greca andò distrutto durante l’incendio della biblioteca di Alessandria d’Egitto.

Splendidi anche alcuni reperti non armeni, come un trono indiano del 1350 intarsiato in avorio, una palla d’avorio cinese formata da 14 sfere, l’una nell’altra, e la statuetta del terzo millennio a.c. di un vecchio curvo, proveniente dal nord dell’Iran.

mumm,ia.jpgMa l’orgoglio dei sacerdoti è la mummia egizia del sacerdote Nemenkot, avvolta in un telo di perline originale.

Lord Byron fu spesso ospite in questo convento, deliziato sembra dalla marmellata di rose che i monaci producevano.

Tutt’oggi i visitatori vengono accolti con gentilezza e simpatia, e possono così ammirare un luogo splendido con bellissimi giardini.

 

 

Mag 26, 2010 - Tradizioni    1 Comment

Lo sfoggio della potenza a Venezia: le Processioni religiose.

Particolare della Processione del Doge nella domenica delle palme.jpgNell’apparato legato alla liturgia ma anche allo sfoggio di potenza e di ricchezza, le processioni a Venezia costituivano per la nobiltà ed il popolo veneziano momenti di gran giubilo: spettacoli in cui le scuole, gli ordini religiosi, il patriziato, la Signoria e lo stesso Doge potevano far sfoggio di quanto più prezioso possedevano in un’aria di festa e di composta solennità, quasi un rituale che si inquadrava nelle architetture nel fasto e nel colore tutto orientale della città.

Numerosi sono i quadri che immortalano questi momenti, dipinti da grandi pittori come Gentile Bellini e Giovanni Mansueti.

diari di Marin Sanudo.jpg200px-Marin_Sanudo_Inscrizione.jpg250px-Gentile_Bellini_004.jpgMa molto meglio è poter seguire la descrizione tramandataci da Marin Sanudo, attraverso i suoi diari, di una solenne processione svoltasi in Piazza San Marco, che ebbe luogo il 10 ottobre 1511, in occasione della Lega Santa , promossa da Giulio II di Spagna, l’Inghilterra, gli Svizzeri e Venezia, contro il re di Francia.

Piazza San Marco appariva animata dagli stendardi al vento, in un tripudio di colori sullo sfondo di Palazzi ornati da ricche stoffe appese alle finestre, da gonfaloni sgargianti e tappeti orientali.

Marin Sanudo.jpgPersino le statue degli Apostoli nella Basilica di San Marco  erano adornate di paramenti sacri, tra il luccichio dorato delle coperture di festa delle balaustre, i velluti rossi decorati in oro e di broccato sui pulpiti, ed i tesori più preziosi della chiesa bene in vista.

Mariegola della Scuola S. Giovanni Evangelista.jpgNella processione appariva prima la Scuola grande della Misericordia, con i candelieri dorati ed il baldacchino di velluto posto sopra il porta reliquie, tra le quali la famosa icona d’argento donata dal Cardinale Bessarione; seguiva la Scuola della Carità con il cappello di porpora del Cardinale sul vassoio, poi la Scuola di San Giovanni Evangelista, quella di San Rocco, che aveva come emblema il 59__mariegola.jpgCrocefisso e non lo stendardo, ultima la Scuola di San Marco.

dono del Cardinale Bessarione a Venezia.jpgCardinale Bessarione.jpgLo storico narra che per decreto del consiglio dei dieci non potevano sfilare più di cinquecento confratelli popolari per scuola, a parte quella di San Marco (600) secondo la concessione fatta in seguito all’incendio della sede nel 1485.

Il corteo di ogni scuola era  preceduto da ventisette bambini: ” putini piccoli vestiti in modo de anzoleti, quali tutti portavano arzenti in mano”.

Un altro personaggio sfilava davanti ad un’altra scuola, e rappresentava la Giustizia, con la spada nella mano destra e la bilancia d’argento in quella sinistra. Altri portavano doni fatti alla Scuola, come il piccolo trono d’argento donato dalla duchessa Beatrice Sforza a Gian Antonio Dandolo.

portatori dei vessilli nella processione.jpgAl centro, sotto il baldacchino, spiccava la croce astile delle scuole, accanto alle immagini ed alle reliquie dei protettori, perfino la Pace e la Misericordia  erano personificate da due fanciulle che recavano due motti in latino.

Facevano seguito le immagini dei re di Inghilterra e Spagna, del Papa con due cardinali, mentre il re di Francia era circondato dalle fiamme e portava una scritta che recitava: Signore aiutami perchè sono bruciato in questa fiamma.

Dopo le Scuole grandi era la volta degli ordini religiosi che recavano reliquie, argenti ed immagini con iscrizioni, tra cui un “San Marco” che dice: ” Son Marco Evangelista tuo tutore, ch’è sempre davanti a Dio e Protetore. Non creder figlia mia m’abi smendicato: la tua corona illesa t’ho servito cessa i sospir, cessa li to pianti che felice ti farò più ch’a inanti”

Giovanni+Bellini+-+Doge+Leonardo+Loredan+.jpgProcessione reliquia della Santissima croce a S. Lio.jpgProcessione dell'XI secolo a Piazza San marco.jpgIntanto suonavano le campane, mentre gli artiglieri delle navi alla fonda sparavano a salve ( “soni di tromba e pifari e trazer di artillerie da li nobili erano in porto”).

Naturalmente quello vestito più lussuosamente era il Doge, Leonardo Loredan (vestito di un manto di ristagno d’oro fodrà di armellini e con il bavero di armellini el soto vesta de veludo cremixi e in capo havìa bareta di restagno d’oro, ma avanti li era portata una confeteria, la bareta ducal di zoie”).Lo seguivano i procuratori, i membri del Consiglio dei Quaranta e del Consiglio dei Dieci e centocinquanta patrizi (“s’chè fu bellissimo veder tanta nobiltà”).

Processione con il Doge a Venezia.pngProcessione in Piazza San Marco.jpgLa Processione, iniziata alle 16 finì alle 21 ( ” et con gran jubilo et leticia di tutta la terra et a confusion de rebelli”).

Tutto lo sfoggio di una Repubblica allora solidissima, ricca e potente che poteva ostentare tanto sfarzo ed opulenza, a metà tra occidente ed oriente: uno spettacolo imponente e magnifico.

Le enigmatiche triplici cinte a Venezia

gioco.jpgLarchens.jpgConosciuta ai più attraverso una seria ed intensa ricerca di Marisa Uberti,( vedi il blog due Passi nel Mistero) la triplice cinta è ancora enigmaticamente misteriosa: si riconosce al vederla, nel gioco popolare delle pedine chiamato comunemente “filetto” in Italia, ed è sempre sotto l’aspetto ludico che è stata considerata.

Ma l’enorme diffusione in tutti i territtori percorsi dai Cavalieri Templari al ritorno dalle Crociate, ed i luoghi stessi dei ritrovamenti delle incisioni lasciano incerti, perplessi ed alla ricerca di una spiegazione.

Sono state trovate graffite in rocce rupestri, sui muri di antiche chiese, su gradini di vecchie case.

triplla cinta nella torre di Chinon.jpgFortezzza di Chinon.jpgChinon.gifMa il ritrovamento di graffiti simbolici lasciati su pareti in verticale da alcuni dignitari dell’Ordine Templare, prigionieri nella Torre della fortezza di Chinon, in Francia, apre nuove prospetive sull’ipotesi di possibili altri impieghi.

Sembrerebbe che dietro la triplice cinta si nascondesse una conoscenza più antica, un valore simbolico ed esoterico legato alle caratteristiche dei luoghi e della storia che li ha interessati.

in una chiesa.jpg1.jpgAlcuni esemplari sono stati trovati in India antica, in Egitto, nell’Impero Romano, perfino nelle incisioni rupestri di Val di Scalve ed in Valcamonica; comunque sarà capitato a qualcuno di vedere sulla facciata di una chiesa tre quadrati concentrici uniti al centro da una sorta di croce: è proprio la triplice cinta, presente non solo in edifici religiosi ma anche in antiche vestigia appartenenti a civiltà risalenti all’età del bronzo (3.550 a.c – 1200 a.c.).

Però è in particolare nel Medio evo che trova ampia diffusione soprattutto in alcune cattedrali gotiche e dove la presenza dei cavalieri templari non poteva mancare.

Rene Guenon.jpgtriplice cinta.jpgVi sono naturalmente delle letture esoteriche che spaziano, come quella di Rènè Guènon che le decodifica come i tre grandi stadi delle scuole esoteriche, o quella di Cherbonneau – Lassay il quale interpreta il quadrato interno come “il mondo terrestre”, inserito in un altro quadrato “il mondo del firmamento” e quello esterno “il mondo celeste”, più ampio e con più grande valenza simbolica in quanto in esso risiede Dio con i puri spiriti.

triplice cinta templare.jpgMa c’è anche chi la identifica come delle non meglio specificate ” linee del campo magnetico terrestre” o la presenza in quel luogo di un “varco dimensionale”,presente anche,per alcuni ricercatori, in una certa località di Barcellona.

E’ tutto da vedere e da dimostrare, anche se si suppone comunque una sorta di messaggio che i cavalieri templari lasciavano nei luoghi attraversati per quelli che successivamente sarebbe passati dopo.:.un linguaggio in codice.

01.jpgpiantina di S. Marco.jpgimagesCA23ZIG9.jpgTriplice cinta a San Rocco Venezia.jpgScuola di San Rocco.jpgnel tempio.jpgA Venezia ci sono tre triplici cinte: una si trova incisa su una panca in marmo accanto alla facciata della Scuola  Grande di S. Rocco, la seconda sul parapetto della balaustra al secondo piano del Fondaco dei Tedeschi (ora Poste Centrali di Rialto ) l’ultima  all’interno della Basilica di S. Marco, incisa su un sedile in pietra sul lato destro dentro la chiesa:  Memorie, tracce, così come ce ne sono tante in questa Basilica carica di tesori sia d’arte che d’oro e pietre preziose, ma estremamente enigmatica ed ancora, forse, tutta da scoprire.

Mag 12, 2010 - Leggende, Misteri, Personaggi    14 Comments

La donna Vampiro a Venezia, Dalla leggenda alla realtà

imagesCA0J6529.jpgIl ritrovamento venerdì 7 marzo di due anni fa nell’isola del Lazzaretto nuovo a Venezia, da parte dell’archeologo dottor  Matteo Borrini del teschìo di una donna (risalente a metà del 17° secolo), con un mattone in bocca, naturalmente un rito svolto in una creatura deceduta per peste, visto che in quell’isola di Venezia sono stati concentrati diversi corpi di defunti per questo terribile morbo, ci riporta a vecchie leggende veneziane che narravano di donne vampiro a Venezia. Si riteneva infatti che i portatori della peste fossero i vampiri, per cui trovando il corpo non decomposto di una vittima di questo morbo terribile, con un rivolo di sangue al lato della bocca, o dal naso (cosa naturale per chi moriva di quella malattia),  e per di più donna  (strega?)  secondo la credenza destinata a nutrirsi del sangue od anche solo delle energie dei viventi che si avvicinassero al suo corpo era come ritrovarsi  davanti la sconosciuta, la potente, chi è in grado di dare la vita, ma anche di toglierla … Per cui , per difendersi e difendere il resto della popolazione era necessario un rito: si teschio.jpginseriva un mattone nella sua bocca, e la “vampira” non avrebbe più potuto nuocere.

Tutto cio nasce dalla figura del Nachzeher, dalle parole tedesche Nacht (notte) e Zehrer(divoratore).

Da come si potrà intuire la figura è prettamente nordica, come una sorta di vampiro.  Secondo la tradizione  si tratterebbe di una persona morta annegata od un bambino che alla nascita sarebbe rimasto con tutto il sacco amniotico o soffocato dal cordone ombelicale.

Più interessante è la teoria Polacca (e numerosi ebrei vennero dalla Polonia a Venezia) Qui il Nachzeher è visto come un vero e proprio vampiro, al quale però non è stata data la possibilità di completare l’abbraccio, cioè non si è compiuta la definitiva trasformazione tra essere umano e vampiro.

imagesCAASFTAJ.jpgNon essendo un essere completo, si troverebbe in uno stato di torpore perenne all’nterno della sua tomba, non vigile ed incapace di intendere cosa stia succedendo; Proprio per questo si limiterebbe a masticare il suo sudario, come fosse una sorta di bambino.

Come altre creature leggendarie masticherebbe, come già detto, il proprio sudario, ed anche i suoi vestiti ed altre parti del corpo come le mani e le labbra.

Anche se apparentemente innocuo la leggenda vuole che il Nachzerher  rimanga in vita succhiando l’energia vitale degli esseri viventi che si trovano accantro alla sua tomba , e che da  portatore di peste, il suo sudario guarirebbe invece tutte le malattie, per cui c’era l’interesse, da parte dei “tombaroli” di trovare questi sudari, scatenando la violenza dei “vampiri” proprio contro chi si fosse reso responsabile del furto.

Il solo modo per fermare il Nachzehrer era quello di fermare la mascella del defunto, con dei sassi, delle monete, o con dei piccoli mattoni.

imagesCA47PZNI.jpgimagesCA30HD81.jpgQuesto mito ha attirato l’attenzione di diversi studiosi. Uno dei primi fu Philip Rohr, teologo, che nel 1679, nel trattato “De masticatione mortuorum” suggeriva che dietro questa immonda attività si nascondesse l’attività blasfema di un demone, Azazel.

imagesCAJ2P85V.jpgimagesCACGSTAO.jpgimagesCABM49G4.jpgSuccessivamente fu Michael Ranfitus, nel 1725, ad occuparsi dell’argomento. Egli propose due teorie: prima una spiegazione razionale, suggerendo che i rumori tra le tombe e la diffusione della peste fossero da ascriversi alla febbrile attività dei ratti , quindi dava una   supposizione                                                                                                                                                                                                                                               supposizione sovrannaturale:l’esistenza di imagesCAO6QZ86.jpgimagesCALOPZKB.jpgimagesCAM3992I.jpgun’anima vegetativa che aleggiava intorno al morto, causando la crescita dei peli e delle unghie ed a volte in grado anche di danneggiare i vivi.

Rimane comunque l’inquietante mistero di un teschio di giovane donna. di vecchie credenze e dell’ombra sinistra che il morbo della peste aveva portato e continuava a portare sui quei poveri resti, attori e vittime di leggende, storie e , magari, di angosciose presenze di esseri morti ed abbandonati, senza alcun rito, senza alcuno che li piangesse, così come accade in corso di terribili epidemie..sperando che non accada più!

Mag 1, 2010 - Misteri    5 Comments

Sior Rioba e la sua testa scomparsa: Spirito Massariol (poltergheist) o vergognosa incivilità?

Venezia_-_Palazzo_Mastelli_(del_cammello).jpgNon so come definire, se come uno scherzo, uno del Massariol, spirito  “polthergheist”, burlone e anima di Palazzo Mastelli a Venezia, legato ad un esorcismo del Cappellano di S. fantin,  reso necessario dal fatto che ogni giorno, alla stessa ora, suonassero in contemporanea tutti i campanelli delle stanze del Palazzo o il mondo burlesco, da Pasquino, con cui con l’ironia si castigavano i costumi della gente tipico di quello che venne attribuito all’illustre “scomparso” ( solo la testa, ma quanto basta) del cosiddetto Sior Antono Rioba, o naso di ferro, uno dei tre fratelli Mastelli raffigurati in fondamenta dei Mori, a Cannaregio, tra Campo Santi Apostoli e le fondamente nuove, e destinatario e mezzo di comunicazioni del popolo con l’esecutivo, chiaramente, ironicamente, ma comunicazione seria e pressante.

Sio Rioba o naso di Ferro.jpgcamello.JPGimmagine di poltergheist.jpgPalazzo Mastelli, il Palazzo dei Cammelli, e famoso per i fenomeni di poltergheist, come sopra descritto ,  che si sono succeduti nel tempo e che fanno di questo edificio  uno dei tanti legato all’idea di possessione e di mistero, vero! ed i suoi proprietari, che lo costruirono nel 1112, i fratelli Mastelli, commercianti di spezie, che per rendere unica la facciata del loro palazzo , fecero applicare una patara raffigurante un cammello: quindi, famoso ed unico Palazzo del Cammello.

Narra la leggenda che nelle notti  particolarmente fredde lo spirito, intrappolato all’interno della raffigurazione di Rioba , pianga, e che soltanto i puri di spirito, posando una mano sul petto della statua possano percepire i battiti del suo cuore.Sior Rioba in campo dei Mori.jpgRioba.jpgMoro a Venezia.jpgb1_camello_1.jpgSpero soltanto che ben presto l’importante ed unica testa di “naso di ferro” possa ritornare al suo posto per ridonare a questa immagine la sua identità, vergognosamente sottratta e per ricostituire un’unicum delizioso, legato all’essenza stessa di Venezia, delle sue etnie e alla struttura  di uno Stato multietnico, particolarmente moderno ed unico, che tanto avrebbe ad insegnare ai legislatori italiani.

 

Apr 27, 2010 - Luoghi, Società veneziana    4 Comments

I vecchi di Venezia, Giobbe e l’ ospizio di Zuanne

Ponti di S. Giobbe.jpgChiostro poi Orto botanico.jpgAll’Oratorio di San Giobbe in Cannaregio, affacciato sull’omonimo Campo, detto di S. Agiopo, all’altezza del Ponte dei Tre Archi (unico ponte a tre arcate di questa città) si compì la prima vera esperienza dell’ospizio per anziani che si conosca.

Giovanni Contarini.jpgNell’anno 1378 il Nobile Zuanne ( Giovanni ) Contarini, dopo essere rimasto vedovo, e fattosi frate, decise di impegnare i suoi averi nel poter dare una collocazione ed un aiuto alle persone anziane e povere della Serenissima, dedicando questa sua iniziativa a Giobbe ed alla sua pazienza nel sopportare le drammatiche prove a cui venne sottoposto.

Venne quindi costruito questo primo ospizio, con annesso un piccolo oratorio, ancora presente. In questo egli fu aiutato e sostenuto dalla figlia Lucia, ed anche con l’appoggio degli altri figli. Qui le persone bisognose e vecchie trovavano sostegno ed alloggio, e fu loro data anche l’opportunità altra sede dell'Ospizio.jpgConfraternita.jpgSan giobbe.jpgSan Giobbe, pala.jpgdi coltivare degli orti per potersi rendere in qualche modo indipendenti per quanto riguardava le verdure, orto che ora è diventato un Giardino Botanico.

Nel 1407 il Contarini morì, ma lasciò all’ospizio tutti i suoi beni. La figlia Lucia si rivolse alle autorità per poter ottenere anche l’eredità materna, ed affidò la conduzione e la responsabilità dell’Ospizio ad un Priore che nel frattempo ( siamo nel 1422) viene affiancato da nove governatori.

Per essere sicura della buona conduzione di tale opera decise di affidarla ad un Ordine Monastico, chiamati ” Gli eremiti di San Girolamo”. Essi accettarono volentieri l’offerta, ma dopo tre anni i “Gerolomini” adducendo l’esiguità di spazio decisero di lasciare l’incarico.

chiesetta di San Giobbe.jpgI Governatori si rivolsero allora ai frati minori osservanti, che con il beneplacito di Papa Martino V accettarono. Il 24 Novembre 1420 Frà Marco Querini ricevette in uso l’ospizio e la chiesetta: Lucia Contarini morì il 10 ottobre 1447, lasciando all’ospizio quanto suo padre aveva originariamente lasciato.

Due personaggi furono i promotori alla costruzione della Chiesa di San Giobbe: il frate francescano San Bernardino da Siena, che operò nella città prima di morire nel 1444, ed il futuro doge Cristoforo Moro, grande benefattore Veneziano.

Quest’ultimo nel 1471, tre mesi prima della morte, donò 10.000 ducati d’oro per il suo completamento.

L’opera ebbe inizio nel 1450 e venne consacrata nel 1493. La struttura della Chiesa venne progettata dagli architretti Antonio Gambello e Lorenzo di Gian Francesco, ed il campanile, dalle eleganti bifore in pietra d’Istra venne completato nel 1464, sempre con una struttura gotica.

Chiesa di S. Giobbe.jpgAd abbellire l’interno venne chiamato Pietro Lombardo: sul portale d’ingresso l’allegoria dell’apoteosi dello spirito chiesa con campanile.jpgfrancescano.

I decori degli stipiti invece partono dal basso e mutano: da cespi spinosi a fiori e frutti circondati da animali che si nutrono, nella tradizione dell’allegoria cristiana fino all’aquila, simbolo biblico della rinascita e della resurrezione.

Sull’arco tre statue di santi rappresentanti lo Spirito Francescano: S. Bernardino da Siena, San Ludovico da Tolosa, detto Sant’Alvise a Venezia, e Sant’Antonio da Padova.

I patrizi veneziani sepolti in questa chiesa sono il patrizio Francesco Marin, (1502) Pietro Cornaro stemma di Domenico Selvo.jpgChiesa di San Giobbe, portale.jpgChiesa di San Giobbe.jpgCristoforo Moro.jpg(1586) ed ai piedi dell’altare San Bernardino da Siena. Troviamo anche la tomba del Cardinale Marco Antonio da Mula (1570) e Domenico Moro , sepolto scalzo e con il saio Francescano.

Ospitale di San Giobbe.jpgOspizio di San Giobbe.jpgComunque l’Ospizio si articola in due edifici, un tempo chiamati ” Il Borghetto” e ” delle Vecchie”. Oltre alle abitazioni in zona San Giobbe, l’ospizio ha alloggi anche in Calle del Magazen, ( a Santa Margherita) in corte della Vida ( a San Francesco della Vigna a Castello)a San Giuseppe di Giovanni8 Contarini e sua figlia.jpgCastello, S. Tomà, in Porta di Chiesa di San Giobbe.jpgSan Bernardino da Siena.jpgSan Bernardino 2.jpgfondamenta del Forner dove al civico 2902 si trova l’immobile detto comunemente Palazzetto Madonna ( per il bassorilievo della Vergine sulla facciata), sede dell’Opera Pia Zuanne Contarini.

Come si può notare i veneziani avevano a cuore i derelitti, i deboli,e gli abbienti  si facevano carico, anche privatamente , delle loro necessità: La Serenissima, nobile, attenta ai suoi cittadini, solidale e  ricca di sostegni, generosità e rispetto civile!

Maria Maddalena e le tracce dei Cavalieri Templari a Venezia

Si ha notizia che nel 1222 venne eretta una chiesa a Cannaregio, in Venezia.

Il nome del committente è controverso: c’è chi, come Flaminio Corner la descrive come una cappella voluta dalla nobile famiglia Baffo, e di li a breve diventata parrocchia.

Forti indizi fanno invece pensare che la costruzione si debba alla nobile famiglia Balbo (che sarebbe un soprannome) il cui capostipite fu un certo Ezzelino.

imagesCAP1VVOF.jpgLa famiglia degli Ezzelini (il nome tedesco Hetzin significa letteralmente Ferro, vale a dire Guerriero, come già Attila e poi Timur), è giunta in Veneto tra il X e l’XI secolo.

L’illustre nonno di Ezzelino III, Ezzelino I detto il Balbo a causa di un difetto di pronuncia, nel 1148 partecipò alla seconda crociata con Corrado II re della Germania, combattendo contro i Turchi sotto le mura di Damasco ed i Fatimidi nel vano assedio di Ascalona.

Nel 1175, con Anselmo da Dovara fu al comando della Lega Lombarda che bloccò l’imperatore Federico il Barbarossa davanti ad Alessandria.

imagesCAYX0CGX.jpgInfine nel 1176 fu gonfaloniere della Lega Lombarda ed alla testa del contingente trevigiano partecipò alla battaglia di Legnano.

Il figlio, Ezzelino II dopo aver combattuto accanto a Ottone IV combattè contro gli Estensi e poi contro Venezia nel 1214.

Privo di avversari diretti di altre famiglie accrebbe il prestigio personale e familiare, finchè nel 1222 decise di ritirarsi in convento.

Ricevette così il soprannome del “Monaco” e lasciò la mano libera ai figli Ezzelino III ed Alberico.

Ezzelino il Monaco.jpgCon la presa del potere nel 1222 ed il padre in convento Ezzelino III, alfiere dei templari, anche per tradizione familiare,  dimostrò di possedere anche una grande ambizione. E sembra sia stato proprio lui a volere la chiesa dedicata alla Maria Maddalena.

biblica.jpgMaria Maddalena, questa donna unica di cui si è potuto dire che dopo la Vergine Maria fu la seconda donna del Vangelo.

Nel corso dei primi secoli i cristiani indugiarono soprattutto sul suo ruolo di messaggera della Resurrezione: Maria di Magdala è proclamata “Apostola apostolorum” e “Legata Legatorum” inviata degli inviati.

Verso la fine del VI secolo, quando le invasioni barbariche volgono alla fine, Papa Gregorio Magno identificò Maria Maddalena come la peccatrice anonima di cui ci parla S. Luca nel vangelo, e con Maria di Betania fece di lei il modello della conversione, della purificazione di cui la chiesa, nel confronto contro i barbari sentiva il bisogno.

Riferendosi alla ricerca del corpo di Gesù, la mattina di Pasqua, Gregorio disse di lei: A monumento domini, etiam discipulis imagesCA5MNNVI.jpgimagesCA05ZWLN.jpgimagesCA54CKRR.jpgimagesCAZFOSI9.jpgrecedentibus, non recedebat (da Sepolcro di Gesù, quando i discepoli se ne andarono lei non andò)-

Per cui la Maddalena rappresenta l’anima in cerca di Dio.

Nel 1297 il Capitolo Generale di Venezia proclamò S. Maria Maddalena patrona dell’ordine dei Predicatori.

images.jpgLa chiesa venne concepita a pianta circolare (l’unica, a Venezia) con copertura a cupola emisferica di chiara ispirazione all’architettura dell’antica Roma (Pantheon).

Di grande valore architettonico il portale, formato da un alto timpano iregolare sorretto da due lesene binate a capitello ionico.

Sopra alla porta di ingresso vi è una lunetta con bassorilievo di simboli massonici – templari, e la scritta: “Sapientia aedificavit sibi domum”.Approfondendo questo argomento risulta quanto sia stato  importante e determinante per quanto riguarda ll patrocinio dei templari in questa costruzione, in quanto la sapienza, o  Sophia è stata spesso associata alla Maddalena e ai versetti del libro dei Profeti: La Sapienza si è costruita la casa, ha intagliato le sue sette colonne.

Venezia-Cannaregio-Venezia-Centro-Storico-1113038430.jpgEsternamente all’abside è incastonato tra la copertura marmorea un bassorilievo raffigurante una Madonna col Bambino di origine quattrocentesca.

All’interno la chiesa presenta pianta esagonale con quattro cappelle laterali che conservano importanti tele settecentesche opera della Scuola di Giovanni Battista Piazzetta, ed un presbiterio campo 3.jpgfrontale.jpgimages.jpgquadrato occupante due lati.

La trabeazione della cupola è sorretta da dodici colonne bianche.

imagesCAM9MRCI.jpgtemplasri.jpgimagesCAXH0ITR.jpgIN seguito alla costruzione della chiesa, nel XIV secolo,  il Senato veneziano decise che il giorno dedicato a S. Maria Maddalena diventasse festivo. Successivamente la chiesa venne ampliata e ristrutturata da Tommaso Temanza, e venne anche aggiunto un campanile che nel 1888 venne abbattuto perchè pericolante.

Triplice%20Cinta.jpgcavalieri templari.jpgimagesCADQSOUY.jpgrio con chiesa.jpgAttualmente la Chiesa dipende dalla Parrocchia di S. Marcuola.

Quarta Crociata.jpgQuesta chiesa, insieme a diverse altre tracce lasciate dai cavalieri templari che qui transitarono, soggiornando per alcuni anni a Venezia, in concomitanza con la quarta crociata, e lasciando (nella leggenda veneziana) un tesoro nell’isola di S. Giorgio in Alga, oltre che a simboli legati alla comunità Templare, come le immagini delle Triplici cinte, incise in una panca di marmo davanti alla Scuola Grande di San Rocco, in un’altra nella Basilica di San Marco, ed una terza al piano superiore del Fondaco dei Tedeschi (ora poste Centrali di Venezia), ed altri simboli ancora legati alle prodezze di questi monaci-guerrieri che sono disseminati a Venezia, in una scia di mistero e di ricordi lasciati alle generazioni successive, fanno parte dei misteri, delle seduzioni, della Storia di una città Isola-San-Giorgio-in-Alga-2.jpgin perfetto equilibrio tra oriente ed occidente, ma proiettata anche in un futuro, che per noi è ora passato, che ha rivoluzionato la scienza e la navigazione del medio evo in Europa.

 

Mar 20, 2010 - Mestieri, Società veneziana    6 Comments

Gli Arsenalotti: artefici della sicurezza e della potenza navale di Venezia, unica al mondo!

flotta veneziana.jpgL’organizzazione interna dell’Arsenale aveva una rigida fisionomia gerarchica.La direzione veniva divisa nei due rami amministrativo e tecnico. Presiedeva e controllava tutto l’apparato produttivo una speciale Magistratura permanente detta “eccellentissima banca” una sorta di consiglio di amministrazione composto da ” tre provveditori dell’Arsenale” membri del Senato a cui dovevano periodicamente riferire, e da tre ” Patroni” scelti tra i membri del Maggior Consiglio.

La parte amministrativa era retta da uno ” Scrivano Grande” o ” Nodaro, da un Avvocato fiscale, e da un ” Nodaro Criminale”;

galea 4.jpgAlle loro dipendenze essi avevano ” Il Masser della Cassa”, vari ragionieri e contabili.

Il Masser doveva essere un personaggio piuttosto importante e con incarichi di estrema fiducia se doveva riferire, sotto giuramento nei primi giorni del mese , al Consiglio dei Dieci se i”Patroni” avessero compiuto il loro dovere.

Uno dei Patroni. divenendo una specie di ufficiale di picchetto, doveva a turno di 15 giorni dormire in Arsenale, galea veneziana 2.jpgcustodirne le chiavi d’ingresso, dei magazzini, delle officine e doveva eseguire una ronda notturna per ispezionarne le guardie: egli non poteva assentarsi nemmeno durante una seduta del Maggior Consiglio.

Dal lato tecnico ed industriale dirigeva l’arsenale il ” Magnifico Ammiraglio”; nominato per concorso egli proveniva dalle maestranze tecniche  più qualificate, cioè i “protomaestri dell’arte”.

Tutta una geriarchia prevedeva quindi: Protomaestri, Capitani, Proti, marangoni (carpentieri), calafati, remeri, alboranti, fabbri, taglieri, mureri, segatori, dei salnitri”.

galera e arsenalotti.jpggalea veneziana 3.jpgGrande attenzione veniva posta ai giovani, che all’interno potevano usufruire di una scuola: essi erano figli di arsenalotti, o giovani che venivano dagli istituti di carità.

Comunque tutte le istituzioni dei lavoranti in arsenale (arsenalotti) godevano di una grande prestigio nella Repubblica e costituivano una specie di casta privilegiata rispetto ad altri prestatori d’opera.

All’interno dell’Arsenale vennero anche costituite la Casa del Canevo ( corderia), la costruzione di cannoni e polvere di sparo: non a caso,  per ulterore sicurezza, vennero costruite due porte: Porta di Artiglieria, costruita alla fine del 500 , che costuiva un aspetto solenne all’ingresso del “Parco dell bombarde” dove si conservavano i trofei guerreschi artisticamente disposti per essere esibiti ad illustri visitatori, e nell’ottocento, la Torre di Porta Nuova.

galera veneziana.jpgCome sempre, all’utilità si univa anche la capacità di unire l’arte, vera, formalmente fantastica ..perchè questo è stata ed è sempre venezia: intelligenza, capacità, praticità ed arte…città bella, difficile ma che ha saputo e continua a sapere unire la praticità, l’esigenza della vita moderna alla bellezza artistica e formale..unica al mondo!!!

Agli Arsenalotti venivano affidati incarichi di particolare fiducia: oltre alla Guardia dell’Arsenale, la Guardia a Palazzo Ducale, al Maggior Consiglio(il corpo di guardia era nella loggetta del Campanile) essi erano posti alla guardia della Zecca e del Tesoro, a San Marco.

Durante la festa annuale dello “Sposalizio del Mare” a ricordo del fallito ratto da parte dei pirati delle Marie, essi vogavano nel Bucintoro, ed il galera veneziana 1.jpgMagnifico Ammiraglio ed i Proti sedevano accanto al Doge, come ospiti d’onore.

nav in arsenale.jpgnavi tonde.jpgGli Arsenalotti lavoravano dall’alba al tramonto, con un’interruzione per il pranzo; le retribuzioni non erano altissime, ma essi potevano godere di numerose agevolazioni, come gratifiche straordinarie, benefici sussidiari, alloggi gratuiti per gli impiegati ed i capi maestranze, elargizioni di vino; potevano anche asportare i ritagli della lavorazione delle navi per uso proprio.

Essi comunque erano specializzati nella costruzione non solo delle navi, come le galere. ma si occupavano anche del cordame e della polvere da sparo.

Corderie_3.jpgCasa del Canevo.jpgcannoni e polvere da sparo.jpgarsenalotti 1.jpgarsenalotti.jpgTutte persone preparate, addestrate, con un eccellente livello di intelligenza e preparazione, facenti parte di un corpo unico, arsenalotti e loro famiglie, che collaboravano con entusiasmo, capacità ed esperienza, trasmettendo le Porta Artiglieria.jpgloro conoscenze ai giovani che di volta in volta si presentavano, per perseguire con tutte le proprie capacità e potenzialità allo scopo di rendere la Serenissima la più grande potenza europea, e così fu per secoli.

Mar 2, 2010 - Alchimia, Esoterismo, Mestieri    2 Comments

Speziali, tra alchimisti e cerusici a Venezia

imagesCAW7FCM0.jpgdegli speziali.jpgdi Goldoni.jpgUna figura importante dei mestieri e delle arti di questa repubblica fu lo speziale. Era una sorta di alchimista – cerusico. Se da un lato vi fu lo speziale che commerciava in spezie ed in medicine, dall’altra egli fu interessato ed incuriosito dall’alchimia e dalla chirurgia.

Già la sua bottega non esponeva  solo medicine ed erbe, ma anche strumenti ed arnesi con cui praticava la chirurgia. Quanto all’alchimia gli speziali vi si dedicavano cercando di non dare troppo nell’occhio, perchè nella Serenissima, conosciuta come città cosmopolita ed aperta a tutte le idee, l’inquisizione romana ampolle dello speziale.jpgattrezzi dello speziale.jpgfaceva molta attenzione.

Nel suo giuramento alla Confraternita lo speziale si impegnava a non vendere veleni (soprattutto arsenico che ai tempi era molto usato, visti i frequenti delitti avvenuti per avvelenamento).

Le uniche botteghe che potevano vendere veleni furono la spezieria di S. Marco e quella di Rialto. Il rilascio della Bolla che permetteva loro di esercitare dettava alcune regole fondamentali per qualità, quantità e caratteristiche varie.

speziale 2.jpgbottega dello speziale 2.jpgChi avesse trasgredito avrebbe avuto la bottega chiusa e sarebbe stato incarcerato: a Venezia vigeva un rigore ferreo alle regole, la città era aperta a tutti, ma sulle leggi non si transigeva.

Lo speziale comunque era molto temuto, anche perchè si prestava a qualche sospetto in merito alla pratica dell’alchimia, ed inoltre eseguivano anatomie per studiare il corpo umano, e  interventi chirurgici, anche se la chiesa decretò  una fiera opposizione a questa pratica.

speziale 3.jpgLa corporazione.jpgimagesCAGSRSJL.jpgFarmacia a Cà Rezzonico.jpgdel Longhi.jpgSi prodigavano anche come dentisti, curatori ed in tutto ciò che aveva a che fare con le malattie e le ferite.

La gente comune immaginava lo speziale alle prese con corpi di animali che guarivano con l’alchimia, e tutto questo non poteva essere accettato dalle autorità.

Ad ogni trasgressione essi vedevano chiudere la propria bottega, e venivano portati alle prigioni, per spezialeria.jpgcui furono cauti, attenti a non compiere atti che l'arte dello speziale.jpglo speziale.jpgspeziali.jpgspeziale.jpgpotessero creare sospetti, ma sempre affascinati e portati allo studio del corpo umano, delle essenze, delle piante, e molti, vicini alla pratica dell’alchimia che a Venezia era seguita da diverse persone e speziale 4.jpgcorporazioni.

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